I SONETTI DELLE QUATTRO STAGIONI

Gabriella Maggio

Antonio Vivaldi ha composto i sonetti, di seguito riportati, come preludio alle sinfonie delle Quattro  Stagioni .

 

“La primavera”

 

Giunt’ è la Primavera e festosetti

La Salutan gl’ Augei con lieto canto,

E i fonti allo Spirar de’ Zeffiretti

Con dolce mormorio Scorrono intanto:

Vengon’ coprendo l’aer di nero amanto

E Lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti

Indi tacendo questi, gl’ Augelletti

Tornan’ di nuovo al lor canoro incanto:

E quindi sul fiorito ameno prato

Al caro mormorio di fronde e piante

Dorme ‘l Caprar col fido can’ à lato.

Di pastoral Zampogna al suon festante

Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato

Di primavera all’ apparir brillante

“L’Estate”

 

Sotto dura Staggion dal Sole accesa

Langue l’uom, langue ‘l gregge, ed arde il Pino

Scioglie il Cucco la Voce, e tosto intesa

Canta la Tortorella e ‘l gardelino.

Zèfiro dolce Spira, ma contesa

Muove Bòrea improviso al Suo vicino

E piange il Pastorel, perché sospesa

Teme fiera borasca, e ‘l suo destino

Toglie alle membra lasse il Suo riposo

Il timore de’ Lampi, e tuoni fieri

E de mosche e moscon lo Stuol furioso.

Ah, che purtroppo i suoi timor Son veri!

Tuona e fulmina il Ciel e grandioso:

Tronca il capo alle Spiche ed a’ grani alteri.

“L’autunno”

Celebra il Vilanel con balli e Canti

Del felice raccolto il bel piacere

E del liquor de Bacco accesi tanti

Finiscono col Sonno il lor godere

Fà ch’ ogn’ uno tralasci e balli e canti

L’aria che temperata dà piacere,

E la Stagion ch’ invita tanti e tanti

D’ un dolcissimo Sonno al bel godere.

I cacciator alla nov’alba a caccia

Con corni, Schioppi, e canni escono fuore

Fugge la belva, e Seguono la traccia

Già Sbigottita, e lassa al gran rumore

De’ Schioppi e cani, ferita minaccia

Languida di fuggir, ma oppressa muore.

 

“L’inverno”

Aggiacciato tremar trà nevi algenti

Al Severo Spirar d’ orrido Vento,

Correr battendo i piedi ogni momento

E pel Soverchio gel batter i denti

Passar al foco i di quieti e contenti

Mentre la pioggia fuor bagna ben cento

Caminar Sopra il giaccio, e à passo lento

Per timor di cader gersene intenti

Gir forte Sdruzziolar, cader à terra

Di nuove ir Sopra ‘l giaccio e correr forte

Sin ch’ il giaccio si rompe, e si disserra

Sentir uscir dalle ferrate porte

Sirocco Borea, e tutti i Venti in guerra

Quest’ él verno, mà tal, che gioia apporte

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