MARIA REGINA DI SICILIA E IL GIURAMENTO DI CASTRONOVO
Francesco Paolo Rivera *
Il 2 luglio 1363 nasceva a Catania, Maria di Sicilia o di Aragona, figlia (e unica erede) di Federico IV°, Re di Trinacria e duca di Atene e di Neopatria (1), detto “il Semplice” (2) e di Costanza di Aragona. Fu battezzata nel Duomo di Catania da Artale Alagona signore di Paternò. Nel luglio dell’anno successivo morì la madre, e il padre si risposò con Antonia del Balzo, che morì anch’essa circa due anni dopo durante un attacco navale di Enrico III° il Rosso conte di Aidone. Nel 1377 si spense anche Federico IV°, mentre stava per sposare Antonia Visconti, figlia di Bernabò signore di Milano. In base al trattato stipulato tra la regina Giovanna di Napoli e Federico IV°, alla morte di quest’ultimo, Maria – in deroga alle disposizioni che escludevano le donne dalla successione – avrebbe assunto il titolo di Regina, come sancito per testamento del 19 luglio 1377 sotto la tutela (perché ancora minorenne) di Artale Alagona (vicario generale e maestro giustiziere, uno dei grandi ufficiali della Corona). Federico IV di Aragona, re di Sicilia, mentre era ancora in vita, allo scopo di evitare lotte baronali tra le fazioni dei Catalani (residenti in prevalenza della parte occidentale dell’isola, legati agli Aragonesi) e dei Latini (residenti in prevalenza della parte orientale dell’isola, di origine normanna o longobarda, legati agli Angioini) istituì, tra i rampolli delle famiglie più titolate e potenti della Sicilia un Governo di Quattro Vicari Generali che aveva il compito di amministrare l’Isola (ciascuno entro i propri territori) dopo la sua morte. Infatti, unica erede di re Federico era la figlia Maria, duchessa di Atene e di Neopatria, che era ancora una bambina. Il quadrunvirato era formato da Artale Alagona, conte di Mistretta (nominato suo tutore fino al compimento del 18° anno), Manfredi Chiaramonte conte di Modica, Guglielmo Peralta, conte di Caltabellotta e Francesco Ventimiglia, conte di Geraci. Dopo il decesso del Re (avvenuto il 27 luglio 1377, forse per cancro all’intestino o per dissenteria, ma si sospettò anche che fosse stato fatto avvelenare da Artale d’Alagona), venne meno la concordia tra i quattro Vicari, non appena si seppe che Artale d’Alagona aveva promesso in sposa al duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, la giovane Regina: infatti il duca di Brunswick (marito della Regina Giovanna di Napoli) progettava il matrimonio della giovane regina con il m.se Ottone III° di Monferrato (del quale era tutore), Pietro IV° di Aragona lo progettava con il proprio figlio Giovanni duca di Gerona; il papa Urbano VI° voleva maritarla con il nipote Francesco Prignano. Il 23 gennaio 1379 Guglielmo Raimondo Moncada conte di Agusta, che – anche se non faceva parte del Vicariato – era interessato a tale unione, allo scopo di evitare il matrimonio col duca di Milano (e, pare, con l’approvazione e l’aiuto del Re Pietro IV° di Aragona), approfittando della precaria assenza dell’Alagona, rapì la principessa (che si trovava a Catania nel Castello Ursino) e la condusse prima nel Castello di Licata (dove rimase per circa due anni), e poi nel Castello di Augusta (ove rimase assediata da Artale Alagona per altri due anni) (3). La Principessa fu liberata da una squadra navale aragonese, nel 1382, che mise fine, così, al programma matrimoniale con il Visconti. Maria fu trasferita prima in Sardegna e poi a Barcellona, alla corte di Re Pietro IV° di Aragona, ove, il 24 giugno 1391 fra le proteste dei baroni siciliani e del Papa Urbano VI°, sposò Martino il Giovane. Nei primi mesi dell’anno 1391, si era cercato di stipulare un accordo, sotto forma di impegno, nella sala dei Baroni del Castello di Mussomeli, al quale seguì, il 10 luglio successivo, una riunione tra i Vicari del Regno di Sicilia, nella Chiesa di San Pietro a Castronovo (nel Vallo di Mazara), per iniziativa di Manfredi Chiaramonte, conte di Castronovo, il quale aveva assunto impegno con il delegato del Papa di far cessare le discordie interne alla Sicilia. In questa riunione, dopo avere confermata la fedeltà della Sicilia alla Regina Maria d’Aragona, i quattro Vicari del Regno di Sicilia, giurarono solennemente e in presenza dei massimi rappresentanti del baronaggio siciliano di non riconoscere Martino I° quale Re di Sicilia, in quanto l’avere sposato la regina Maria d’Aragona, ancora minorenne, figlia di Federico III° di Aragona non gli dava il diritto di reclamare il Regno di Sicilia (quale re-consorte) perché la dispensa alle nozze gli era stata concessa dall’antipapa Clemente VII° (4) e non dal legittimo Papa Bonifacio IX (5). Questo impegno, storicamente definito “Giuramento di Castronovo” venne immortalato in un canto popolare siciliano: “A Castrunovu cunquanta baruna / di tutti i paisi e li