LA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA DI DANTE MAFFIA
Gabriella Maggio
Nascere sulle rive dello Ionio, respirare l’aria che viene dalla Grecia dà ad un poeta autentico come Dante Maffia il senso di appartenere ad una tradizione che lo colloca in una linea di continuità con gli antichi, ne è testimonianza la sua breve, ma densa silloge “ La biblioteca d’Alessandria”, ed. Lepisma. L’opera , formata da 16 poesie, si potrebbe definire un moderno epillio, genere poetico tipico della poesia alessandrina, e narra ,attraverso le parole di immaginari poeti del Museo, dell’incendio dell’antica Biblioteca di Alessandria avvenuto per distrazione o progetto…..…l’acqua arrivò troppo tardi, non ci fu scampo: /i rotoli un unico falò. “…Spronato dal demone della curiosità e dalla febbre della ricerca” come dice Gino Doria nel “ Sogno di un bibliofilo”, Riccardo Ricciardi editore, Dante Maffia di fronte alle lacune del tempo sa che non tutto si perde irrimediabilmente e che la poesia proprio perché si nutre di memoria può fare rivivere il passato : “ I libri d’Alessandria sono custoditi/ nel mio cuore che li rubò a una stella….” E mettendosi sulla strada tracciata da Ugo Foscolo affida alla parola poetica il compito di tutelare la civiltà, tramandandone la memoria. Opere e nomi di autori andarono perduti tra le macerie . “Le mie opere non seppi ripeterle. Ci provai,/ ma quel filo lieve che aveva tessuto/ il fiato delle parole e ne aveva tratto/i fasti dell’anima e del pensiero, non trovò/la sutura…”dice Remunero Stagistocos. “Ma io non mi arrendo” aggiunge Tescandilo Ulivocos, “Dicevano ch’ero il maggiore…non riesco a consolarmi…” dice Finosio Giacanomos…I lettori sognavano con me ricorda Pitenio Zazinios e così via… Il significato dell’opera non si esaurisce nell’elegiaca rievocazione del passato luminoso della splendida Biblioteca, ma vuole essere allegoria della condizione attuale del poeta e del suo sofferto rapporto col mondo e con la poesia minacciata da un nuovo fuoco quello dell’incultura, favorita dalla tecnologia che come una forza centripeta attrae ogni cosa in un indifferenziato presente, rendendo irrealizzabile qualsiasi prospettiva diacronica :” Arriveranno da lontano. Domanderanno parole nuove….Ma quelli se ne andranno senza sostare,/ odiando con maggiore forza/ gli ammalati di nostalgia “come dice Eratostene che non abbandona la speranza che “mettendo insieme i palinsesti di fiamme e cenere Alessandria ritornerà a svettare…”.E come il bibliotecario di Alessandria, suo alter ego, Dante Maffia non perde la speranza che la poesia continui a vivere perché sa come Gyorgos Seferis che
La poesia è ovunque
come le ali del vento nel vento
che per un attimo hanno sfiorato le ali del gabbiano.
Uguale e diversa dalla nostra vita….
( Efeso, Traduzione di Filippomaria Pontani)
e che Dioniso è la stessa cosa di Ade ( idem). L’unico possibile dialogo con la Storia, con la memoria dell’antica Biblioteca di Alessandria , è quindi quello della poesia, coraggioso recupero dell’assenza, rivendicazione della necessità del ricordo : “Non finirà la promessa della renovatio…..chi aspetta che il sogno finisca / è un bugiardo”afferma Maffia nell’incipit dell’opera e dando voce a Zacosio Bifrantos : “Vedo. Io vedo. Le fiamme gridano/ sbavando senza ritegno…” traccia una linea che unisce il proprio destino di poeta a quello degli antichi. È unico il destino dei poeti di tutti i tempi se viene meno il loro nome e non resta la traccia in un’opera :” Un giorno tutti saremo nel non detto/esile ombra di un pensiero spento”.
Il mito della Biblioteca, intimamente rivissuto da Dante Maffia, diventa allegoria del presente, della sua ansia , della sua paura e della sua tristezza. Immediato giunge al lettore il ricordo delle parole di J.L.Borges : Nessuno può articolare una sillaba che non sia piena di tenerezze e di terrori, in “La biblioteca di Babele”. Le due biblioteche quella di Borges e quella di Maffia nascono entrambe da un sogno e dalla ricerca di senso nel mondo, dal bisogno d’infinito e di assoluto. L’amore per i libri, il peregrinare alla ricerca del “libro” , il desiderio di esserne l’autore, la consapevolezza delle diverse e molteplici interpretazioni dei libri e del mondo sono animati in entrambi, Borges e Maffia, dalla speranza di rintracciare un “ordine” nell’universo che possa rallegrare la loro solitudine, il senso della loro incompiutezza. Il bibliotecario Eratostene resterà eternamente in attesa / di riavere dagli dei ciò che gli è dovuto. Complessa è la tessitura del linguaggio di questo “epillio” di Dante Maffia oscillante fra dati realistici e flusso del pensiero, originali associazioni e sottintesi collegamenti.