LA CONTROVERSIA LIPARITANA
Francesco Paolo Rivera *
Quando per un pugno di ceci, coltivati nell’isola di Lipari, entrarono in conflitto due Stati, quello di Sicilia e quello Pontificio, si rischiò di compromettere l’equilibrio degli Stati europei, in quel periodo storico, sempre in guerra tra di loro, in una zona controversa ove la politica si intrecciava con la religione. ove il Regno di Sicilia combatteva con le armi dell’espulsione e del carcere e la chiesa con quelle della scomunica e dell’interdizione, sanzioni queste ultime che investivano l’intera comunità sul piano sociale (impossibilità di celebrare pubblicamente matrimoni, battesimi, funerali e seppellire i morti nei cimiteri in terra consacrata). Per illustrare questo sprazzo di storia, che i cronisti illustrarono sotto il titolo “la controversia Liparitana” occorre, prima illustrare l’avvenimento che diede luogo alla controversia e poi retrocedere nel tempo agli inizi dell’anno mille, per esaminare gli avvenimenti che generarono tale controversia. Il 22 gennaio 1711 due artigiani, il fabbro ferraio Battista Tesoriero, e l’argentiere Jacopo Cristò, che svolgevano anche la mansione di vigili annonari, cioè di “catapani” (1) entrarono nella “apoteca” (bottega) di Nicolò Buzzanca, sita nella piazzetta di Marina Corta dell’isola di Lipari per verificare la merce in vendita e riscuotere il così detto “diritto di mostra” (2). Quel giorno, tra la merce in vendita era anche una partita di ceci, che proveniva dalla mensa vescovile di Lipari e come tale non era soggetta al pagamento di tasse o balzelli di alcun genere, ma i catapani (forse per ignoranza della esenzione) censurarono la cosa, dando così inizio a un contenzioso tra la mensa vescovile e gli amministratori comunali. I catapani (inquisiti) che si giustificarono dichiarando di non essere a conoscenza della esenzione, non essendo in condizione di restituire la merce (perché l’avevano già mangiata) la pagarono di tasca loro, per chiudere la vertenza. La tesi dei catapani (ignoranza della esenzione) fu condivisa sia dagli amministratori comunali (“i giurati”) che dal Tribunale della Reggia Monarchia, mentre il Tribunale della Curia Vescovile, che aveva competenza su questioni di religione e su tutto quanto riguardava le strutture ecclesiastiche, fu di opinione diversa. Emise un “monitorio” (3) col quale ingiunse ai catapani colpevoli di discolparsi e, avendo ritenuto inconsistente la tesi degli accusati, li scomunicò! Con una bolla del papa Urbano II° (Ottone de Chatillon) del 1091, la Diocesi di Lipari era stata investita del privilegio di dipendere gerarchicamente direttamente dalla Sede Apostolica, quindi le questioni di competenza del Vescovo potevano essere sindacate soltanto dal Papa, anche se con un altro privilegio del 1098 – sempre di provenienza dal Papa Urbano II° – confermato nel 1117 dal papa Pasquale II° (Rainero Raineri di Bieda), il Re di Sicilia (Ruggero I°) veniva nominato “legato pontificio per diritto di nascita” con competenza di nomina dei vescovi di Sicilia e di decidere, in sede di appello, sui temi riservati al giudizio dei vescovi attraverso il Tribunale della Monarchia! (4). Allo stato dei fatti, il Regno di Sicilia ignorava (o, come asserisce qualche autorevole storico, fingeva di ignorare) la particolare situazione di Lipari, trattandola come una qualsiasi diocesi siciliana, dal canto suo, la Santa Sede, in persona del papa Clemente XI° (Giovanni Francesco Albani) non tollerando l’ingerenza del Re e del Tribunale della Monarchia, aveva l’intenzione di abolire la “Legazia Apostolica”. Il privilegio del conferimento della nomina del Re a “legato pontificio per diritto di nascita” venne interpetrato quale prerogativa che si estendeva a tutti i successori di Ruggero anche se di diversa dinastia. Inoltre in un diploma datato 28 aprile 1134, Ruggero II° re di Sicilia (5) elencava le donazioni fatte dal padre Ruggero di Altavilla all’abbate Ambrogio (6), e particolarmente indicava le isole di Lipari, Vulcano, Salina, Panaria, Stromboli, Alicudi e Filicudi con tutte le loro pertinenze. La donazione pare che risalisse al 1061 quando le isole Eolie, occupate dai saraceni, non erano state ancora conquistate dai normanni; probabilmente nei programmi di Re Ruggero vi era anche quello di dare da subito una dote ad Ambrogio oppure che “la donazione” delle isole Eolie rappresentasse il futuro corrispettivo per la espulsione dei saraceni dal Regno di Sicilia. Il Papa Urbano II° in una bolla datata 4 giugno 1091 inviata all’abate Ambrogio, scrisse “Tutte le isole… sono di diritto pubblico … tutte le isole occidentali furono donate in proprietà a San Pietro e ai suoi successori … Tra queste isole, Lipari … monaci dediti al servizio divino, … fecero edificare il monastero e con la loro operosità, nella medesima isola, fecero affluire moltissimi coloni. … confermiamo che detta isola abbia un monastero e che questo possegga il comprensorio di tutta l’isola … che tutte quelle cose che al momento il detto Cenobio possiede … rimangano ferme per te e per i tuoi successori”. In realtà, dalla documentazione sopra citata (diploma del 28 luglio 1088, bolla del 3 giugno 1091 e documento del 1094), non appariva chiaramente l’oggetto delle donazioni fatte dal Conte Ruggero, mentre nell’elencazione fatta dal figlio, Ruggero II°, nel diploma rilasciato il 28 aprile 1134 i beni in questione erano stati dettagliatamente descritti: inoltre nella bolla che papa Urbano II° inviò ad Ambrogio il 3 giugno 1091 si specificava “Ora noi – su cui per divino potere e in forza dell’autorità della Sede Apostolica incombe la cura di tutte le Chiese, benchè siamo a conoscenza, tramite gli scritti di San Gregorio, che nella medesima isola ci fu un tempo la sede vescovile … con l’autorità del presente documento confermiamo che detta isola abbia un Monastero e che questo possegga “totius insule ambitum” … pertanto, col presente privilegio e in forza dell’autorità apostolica Noi abbiamo stabilito che tutte quelle cose, che al momento il detto Cenobio legittimamente possiede o che in seguito – per elargizione dei pontefici e per liberalità dei prìncipi o per donazione dei fedeli – esso potrà legittimamente e canonicamente acquisire, rimangano ferme e integre per te e i tuoi successori. Tale bolla, però non attribuiva ai Normanni il merito di avere liberato le isole dai saraceni, ma “alla potenza della divina Misericordia”, non faceva riferimento alle donazioni fatte da Ruggero, ma ricordava il diritto della Chiesa di Roma sulle Isole risalente all’Imperatore Costantino. Secondo l’opinione di alcuni commentatori, il contenuto della bolla papale, rientrando nell’ambito della guerra fredda tra Ruggero e il Papa, metteva in evidenza l’intenzione del Papa di ignorare il Conte Ruggero a bella posta, visto che quest’ultimo lo ignorava tutte le volte che l’argomento riguardava l’apertura di diocesi e monasteri e la nomina di vescovi e abati.