citati / ccu arceri, ccu cavaddi e ccu piduna / juraru supra di li spati. / Poi mannaru un currieri alla curuna: / semu cca tutti pronti e boni armati / a strumentu di la Sacra Curuna / a difesa di Vostra Maistati.” (6) Ma la decisione, sotto il vincolo del giuramento, assunta dal Parlamento siciliano, fallì e Martino in compagnia della moglie, la Regina Maria, sbarcato, nel 1392, a Trapani, per prendere possesso dell’Isola come Re di Sicilia fu successivamente incoronato nella cattedrale di Palermo. La maggior parte dei baroni, che si erano opposti, col “giuramento di Castronovo” del 1391, si ribellarono a questa presa di potere e li considerarono usurpatori. Il Re Giovanni I° di Aragona inviò in Sicilia una flotta comandata dal suocero di Maria, Martino il Vecchio, il quale – anche se non riuscì a sconfiggere gli oppositori – occupò Trapani e Palermo. Soltanto nel 1398 ritornò la pace nell’isola, e Maria e Martino il Giovane, ebbero la possibilità di ritornare a governare la Sicilia. I Chiaramonte assieme agli Alagona (della fazione Latina) dovettero fronteggiare, l’esercito catalano di Bernardo Cabrera; mentre Andrea Chiaramonte (che quale erede di Manfredi, lo aveva sostituito nel quadrunvirato), sconfitto e tradito, fu condannato a morte e decapitato nel piazzale avanti il palazzo Steri (la sua residenza) e i suoi beni suddivisi tra il Moncada e il Cabrera. Ma le avversità di questa Regina, iniziate al momento della sua nascita continuarono per il resto della sua vita. Era nata Regina, ma aveva vissuto tutta la sua vita, quasi sempre relegata in castelli e fortezze, sotto continuo controllo, lontana dagli affetti genitoriali, affidata alle cure di personale di servizio, più o meno fedele, più o meno corretto e onesto, trattata come fosse merce di scambio, coniugata solo per la sua “corona”. Finalmente diventava madre! … ma le avversità non erano finite: il 17 novembre 1398, dopo un parto lungo e laborioso, diede alla luce il suo unico figlio, che venne battezzato il 23 aprile 1399 con il nome di Pietro, in onore del sovrano aragonese, sebbene fosse stata sua intenzione di chiamarlo come il nonno materno, Federico; Purtroppo, questo bimbo morì, poco tempo dopo (l’8 novembre 1400) colpito accidentalmente alla testa da una lancia, durante una giostra. Ovviamente la madre, la regina Maria, cadde nella più profonda prostrazione e, contagiata anche dalla peste, morì il 25 maggio 1401. Pare che il marito vedovo si fosse completamente disinteressato ai due lutti che colpirono la sua famiglia (evidentemente interessato soltanto al destino dei beni materiali lasciati dalla moglie), mentre Martino il Vecchio organizzò onoranze funebri in tutte le città del Regno.
*) Lions Club Milano Galleria – distretto 108 Ib-4
Note:
1)Neopatria (oggi “Ypati”) fu la capitale del Ducato omonimo in Tessaglia (Grecia), tra il 1319 e il 1390, fece parte della Corona di Aragona di Sicilia; i duchi – di nomina reggia – erano vassalli del Re di Sicilia. Neopatria accrebbe la sua popolazione grazie all’afflusso di Catalani, Aragonesi, Valenziani e Siciliani. La lingua greca fu sostituita dalla lingua latina e comunque quella catalana era quella di corte;
2)era denominato, dai cronisti dell’epoca, “il semplice” per la mancanza di “abilità”, che alcune volte arrivò ad essere definita “inettitudine” o addirittura “deficienza mentale”. Veniva definito da alcuni “ingenio simplex propter quos siculi eurn asinum appellavere” e da altri “minime, pullus aquile solus nuncupatus, dignus est regnandi”;
3) durante questo assedio l’Artale fece uso, oltre che delle “baliste (catapulte)”, anche di un arma nuova “le bombarde (proietti parabolici)”, delle quali aveva fatto uso, con successo, nella guerra di Chioggia (1378-1381), che, però, non si dimostrarono molto efficaci, forse per l’imperfezione nell’uso del nuovo mezzo di offesa, oppure perché – così di disse – l’Artale non volesse che la Regina soffrisse durante l’assedio (si dice, che con spirito cavalleresco, le mandasse le pietanze più squisite) e fece sì che Filippo Dalmao visconte di Roccaberti, l’ammiraglio che comandava la flotta, potesse liberare facilmente la assediata;
4)al secolo Roberto di Ginevra, era stato eletto antipapa il 20 settembre 1378 dai porporati francesi che non riconoscevano il legittimo pontefice Urbano VI°, dando così inizio al primo scisma d’occidente;
5)al secolo Pietro Tomacelli (detto Piero o Perino) nato in un paese della Puglia nel 1350, di famiglia napoletana, eletto Papa nel concistoro del 1389, fu contrastato dai due antipapi Clemente VII° e Benedetto XIII°;
6) fa parte della raccolta dei versi e dei canti siciliani di Lionardo Vigo Calanna (1799-1879) poeta, filologo e politico siciliano (Deputato alla Camera dei Comuni), molto vicino a Ruggiero Settimo, Mariano Stabile, Emerico e Michele Amari.