CARMEN, IL FASCINO DI TANTE REALIZZAZIONI
Carmelo Fucarino
Ph.Rosellina Garbo
Viene subito in mente l’opera lirica di Georges Bizet che nel 1875 trasse da una novella di Prosper Mérimée, una delle opere più amate e rappresentate al mondo, Carmen, opéra-comique en quatre actes, la storia della bella gitana, prototipo di sensualità, ma soprattutto, dati i tempi, di emancipazione e libertà, padrona della sua vita e del suo destino. Già nel 1845, a novella appena pubblicata, Marius Petipa aveva realizzato a Madrid una sua Carmen et son torero, ma la versione più celebre e vulgata fu sicuramente la versione coreografica di Roland Petit in cinque quadri per Les Ballets de Paris che debuttò il 21 febbraio 1949 al Prince’s Theatre di London con costumi del pittore Antoni Clavé e arrangiamento di Tommy Desserre, protagonista Zizi Jeanmaire poi moglie di Petit. Scandalosa la scena della camera da letto con un erotismo spinto, originali i capelli alla garçonne con un taglio androgino. Alla serata del Teatro Massimo è stata scelta invece la Carmen Suite per archi e percussioni op. 37 (1967), in un atto, creato dal coreografo cubano Alberto Alfonso, fondatore del Ballet Nacional de Cuba, un balletto assai semplice definito di “danza neoclassica”, ove le musiche di Bizet furono arrangiate del russo Rodion Konstantinovič Ščedrin (Mosca, 1932), sposo nel 1958 della famosa ballerina Maija Pliseskaia, più anziana di 7 anni e nel 1973 presidente dell’Unione dei compositori russi. Alonso diede un’altra Carmen suite nel 2005 resa celebre da la fleur rosso simbolo di Svetlana Zakharova. Partito da giovane dalla musica tonale, coloristica e spesso legata al folklore, Ščedrin è ora vicino al seriale e all’alea (aleatoric music) con elementi compositivi lasciati al caso o alla libera decisione dell’esecutore. La sua versione è stata ripresa recentemente dalla Carmen di Mats Ek del 1992 per il Cullberg Ballet, ove la vicenda si svolge attraverso una serie di flashback. Ricordiamo soltanto per marcare con una carrellata la passione per questa musica, The Carr Man di Matthew Bourne, la versione di Dada Masilo al Romaeuropa Festival del 2014, quella di Maros Morau del Royal Danish Ballet.
Ph.Rosellina Garbo
In questa breve serata palermitana le musiche della particolare versione del moscovita sono state date amplificate in una versione registrata. L’assenza della prestigiosa orchestra del Massimo per una anomala registrazione ha suscitato qualche perplessità nel mio vicino di poltrona. Ha fatto una certa impressione quel “golfo mistico”, il mystischer Abgrund”, l’abisso mistico di Richard Wagner, coperto da un piatto tavolato, pur se adibito in poche occasioni a qualche passo di danza. La musica dal vivo è inimitabile e nessuna tecnica moderna, la più scientifica e raffinata, potrà mai registrare in modo preciso le sonorità degli strumenti. Un vero amante della musica rifiuta le registrazioni, anche quegli sfrigolii di Toscanini o i vocalizzi di Caruso, purtroppo irrecuperabili, che sempre e comunque falsano i suoni reali. La musica è certo quella di Bizet, quel refrain che ci ammalia sempre, la rivelazione di un leitmotiv che torna nei momenti salienti, di uno struggente pathos. Eppure quegli amplificatori senza le persone e gli strumenti vivi ci frastornano e ci deludono in un teatro lirico che si identifica con quella buca mistica del proscenio e da quel direttore che con la bacchetta, con tutto il suo corpo spesso, anticipa e svela i ritmi. Perciò i veri protagonisti di questa serata conclusiva di una fresca e piovosa primavera, sono stati i ballerini e il corpo di ballo tutto nel complesso, personaggio animato e vivo dietro una musica finta. Così secondaria anche la scenografia e le creazioni di Mislav Kuzmanic e le luci e i giochi scenici di Aleksandar Čavlek. Giustamente è indicato come “nuova creazione per il Corpo di ballo del Teatro Massimo” il complesso di ballo e il suo particolare allestimento nella coreografia del croato Leo Mujić, discepolo di Maurice Béjart, prima ballerino nei principali palcoscenici del mondo, per divenire poi autore di libretti e di musica per i suoi balletti, così lo descrive Jean-Sébastien Colau, direttore del corpo di ballo: «Nonostante non abbia ancora cinquant’anni, ha già al suo attivo un gran numero di successi internazionali, come Il grande Gatsby e Anna Karenina. Il suo stile di danza neoclassico è puro, strutturato, chiaro ed energico. Uno stile narrativo che si fonda su una tecnica classica spinta all’estremo. Il suo rigore in sala di danza rende il suo linguaggio personalissimo e le coreografie estremamente dettagliate» (ANSA). Eppure non mancano intrusioni moderne. Splendide Étoiles ospiti Marta Petkova e Nikola Hadjitanev del teatro bulgaro dell’Opera di Sofia. Si resta stupiti dalla infinita varietà dei passi, della sinuosità e versatilità del corpo della Marta nonostante i suoi 37 anni. Non minore slancio creativo hanno manifestato Michele Morelli-Escamillo, Yuriko Nishihara-Micaëla, Giorgia Leonardi-Fernanda, Andrea Mocciardini-Zuniga, tutti gli interpreti e il Corpo di ballo del Teatro Massimo, diretto da Jean-Sébastien Colau. I ricavati della prova generale della di domenica 11 saranno devoluti alla raccolta fondi da destinare alla “Missione Speranza e Carità” fondata da Biagio Conte, per la realizzazione di un poliambulatorio solidale all’interno della Cittadella del Povero e della Speranza di via Decollati.