*L.C. Milano Galleria-distretto 108ib-4
Note:
1)“Catapanu” o “Accatapanu” (dal greco “colui che sta al di sopra”) era la denominazione del “magistrato” che sovraintendeva all’annona ovvero del “ministro basso” del magistrato della “grascia” (grascia, oltre a significare “unto” o ”sporcizia” era, anche, la denominazione complessiva del vettovagliamento e di quanto lo garantiva e lo disciplinava dal punto di vista annonario e fiscale);
2)il “diritto di mostra” era il corrispettivo, che riscuotevano i catapani che avevano il compito di controllare le merci in vendita al fine di accertarne la qualità, il prezzo e lo stato di conservazione, e anche il versamento dei balzelli che erano stati pagati, e poiché il servizio era volontario, i catapani prelevavano una piccola quantità di merce che a fine giornata veniva suddivisa tra gli ispettori a titolo di compenso;
3)“il monitorio” era il documento con cui l’autorità ecclesiastica ingiungeva di denunciare quanto si sapesse su un fatto determinato, minacciando la scomunica, che a quell’epoca aveva rilevanza sociale, perché – in una società non secolarizzata – tagliava fuori dalle pubbliche relazioni chi ne fosse stato colpito;
4)tale privilegio (conferito quale compensazione dei meriti di Ruggero I° per la liberazione della Sicilia dagli ottomani), che stabiliva “quae per legatum acturi sumus, per vestram industriam, legati vice, cohibere volemus”. aveva fatto sorgere tra le parti controversia circa l’interpretazione da dare al privilegio: i Re di Sicilia la interpretavano nel senso che tutta la materia ecclesiastica siciliana, fosse di loro esclusiva competenza e che la potestà politica fosse fusa con quella ecclesiastica (nessun atto della Santa Sede poteva avere vigore nell’Isola senza che il vicerè avesse rilasciato le lettere esecutorie), gli storici ecclesiastici negarono l’autenticità della bolla di Urbano II°, il re Filippo II° nel 1579 avendo chiesto invano al Papa l’interpretazione da attribuire al privilegio, istituì il giudice della monarchia sicula, che esercitava tutti i poteri derivanti al Re dalla Legazia Apostolica; la Curia di Roma protestò per quella interpretazione e la contesa fu risolta soltanto nel 1715, sotto il regno di Vittorio Amedeo II° di Savoia (quando il Tribunale della Regia Monarchia venne sciolto). Quindi nel 1719, insediatosi a Palermo il nuovo Re Carlo VI° di Austria, il Papa Benedetto XIII° (Pietro Francesco Orsini) applicherà anche al regno di Sicilia “il trattato di accomodamento” (che aveva sottoscritto con Filippo V°) e, con una bolla nel 1728, accettava la tesi del Re. In seguito venne ricostituito il Tribunale della Regia Monarchia e apostolica legazione, che, soppresso nel 1864, cessò di funzionare solo dopo che lo Stato italiano l’abolì con la legge sulle guarentigie del 13 maggio 1871;
5)nato il 22 dicembre 1095, in conseguenza della morte del padre Ruggero d’Altavilla e del fratello maggiore Simone, divenne Conte di Sicilia e fu educato dalla madre Adelasia di Monferrato;
6)dell’ordine di San Benedetto. che faceva parte della Congregazione dei monaci Cluniacense (Cluny) la cui caratteristica principale era quella di essere indipendenti e autonomi, portati a condurre una colonizzazione visto che il loro fondatore aveva loro assegnato il compito di coltivare la terra (ora et labora) . Forse di origine lombarda (a Pavia esisteva una comunità fondata dall’abate di Cluny, san Odilone, noto per avere disposto per il 2 di novembre la commemorazione dei defunti), presumibilmente trasferitasi a Lipari da Mileto, ove moltissimi monaci , in conseguenza di una specie di migrazione dei monaci del nord nei domini normanni. Secondo qualche storico, Ambrogio era un capitano di ventura lombardo o addirittura un crociato.