SEGNO ASTRAZIONE
Il tratto a-temporale di Giacomo Failla
Gabriella Maggio
Il 18 febbraio 2022 a Palazzo Riso è stata inaugurata la mostra Segno Astrazione –Il tratto a-temporale di Giacomo Failla, a cura di Giacomo Fanale in collaborazione con la Settimana delle Culture. Le parole segno, astrazione, tratto a-temporale forniscono con immediatezza al visitatore una chiara sintesi del percorso compiuto dall’artista dall’ultima mostra Biodissolvenze alla pausa imposta dalla pandemia di Covid 19 negli ultimi due anni. In questo periodo Failla ha intrapreso un processo di riflessione isolando e sfrondando le trame della sua precedente produzione fino a mettere a nudo il nucleo originario della sua poetica, il segno archetipico da cui ha preso le mosse. Di questo ha fatto compiuta realizzazione nelle opere esposte a Palazzo Riso. Liberatasi dalla traccia figurativa, che appariva in Biodissolvenze, la forma artistica raggiunta da Failla è stata giustamente definita dal curatore Giacomo Fanale, concettuale. Il segno enucleato è identitario, è la sua sicilianità rivissuta nella pittura attraverso l’uso di materiali quali le sabbie e le ceneri dell’Etna e la nostalgica rappresentazione di tradizioni popolari come feste e sagre. Di particolare rilievo gli Archetipi frammentati le quattrocento tavolette in legno su cui sono dipinti con colori acrilici sabbia e ceneri dell’Etna segni tutti diversi che riecheggiano l’arte calligrafica giapponese, filtrata attraverso il magistero dell’artista e calligrafo Nakajima Hiroyuki. Archetipi frammentati costituiscono il site specific della mostra in dialogo con la stanza degli armadi sospesi di Jannis Kounellis, di cui potrebbero costituire, in quanto tavolette, un completamento. Ma non solo. All’approccio alla realtà, simbolicamente capovolto, di Kounellis Failla accompagna segni isolati e distinti, frammentati. Segni linguistici incapaci di organizzarsi in discorso continuo e fluente, allusivi ad un senso. Viene in mente Montale , quando in Non chiederci la parola” dice che può pronunziare soltanto “qualche storta sillaba e secca come un ramo”. All’aridità riporta l’uso della sabbia e della cenere del vulcano, tracce di una violenta vitalità naturale di fronte alla quale l’uomo avverte la sua fragilità e quasi balbetta. Lo stesso sentimento credo che provi Failla nella rievocazione della monumentalità delle città, oggi non più riproducibile e non del tutto comprensibile come concetto. Particolarmente incisivo è il video realizzato dal videomaker Andrea Di Silvestro e dal fotografo Giampiero Caminiti nel quale Giacomo Failla dispone le tavolette in siti archeologici e monumentali, interpretando la storia dei luoghi come stratificazione a-temporale di segni umani, in quanto vi convivono tutti e si mescolano tra loro. Ritornano nella rappresentazione dei centri monumentali delle città i tratti distintivi di Failla, le linee di colore che si combinano e si ripetono in suggestivi cromatismi polisemici che danno conto delle stratificazioni storiche che costituiscono l’identità delle nostre città siciliane.