PORTA NUOVA

Francesco Paolo Rivera *

Porta Nuova è stata per secoli il più importante accesso alla città di Palermo, che, all’interno, partendo dal Cassaro (oggi corso Vittorio Emanuele), attraverso Porta Felice, arriva fino al mare e, all’esterno, attraverso corso Calatafimi, porta fino a Monreale. Il timore che la conquista ottomana di Tunisi da parte del Dey Khayr el Din, detto il Barbarossa, nel 1534, che aveva scacciato il legittimo sultano Muley Assan, potesse agevolare le mire espansionistiche sulla Sicilia di Solimano il Magnifico, i cui corsari, con le loro incursioni, mettevano in pericolo le coste meridionali italiane (1), indussero l’imperatore Carlo V° (sollecitato dal vicerè di Napoli Pedro Alvarez de Toledo) a intervenire. L’imperatore intervenne da Cagliari, a capo di una flotta da sbarco, con l’appoggio della flotta genovese, mise sotto assedio La Goletta (la città fortificata a difesa di Tunisi) prima e la città di Tunisi poi, che vennero saccheggiate (con circa trentamila vittime). In seguito alla capitolazione di Tunisi “ai Turchi, o piuttosto ai barbareschi, non rimase altro vigore offensivo verso l’Italia meridionale, che d’incursioni, saccheggi e prede da corsari. Dopo i saccheggi delle città tunisine. l’imperatore Carlo V°, di ritorno dall’Africa, colse l’occasione per svolgere durante il percorso di ritorno, lungo la Sicilia e la Penisola, un “viaggio cerimoniale”. Infatti, sbarcato con le sue truppe il 20 agosto 1535 a Trapani (civitas invictissima in qua Caesar primum juravit)), con circa ventimila schiavi cristiani liberati in Tunisia, trascorse una notte nel Castello di Inici (il più antico castello siciliano nei pressi di Castellammare del Golfo), due notti ad Alcamo,  quindi, in un tripudio di folla, sapientemente orchestrato, entrò a Palermo, provenendo da Monreale, il 13 settembre 1535, secondo quanto affermato da Tommaso Falzello (2) attraverso un primitivo varco di accesso alla cintura muraria della città  denominato “Porta dell’Aquila”, preceduto da una marea di prigionieri e seguito dagli schiavi cristiani liberati. Carlo V° (3) si fermò a Palermo per ben tredici giorni, festeggiato dalla popolazione per il suo trionfo, e, quindi, si portò a Messina dove si fermò per parecchi giorni: anche in questa città gli fu tributato, con un’elaborata messa in scena, un nuovo trionfo durante il quale formalizzò la nomina a vicerè del Regno di Sicilia di Ferrante Gonzaga. (4)  Lasciata Messina attraversando Napoli si recò a Roma per celebrare il trionfo dei due massimi poteri della Cristianità, Papato e Impero, ma pare che abbia approfittato del soggiorno romano “per andare vedendo privatamente con alcuni suoi più familiari le cose antiche e curiose.” Per celebrare la vittoria dell’Imperatore sulle armate Turche e, a ricordo della visita di Carlo V°, a Palermo, si decise di costruire una porta, che diventasse la Porta più monumentale della Città,  ubicata a fianco del Palazzo Reale, affacciata su un lato sul Cassaro e sull’altro lato sul corso Calatafimi, che venne edificata, tra il 1569 e il 1570 su progetto dell’architetto Giorgio Di Faccio o Di Fazio (5), nel sito del primitivo varco dal quale era entrato in città l’Imperatore reduce dalla sua impresa africana.  