LA TRAGEDIA GIAPPONESE DELLA RAGAZZINA SEDOTTA E ABBANDONATA
Carmelo Fucarino
Ph. Rosellina Garbo
La Madame Butterfly ha due forti motivi per tornare sul palcoscenico del Teatro Massimo di Palermo. Si tratta della riedizione della stagione 2017 per i venti anni della riapertura, ma anche di più. Diceva Leoluca Orlando, allora sindaco e presidente della Fondazione Teatro Massimo: «Si apre una stagione che per il Teatro Massimo sarà ricca di eventi e ricorrenze che inaugura di fatto le celebrazioni dei suoi 120 anni di vita e che avrà nella ricorrenza del ventennale della riapertura e negli ‘auguri di compleanno’ al maestro Salvatore Sciarrino i momenti più importanti.». Aggiungeva il sovrintendente Francesco Giambrone: «Abbiamo voluto presentare la stagione proprio adesso, per far coincidere quest’avvio con la ripresa dopo la paura estiva, una ripresa piena di iniziative, da Opera Camion alla tre giorni di piazza Massimo».
Questa nostra edizione accompagnata dall’altro omaggio della Turandot, aggiunge a quelle motivazioni un’altra ricorrenza di grande rilievo, la celebrazione dell’anniversario della morte del geniale compositore (Lucca, 22 dicembre 1858 – Bruxelles, 29 novembre 1924), che tante presenze sta ottenendo nei palcoscenici di Italia e nel mondo e tante polemiche, ad esempio l’uso improprio di qualche sua creazione come l’Inno a Roma, dedicato alla città nel 1918-1919 (testo di Fausto Salvatori) ed eseguito allo Stadio nazionale di Roma il 1° giugno 1919, proprio alla fine della guerra mondiale, ultima guerra di indipendenza risorgimentale. Oggi trasformato in fascista!
L’opera preludeva all’attualizzazione e modernizzazione di temi operistici con un episodio esterofilo che avrà la sua prosecuzione esotica del Nuovo Mondo con La fanciulla del West diretta da Arturo Toscanini il 10 dicembre 1910 al Teatro Metropolitan di New York (104 recite al 2011) con quel Jack Rance che recita nel primo atto:
«Mi son messo in cammino
attratto sol dal fascino dell’oro…
È questo il solo che non m’ha ingannato.
Or per un bacio tuo getto un tesoro!».
Puccini aveva visto a Londra una pièce teatrale di David Belasco, tratta da un racconto semi autobiografico Madame Chrysanthème di Pierre Loti, ufficiale della marina militare francese, ispiratore di una novella di John Luther Long e ne era rimasto coinvolto tanto da affidare la stesura del libretto a suoi due librettisti: “L’opera più sentita e più suggestiva ch’io abbia concepito!” e noi diciamo quella più amata e tra le più rappresentate in assoluto al mondo.
Definita nello spartito e nel libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica (in due atti, poi in tre) “tragedia giapponese”, fu dedicata alla regina Elena e presentata al teatro alla Scala il 17 febbraio 1904, la fase della stagione di Carnevale e Quaresima. Fu un fiasco memorabile ed assordante, nonostante i grandi interpreti, prima fra tutti la Rosina Storchio all’apice della sua carriera.
Ramelde, una delle sorelle di Puccini, scrisse al marito:
«Alle due siamo andati a letto e non posso chiudere occhio; e dire che tutti eravamo tanto sicuri! Giacomo, poverino, non l’abbiamo mai veduto perché non si poteva andare sul palcoscenico. Siamo arrivati in fondo non so come. Il secondo atto non l’ho sentito affatto e, prima che l’opera finisse, siamo scappati dal teatro». Dato il trionfo ottenuto a Brescia (“la farfalla spiega le ali”) e i successi nel prosieguo fino ad oggi si dovette trattare di una rivalsa “contro”, attraverso il sistematico uso della claque, strumento abituale nel loggione del teatro milanese nelle feroci stroncature di parte, gelosie e attacchi di rivali.
Perciò la ubriacatura d’odio, così detta dall’autore e le sue considerazioni: «con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio. Non ascoltarono una nota quei cannibali. Che orrenda orgia di forsennati, briachi d’odio. Ma la mia Butterfly rimane qual è: l’opera più sentita e suggestiva ch’io abbia mai concepito. E avrò la rivincita, vedrai, se la darò in un ambiente meno vasto e meno saturo d’odi e di passioni».
