ELEGANZA BIZANTINA
Daniela Crispo
Nell’estate del 1004 a Venezia in occasione del matrimonio del giovane doge Giovanni Orseolo II (984-1007) con la principessa bizantina Maria Argyropoulaina, figlia del principe bizantino Argiro e nipote dell’imperatore Basilio II venne usato per la prima volta il piròn, antenato della nostra forchetta. La giovane principessa durante il banchetto con sorpresa di tutti estrasse da una custodia una forchetta d’oro a due rebbi e con studiata eleganza iniziò a portare il pasto alla bocca proprio con quello strano strumento. Nella cerchia bizantina l’accessorio era già diffuso da tempo. Ma i nobili e il popolo di Venezia condannarono quella che apparve come una ostentazione di snobismo: attraverso l’uso pubblico della forchetta, la potente principessa sembrava sottolineare la differenza tra la Venezia popolare dei pescatori e dei commercianti e la grande capitale nella quale era nata e cresciuta. Anche il clero, già diffidente di suo verso tutto ciò che profumava di Bisanzio, levò alte critiche in difesa della semplicità dei costumi. E bollò come peccaminoso l’uso dello strano strumento che i veneziani iniziarono a chiamare “piròn”, per assonanza con la parola bizantina “Πιρούνι” che vuol dire infilzo. Pochi anni dopo le fastose nozze, Maria Argyropoulaina, il giovane doge Giovanni Orseolo II e il loro bambino che era stato chiamato Basilio in onore dell’imperatore d’Oriente, morirono di peste a pochi giorni di distanza l’uno dall’altra. San Pier Damiani (1007-1072) e gli altri uomini di Chiesa giudicarono la forchetta come un diabolico strumento di mollezza e perversione.