La Struttura, in origine, era costituita da un solo ordine di colonne e cornicione e dell’apparato decorativo interno ed esterno, mentre gli ordini superiori vennero realizzati successivamente. Nel 1577 Marcantonio Colonna, appena nominato Vicerè, attuò un suo ambizioso progetto urbanistico, volle un arco di trionfo che collegasse l’asse viario tra la vecchia Porta Nuova a ovest e la nuova Porta Felice a est, e sulla sua idea, fece realizzare, tra il 1583 e il 1584 l’attuale Porta, alla quale il Senato diede la denominazione, prima di Porta d’Austria o Porta Austriaca, poi di Porta Imperiale, ma che il popolo denominò “Porta Nuova” e tale denominazione fu quella che restò. La struttura è sicuramente più simile a un arco di trionfo che a una porta d’ingresso alla città, realizzata in pietre d’intaglio, ornata da statue, busti, colonne, pilastri, fregi, festoni;  il prospetto rivolto verso la città ricalca gli schemi classici dell’arco di trionfo, mentre quello che guarda verso corso Calatafimi presenta una architettura dominata dalla presenza di “paraste binate” (6) in bugnato terminanti con quattro “telamoni” (7) raffiguranti i mori sconfitti da Carlo V°  le cui due figure centrali mostrano gli arti mozzati in segno di sottomissione. Gli ordini superiori al primo, quelli realizzati per iniziativa del Vicerè Marcantonio Colonna, sono costituiti da vani di finestre e balconi sull’affaccio verso corso Calatafimi e da busti di divinità collocati in oculi ovali che guardano verso il Cassaro raffiguranti la Pace, la Giustizia, la Verità e l’Abbondanza. Il terzo ordine è costituito dalle logge rivolte a oriente e a occidente in marmo bianco, con sei colonne che definiscono cinque archi, con i mascheroni scolpiti nelle chiavi di volta: ad ogni campata corrisponde una porta sormontata da un timpano ad arco con erma (8) intermedia. Il 20 dicembre 1667, a seguito di un violentissimo temporale, esplodono, innescate da un fulmine, le polveri da sparo collocate nella polveriera, posta nell’ex quarto nobile del vicerè Colonna, provocando notevoli danni a tutta la struttura, la quale venne tempestivamente ricostruita dall’architetto Gaspare Guercio (9). Non si sa quanto fosse rimasto in piedi e quanto, in seguito al restauro sia stato aggiunto o ricostruito, sicuramente il rivestimento maiolicato della piramide e del cupolino di coronamento della porta e il loggiato di rinascimentale disegno vennero realizzati, nel 1669, da un certo architetto Onofrio Cosentino. A questo punto, completato, sia pur sinteticamente, il resoconto costruttivo della splendida “Porta Nuova”, vale la pena fare qualche digressione, per riferire circa alcuni avvenimenti che coinvolsero, loro malgrado, personaggi “storici”. Il Vicerè Marcantonio Colonna, principe di Paliano, duca di Tagliacozzo (1535-1594) fu sicuramente un nobile condottiero, ammiraglio, vicerè di Sicilia, diplomatico, eroe di Lepanto, titolare di cariche politiche e militari nell’ambito dello Stato della Chiesa e dei domini spagnoli nel mediterraneo. Durante un ricevimento in suo onore, si incontrò con la bellissima Eufrasina Siracusa Valdaura, baronessa del Miserendino, (più giovane di lui di quasi trent’anni) della quale si innamorò perdutamente. Tale travolgente passione, non solo coinvolse gli interessati ma apportò tragiche conseguenze per tutti i protagonisti della vicenda che si va a raccontare. Secondo i cronisti di quell’epoca e particolarmente del contemporaneo Vincenzo Di Giovanni (10), la bella e giovane baronessa divenne l’amante ufficiale del Vicerè, non senza la tolleranza della moglie di lui e del marito di lei, don Calcerano De Corbera, che, probabilmente, faceva finta di non accorgersi dell’adulterio della moglie, anche se tale passione era diventata di dominio pubblico. Il Vicerè non si faceva scrupoli per incontrare la sua giovane amante sia entro il Palazzo