LE ALLEANZE PERICOLOSE
Carmelo Fucarino
Così sarebbe oggi da dire in questa tregenda che credevo di avere superato per sempre e che mi ritrovo a provare verso la fine, da quando bambino, anche se sfiorata dall’interno dell’isola, ascoltavamo al buio nella casa rustica di campagna il rombo degli aerei che risultarono alleati. Allora quando da Prizzi ci atterrì il terribile boato dello scoppio della nave nel porto di Palermo. A buon titolo la vendetta disastrosa per un amore tradito può, in termini soggettivi e ristretti, può essere metafora di questa inutile e ancestrale carneficina senza valide e giustificabili ragioni, umane politiche economiche. Ma torniamo a bomba, come si diceva un tempo. Un’esistenza sui generis quella di Pierre Choderlos de Laclos, instradato dal padre alla carriera militare, che ben volentieri affrontò tra sogni di gloria durante la guerra dei Sette anni, fino al trattato di Parigi del 1763, e vita di routine militare e di noia nella guarnizione di Toul, massone da Strasburgo a Besançon fino alla loggia parigina di Enrico IV ove divenne venerabile maestro e creò il suo capitolo il “Candore”, per giungere agli anni della Rivoluzione per antonomasia. Raffinato fra soldati cafoni tra una noia e il vuoto esistenziale trovò sfogo nella letteratura. Cominciò con il genere più ovvio, la poesia, pretendono di scriverla tutti, passò ad una orripilante opera comica Ernestine con musica di un ignoto Cavaliere di Saint-Georges, un disastro alla presenza di Maria Antonietta. Tralasciamo le sue imprese militari di consulente tecnico e la sua promozione a feldmaresciallo per i risultati di ozio nelle guarnigioni che trascorse a scrivere il curioso, per tempi, romanzo epistolare Liaisons dangereuses, una sorta di vendetta in quattro volumi contro la nobiltà e le dame per lui inaccessibili. Successo da moderno bestseller, una dozzina di ristampe in due anni e traduzione nella lingua imperante, subito in inglese. A tempo perso inventò le palle di cannone esplosive, antesignane delle bombe a grappoli, ormai patrimonio comune dalla Siria alla Ucraina, fu imprigionato come orleanista e sfuggì per poco alla ghigliottina. La salvezza fu Napoleone, con la nomina a generale d’Armata del Reno, assegnato infine all’Armata di Italia nel 1803, morì ingloriosamente per dissenteria e malaria a Taranto. Al ritorno i Borboni distrussero la sua tomba. Assai sommariamente la sua avventura esistenziale tra noia e creazione. Pensate, abbozzò allora un Essai sur l’éducation des femmes che iniziava: «La lettura è davvero una seconda educazione che compensa l’insufficienza della prima» Ora l’opera e il titolo, nuovo allestimento con il Corpo di Ballo del Massimo, rimandato dal 2020 per COVID, ci stupiscono. A noi furono noti e ci turbarono per la vicenda in parrucca e costumi rigonfi nella trasposizione narrativa, ammiccante per la sfrenata sessualità, nel film del 1959 di Roger Vadim con Jeanne Moreau e Gerard Philipe e nel film del 1988 di Stephen Frears con Michelle Pfeiffer, Glenn Close, John Malkovich, Ulma Thurman e Keanu Reeves, un film che fece furore per i grandi mostri del cinema e per dire con sette candidature e tre Oscar. La versione a balletto è anch’essa di strabiliante eterogeneità e avventurosa, con una accoppiata che supera i secoli: titolari della musica Jean-Philippe Rameau (1683-1764), clavicembalista, ma anche compositore e teorico musicale per gioire, con breve soggiorno a Milano, e il giovane violista svizzero Walter Fähndrich (1944). Da questa lunga tradizione ne è uscito un testo che strabilia per i passaggi e le sonorità, ma soprattutto per la resa tecnica di balletto operata da Davide Bombana e dalla resa