SCRIVERE SULLA PELLE
Irina Tuzzolino
Il tatuaggio è una pratica molto antica. Dal polinesiano tau-tau, onomatopea che riproduce il rumore prodotto dal legno sull’ago che incide la pelle, da cui l’inglese tattow, il francese tatouage e da questo il nostro tatuaggio. Già la Mummia del Similaun e due antichissime mummie egizie hanno tracce di tatuaggi. Presso i popoli antichi il tatuaggio ha significato religioso, magico o sociale come strumento per marchiare i condannati. I primi cristiani usavano tatuare la croce sulla fronte fino a che nel 787 d.C. Papa Adriano lo proibì. Ma in seguito il suo uso venne riabilitato dai crociati, i quali portavano sul corpo il marchio della Croce di Gerusalemme. Nell’Ottocento il tatuaggio è stato praticato da marinai, carcerati, prostitute. Oggi la diffusione dei tatuaggi tra i giovani nasce dal bisogno di differenziarsi dagli altri, di far percepire e manifestare agli altri una loro identità. Il corpo diventa una superficie parlante, parte integrante di un’entità estetica. Secondo Marc Augè da quando si mostrano parti sempre più ampie del corpo, la nostra pelle è diventata un’interfaccia, è la parte più intima e nello stesso tempo quella più pubblica, contiene la nostra interiorità e mostra l’esteriorità. Oggi il tatuaggio, a differenza del passato, afferma l’appropriazione di se stessi, del proprio corpo che molti sentono inadeguato e controllato da altri.