Reale che nei locali soprastanti Porta Nuova (che aveva fatto sistemare per tali incontri amorosi). Una notte, la Viceregina – la principessa Felice Orsini – li sorprese nella camera da letto del marito, e la baronessina, in preda al panico, raccolti i suoi vestiti si nascose sul balcone, dimenticando però le pantofole avanti al letto. La Viceregina, raccolte le pantofole, disse al marito “Ora conosco che siete diventato un marito amorevole. Le avete comprate per me queste pianelle?” Il Vicerè sfacciatamente rispose di “si” e la signora Felice, che aveva capito il tutto, con grande saggezza e signorilità, fece rientrare la baronessina infreddolita e la fece accompagnare a casa sua, dicendole “abbiate pazienza, che per questa notte mio marito lo voglio per me!” Il Vicerè arrivò al punto di dedicare una fontana alla donna del cuore: diede incarico allo scultore Vincenzo Gagini (1527-1595) di scolpire quella che venne denominata la “Fontana della Sirena” la cui “Sirena”, contornata da mostri marini e da puttini, aveva le sembianze della bellissima baronessa Eufrasina, dal cui seno zampillavano due getti di acqua. La fontana venne collocata nella “strada Colonna” (l’attuale Foro Italico), dove rimase fino al 1820. Venne, poi, trasferita nel Piano di S. Teresa (l’attuale piazza Indipendenza), dove venne distrutta dai rivoluzionari durante i moti del 1848. La notizia di quella tresca, ormai di dominio pubblico, arrivò fino all’orecchio del vecchio don Antonio De Corbera, suocero della baronessina, il quale, nominato Capitano d’Armi a Sciacca, era stato allontanato (sicuramente per disposizione del Vicerè) da Palermo.  Il vecchio barone, tornò a Palermo per tentare di salvare l’onore della sua famiglia, ma fu fatto arrestare per insolvenza e fatto rinchiudere nella fortezza di Castellammare, ove morì, subito dopo, forse in seguito ad avvelenamento. Morto il suocero, restava il giovane marito, don Calcerano de Corbera, il quale incaricato di partecipare a una missione diplomatica a Malta, con le “Galere di Sicilia” (11), fu trovato ucciso a pugnalate (12). La baronessa Eufrasia, rimasta vedova, visse la sua relazione col Vicerè Colonna, con la “benevola tolleranza” della consorte P.ssa Felice, la quale (così si ipotizzò) come “premio” per il suo signorile comportamento, ebbe intestata la “anonima Porta senza arco” di accesso al Cassaro dal mare, che – per disposizione del Vicerè – si chiamò (da allora e si chiama tutt’oggi) “Porta Felice”. Naturalmente tutta questa storia, giunse alla corte di Spagna, ove mise in allarme il Re Filippo, il quale si premurò a convocare a Madrid il Vicerè Marcantonio Colonna. Il Vicerè non giunse mai a Madrid, perché morì, durante il viaggio, in circostanze misteriose a Medinaceli (piccolo comune della Castiglia), forse ucciso dai parenti dei De Corbera, o da uno dei molti nemici del Colonna. Pare che in questo omicidio fosse coinvolto un nobile romano, il cavaliere don Lelio Massimo, marchese di Santa Prassede, perché segretamente innamorato della baronessa. Quest’ultima, rimasta sola, cercò protezione presso la vedova del Vicerè, la quale la convinse a sposare proprio il marchese Lelio Massimo, il quale la condusse a vivere, nel suo palazzo, a Roma. Purtroppo per lei, due figli di primo letto del Marchese, mal tollerando la presenza nel palazzo di quella donna di discussa reputazione, approfittando della temporanea assenza del padre, la uccisero a colpi di “Tschinke” (13). Quanto al M.se di Santa Prassede, forse per il rimorso, morì, pochi giorni dopo, di crepacuore.

