L’ALFABETO NEL TEMPO
Irina Tuzzolino
Stele di Nora (tra l’850 e il 725 a.C.) reca un’iscrizione probabilmente fenicia
Nonno di Panopoli (l’odierna Akhmim, in Egitto), poeta egiziano di lingua greca vissuto nel V secolo d.C., racconta che Cadmo, proveniente dalla fenicia Tiro, al termine del suo peregrinare, giunto in Grecia, dove fondò Tebe, offrì a tutti gli abitanti della penisola il dono più grande che possa esistere: l’alfabeto. Più importante anche di quello di Danao che insegnò ad usare l’acqua dei pozzi. Secondo il mito, Cadmo si era impadronito dell’arte della scrittura degli antichi scribi egiziani e l’aveva semplificata nei caratteri e nella loro disposizione lineare da destra a sinistra. Era stato il dio scriba egizio Thoth (che i greci identificano con il loro Hermes e i romani con Mercurio) il primo a insegnare ai Fenici a trascrivere le articolazioni della voce umana. Pertanto l’alfabeto, per come è conosciuto oggi, può essere fatto risalire a una serie di geroglifici egizi, reinterpretati dai fenici e poi giunti in Grecia. Come per esempio la lettera A, in egizio simboleggiata dalla testa di un bue, nel proto alfabeto il bue è stato stilizzato e ruotato di 90° sinistra e in greco ha assunto la forma che tutti conoscono : Α, α. Probabilmente la Q discende dalla figura stilizzata di una scimmia e il trattino caratteristico sarebbe la coda; la B da un geroglifico che simboleggiava una casa; la D da un logogramma che indicava una porta; la O dal geroglifico che indicava l’occhio. Tuttavia ancora non sappiamo perché tutti gli alfabeti cominciano con la A , anche se non tutti finiscono con la Z. Il latino chiude con la X, perché non ha la Z ed il greco con l’Ω. Molte utili notizie sulla storia dell’alfabeto si possono rintracciare nel libro di A. Magrini “Il dono di Cadmo”, ed. Il Ponte alle Grazie.