COME PROVARE IL TRADIMENTO IN GIUDIZIO
Ciro Cardinale*
Si sa, i siciliani sono stati sempre sensibili alle “corna” e non certo a quelle del bue o del cervo, ma alle proprie, scomode ed imbarazzanti “appendici” appioppate dal marito alla moglie o viceversa. E siccome si dice che il cornuto o la cornuta sono sempre gli ultimi a saperlo, potrebbe essere utile conoscere come muoversi per raccogliere le prove di un vero (o presunto?) tradimento da parte del partner, per poi magari depositarle in tribunale per agire contro il fedifrago. Ma andiamo con ordine. Innanzi tutto occorre sapere che l’infedeltà coniugale è una grave violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, non solo sul piano morale, ma anche giuridico. Quando ci si sposa, infatti, nascono in capo ad entrambi i coniugi una serie di reciproci diritti e doveri elencati in modo non certo esaustivo nell’articolo 143 del codice civile, quali l’assistenza morale e materiale tra marito e moglie, la reciproca collaborazione nell’interesse della famiglia, la coabitazione, il dovere di contribuire ai bisogni della famiglia “in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo” e, appunto, l’obbligo di fedeltà. Il tradimento, quindi, rappresenta proprio la violazione di uno di tali doveri che nascono dal matrimonio. Ma cosa si intende per fedeltà? Si tratta di una virtù, di un impegno morale con la quale le persone si vincolano; essa si basa sulla fiducia reciproca ed è legata alla monogamia; non va intesa solo in senso “fisico”, ma anche “morale”, per cui anche una relazione solo platonica con un altro uomo o un’altra donna rappresenta un tradimento. In ogni caso, quando ciò accade, le conseguenze possono essere molto serie, perché il successivo articolo 151, sempre del codice civile, consente al coniuge tradito di chiedere la separazione del matrimonio con addebito all’altro coniuge che ha tradito “in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”, attribuendo così a lui la colpa della rottura del vincolo matrimoniale, con conseguenze economiche e giuridiche. Il coniuge ritenuto responsabile della crisi matrimoniale perderà infatti il diritto al mantenimento ed il diritto di succedere all’altro coniuge in caso di morte, oltre a dovere risarcire eventualmente i danni morali al partner per l’umiliazione da lui subita a causa della relazione adulterina. Tutto questo ci fa capire come può essere molto utile raccogliere le prove del tradimento, da usare poi in tribunale per la causa di separazione e per quella eventuale di risarcimento dei danni. Ma come riuscire a provare il tradimento in giudizio? È possibile farlo con qualsiasi mezzo; si può dimostrare l’infedeltà del coniuge quindi chiamando a testimoniare le persone che hanno conoscenza diretta della relazione extra coniugale (non basta il “sentito dire”); si possono depositare in cancelleria fotografie, filmati e documenti vari, come le lettere d’amore che si sono scambiati gli adulteri, le mail, i messaggi SMS; è pure possibile chiedere in giudizio l’interrogatorio del coniuge fedifrago e dell’amante; e si può pure ricorrere all’aiuto di un investigatore privato. Quest’ultimo infatti può pedinare il coniuge traditore e raccogliere le prove dell’adulterio con foto, registrazioni audio, filmati e documenti vari, ma solo in un luogo pubblico o aperto al pubblico, perché egli non può di certo intrufolarsi nelle abitazioni private per carpirne i segreti. Il materiale così raccolto dal detective dovrà poi essere depositato in tribunale come prova, mentre lo stesso potrà essere sentito come testimone per raccontare ciò a cui ha assistito. Ma il problema della raccolta delle prove del tradimento è che spesso si viola la privacy dei due amanti, come avviene per l’accesso alle mail o ai messaggi sul telefonino del coniuge che tradisce. A questo proposito la giurisprudenza della Corte di cassazione non è stata finora unanime. Mentre infatti un orientamento ritiene che tali prove sono da considerarsi prelevate illegalmente e quindi sono inutilizzabili nel processo civile, analogamente a quanto accade in quello penale, un’altra tesi sostiene invece che tale materiale sarebbe utilizzabile anche nel processo civile, dato che manca qui una norma specifica che ponga tale divieto, ma il giudice può discrezionalmente deciderne l’uso.
*L.C. Cefalù