Ebbero così termine gli eventi luttuosi collegati a Porta Nuova.

*) Lions Club Milano Galleria – distretto 108 Ib-4

Note:

  • 1)I pirati avevano saccheggiato Cetraro, Fondi e Sperlonga, provocato l’incendio del Castello di Capri, le devastazioni dell’isola di Ischia e la occupazione di Procida;
  • 2)o anche “Fazzello”, (Sciacca 1498 – Palermo 1570), presbitero, storico e antiquario Palermitano, studiò a Padova e quindi insegnò presso il Convento di San Domenico a Palermo, del quale fu priore per parecchi anni; nel 1558 stampò, in latino, presso la tipografia Maida, il “de Rebus Siculis”, primo libro stampato sulla storia della Sicilia, la più importante storia geografica, topografica storica e archeologica dell’isola;
  • 3)l’imperatore Carlo V°, come quasi tutti i membri della famiglia Augsburg aveva il difetto della mandibola prognata (mento molto sporgente) che impediva che i denti superiori combaciassero con quelli inferiori, impacciandogli la parola. Era inoltre affetto da un formidabile appetito che, in conseguenza degli smodati banchetti e dei torrenti di birra che ingurgitava, lo avevano invecchiato prematuramente …, si diceva inoltre che (come altri membri della famiglia Augsburg) fosse deficitario anche di … qualche altro organo;
  • 4 )Per l’organizzazione dei trionfali festeggiamenti si avvalsero anche dell’opera di Francesco Maruli poi denominato Francesco Maurolico (1494-1575) matematico, astronomo (autore di metodi per la misurazione della terra, e di studi sulla costellazione Cassiopea) e storico, il quale compose i distici latini da incidere sugli apparati e gli impianti realizzati per l’occasione dal pittore Polidoro Caldara da Caravaggio (che sotto la direzione di Raffaello, aveva lavorato alle decorazioni delle Logge vaticane);
  • 5) di origine piemontese, realizzò parecchie costruzioni in città, tra cui la Chiesa di S. Giorgio dei Genovesi;
  • 6)  Sono i pilastri che compaiono solo parzialmente dal filo della parete alla quale sono collegati;
  • 7) Sculture maschili ad alto rilievo, aventi funzione di sostegno strutturale o decorativo, in sostituzione di colonne o di lesene:
  • 8) È una colonna quadrangolare sormontata da una testa scolpita a tutto tondo (anticamente la testa era quella raffigurante Mercurio (Ermes), e di qui conservò la denominazione di “erma”):
  • 9) (1611-1679) scultore, architetto barocco palermitano, il quale aggiunse una struttura piramidale a copertura dell’edificio, rivestita di piastrelle policrome con la immagine di aquile con le ali spiegate;
  • 10) Storico (1553-1627), che con dovizia di particolari, narrò in “Palermo restaurata” la cronaca di tale relazione sentimentale. Tale opera fu manoscritta dall’autore, e poi raccolta, dal gesuita, bibliografo e storico dell’arte, Gioacchino Di Marzo (1839-1916), uno dei fondatori della moderna storia dell’arte siciliana;
  • 11)  Era un particolare tipo di nave a vela, particolarmente veloce (da guerra e/o commerciale);
  • 12)  Forse da un sicario professionista – tale don Flaminio Di Napoli, che ritornato a Palermo ricevette generose ricompense da parte del Vicerè, ma che, poi, fu trovato affogato in un canale;
  • 13) Denominato anche “Archibusettto Slesiano” (una particolare carabina usata per la caccia agli uccelli, che veniva fabbricata a Teschen in Slesia). I presunti assassini furono decapitati e le loro teste esposte sul Ponte di Sant’Angelo. “Ce so’ più teste a Ponte che cocommeri al mercato” … era un modo di dire dei romani di quel tempo, perché quando a Roma venivano tagliate le teste ai condannati a morte venivano esposte sul Ponte di Castel Sant’Angelo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il nostro sito web utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per maggiori informazioni sui cookie e su come controllarne l abilitazione sul browser accedi alla nostra Cookie Policy.

Cookie Policy