Così pure la cronaca drammatica di Giulio Ricordi: «Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate, i soliti gridi solitari di bis fatti apposta per eccitare ancor di più gli spettatori, ecco, sinteticamente, qual è l’accoglienza che il pubblico della Scala fa al nuovo lavoro del maestro Giacomo Puccini. Dopo questo pandemonio, durante il quale pressoché nulla fu potuto udire, il pubblico lascia il teatro contento come una pasqua!».
In questa riedizione il regista Nicola Berloffa di Cuneo, noto ormai dall’Europa, da Oviedo a Tenerife fino al Colon di Buenos Aires, ha voluto attualizzare e modernizzare il tema, trasferendolo ai tempi della occupazione delle truppe statunitensi dopo la seconda guerra mondiale: «Abbiamo provato ad avvicinare al pubblico questa tragedia giapponese del 1904, spostandola temporalmente dopo la fine della seconda guerra mondiale per far emergere lo scontro tra culture; l’Occidente che fagocita l’Oriente e ne distrugge l’identità».
Così lo scenografo Fabio Cherstich ha modernizzato, in linea con il metodo americano, l’ambiente e ha collocato l’azione nella sala di un teatro giapponese del dopoguerra, ove si accalcavano giovani e belle geishe che erano subito scelte e portate via da marines statunitensi, il sottile filo della prostituzione nel clima esotico reso vivo dai costumi di Valeria Donata Bettella e illuminati dai progetti illuminotecnici di Valerio Tiberi. A dare un tocco di maggiore attualizzazione e temporalità all’epoca nel primo atto l’azione si svolge in un teatro tradizionale giapponese, nel secondo atto è un cinema in cui le geishe non recitano, ma sono merce esposta in vendita a disposizione di militari e ufficiali americani, qui sullo schermo di una tradizionale sala cinematografica i video design del videomaker Paul Secchi al centro la cinepresa, la malia del sogno americano, per proiettare su un grande schermo cinematografico sequenze di scene di film americani d’epoca la “Perdutamente tua” con Bette Davis o frammenti di musical acquatici con Esther Williams.
Nell’allestimento del Teatro Massimo di Palermo in coproduzione con il Macerata Opera Festival, sempre presente e con grande successo sul podio il direttore musicale del teatro, Omer Meir Wellber, lavoro innovativo che nel 2021 è stato premiato con il Premio Speciale Abbiati della critica italiana, direttore da lungo tempo della Raanana Symphonette in Israele, già direttore della Volksoper Wien e direttore musicale della Philharmonisches Staatsorchester di Amburgo, dalla stagione 2025/2026 prossimo direttore musicale e direttore della Staatsoper. ormai a noi familiare, come il direttore del coro il maestro Salvatore Punturo.
La lettura e interpretazione dello struggente dramma psicologico dell’attesa della piccola quindicenne strappalacrime Cio Cio san, la Bimba dagli occhi pieni di malia, da parte di Maria Agresta, interprete di ruoli verdiani e pucciniani in tutti i teatri del mondo, “Premio Abbiati” nel 2014 e prestigioso Premio Internazionale “Luigi Illica”, nel dicembre 2019 Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Così lo yankee vagabondo, luogotenente della Marina Americana F.B. Pinkerton, senza scrupoli dal “razzismo accentuato” verso i costumi giapponesi (il superfluo All’ombra di un Keki) in scena il tenore spinto cileno (Castro, 1988) Jonathan Tetelman, cresciuto a Princeton nel New Jersey, debutto nella stagione 2023/24 al Metropolitan Opera di New York sotto la direzione di Speranza Scappucci, sarà ancora Pinkerton nell’iconica produzione di Anthony Minghella e alla Deutsche Oper di Berlino. Loro hanno reso viva e presente la tragedia di una madre, sola e rinnegata dai parenti, sedotta e sposata quasi “per gioco” con finte nozze e abbandonata, convertita al Cristianesimo e costretta per di più per amore a dovere rinunziare all’amato figlio. Perciò al ritorno dopo tre anni con la vera sposa americana l’estremo atto di amore, il sacrificio del figlio e il rifiuto della vita.
Quasi proprio a seguire a quel padre sventurato che ha preceduto nella precedente opera in programma su queste scene, il gobbo buffone di corte, dileggiato e offeso.
A seguire la fedele Suzuki – Silvia Beltrami, il console Sharpless – Simon Mechliński, Goro – Massimiliano Chiarolla; Zio Bonzo – Nicolò Ceriani, per citarne alcuni.