delle magiche mani direttive e dai cenni del viso di Ignazio Maria Schifani, esperto clavicembalista come Rameau che meglio ne può cogliere l’ispirazione per la sua lunga pratica specialistica di musica antica. La resa visiva modernistica a metà tra costumi neoclassici del tempo di dame e damerini in moderni abbagli di luci, ad opera di Carlo Cerri che spesso si avvalgono di emblematici video di Enrico Mazzi: una messinscena moderna che non disturba tra l’altro con gli intermezzi registrati non orchestrali per la sonorità elettronica della musica di Fähndrich non riproducibili con i tradizionali strumenti accostati al clavicembalo o gravicembalo o spinetta e virginale, passione di Frescobaldi, ma anche di Bach, Handel e Scarlatti. Questa promiscuità timbrica e sonora tenta di rappresentare la diversità sentimentale ed emotiva del subconscio dei personaggi. Misteriosi e nuovi perciò per un ballo gli interventi del cembalo di Francesco Rosi. Il tutto chiuso da un coro maschile a destra della sala e di quello femminile a sinistra ad accompagnare il duetto del soprano Valentina Vitti e del tenore Antonio Pastorelli. 75 minuti di movimenti scenici, talvolta ginnastica acrobatica e letto in movimento con l’originale pas de deux a piedi nudi, ma in genere la misura e la scelta di Bombana per la sua passione per il pas de deux riescono a tradurre in movimento e pathos la diversa vita e soluzione amorosa dei protagonisti che ci ricordano l’essenza epistolare originale con quell’insistente e ostentato scambio di epistole su fogli sventolati da una mano all’altra o nella finzione della scrittura con la penna d’oca. Lo dichiara Bombana: «Il romanzo di Laclos mi affascina per la profondità, la penetrazione psicologica e la modernità con la quale vengono esaminate le relazioni umane e amorose». L’etoile Ana Sophia Sceller (marchesa di Merteuil), argentina di Buenos Aires, precoce ballerina a sei anni e poi con i solisti del teatro Colon Katty Gallo e Raul Candal. Dopo le esperienze di studio in patria fino alla Superior de arte del teatro Colon a dieci anni il salto a New York nel 2000 alla School del New York City Ballett. Dopo ruoli particolari, l’entrata nel 2003 all’American Ballett Theather Studio Company e nel 2004 nel New York City Ballett, ove fece carriera da solista a prima ballerina. Poi il tour mondiale con Julio Bocca in Uruguay, Paraguay, Venezuela, Madrid. Oggi ospite di vari teatri mondiali come al Nureyev Ballet Festival a Kazan in Russia e ancora al suo teatro Colon, a Singapore e altri teatri. Pochi ricorderanno il suo exploit a Palermo nella Cenerentola, diretta da Luciano Canito nel 2012. Oggi ha ricevuto applausi e ostentazioni di bandiera ucraina, nel clima di propaganda geopolitica, per la sua carica al Teatro di Kiev, cosa che ha fatto passare in secondo ordine e ha un po’ appiattito la sua eccezionale presenza nei teatri del mondo, relegandola ad un piccolo teatro di uno stato di frontiera di scarsa rinomanza e appiattendo a simbolo di una scelta politica la sua eccezionale presenza internazionale. La sua presenza nel glorioso teatro Massimo di Palermo conferma la sua grandezza internazionale. Il tutto dunque creato e realizzato nella coreografia da un nome top nella scena mondiale, dal debutto alla Scala nel 1977 come ballerino e attraverso le promozioni di solista e poi primo ballerino da Béjart a Nureyev a Balanchine e poi Filadelfia e Glasgow e London e Monaco. E proprio qui Bomba iniziò dalla danza la sua anteprima mondiale nella coreografia. Da protagonista del ballo alla vocazione di gruppo e a creatore delle azioni dell’intero balletto. Fino al celebre Teorema nel 1998 sulla traccia di Pasolini.