RICOMINCIA CON CARMEN LA STAGIONE DEL TEATRO MASSIMO DI PALERMO
Gabriella Maggio
Al centro Annalisa Stroppa nel ruolo di Carmen (ph Giornale di Sicilia)
Il 17 settembre 2021 è andata in scena al Teatro Massimo di Palermo la prima di Carmen di Georges Bizet, su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, diretta dal M° Omer Meir Wellber. Una ripresa della stagione lirica molto attesa dal pubblico palermitano che ha assistito allo spettacolo indossando la mascherina e sottoponendosi al controllo della temperatura e della certificazione verde COVID-19. L’orchestra è tornata in buca, Omer Meir Wellber l’ha diretta indossando la mascherina come pure il Coro e gli orchestrali. La storia di Carmen, tratta dall’omonimo romanzo di Prosper Merimée, é ambientata nel mondo gitano, rievocato nella sua gioia di vivere, ma anche nello strisciante presentimento di morte. Emblematica ne è la corrida che fa da sfondo alla vicenda, rappresentata dal torero Escamillo, di cui Carmen, stanca di Don José, s’innamora. Carmen è una donna fascinosa e sensuale, animata da un forte spirito libertario sospeso tra seduzione e morte. Consapevole del proprio destino affronta a viso aperto Don José a cui dice:
Jamais Carmen ne cédera !
Libre elle est née et libre elle mourra !
(Carmen non cederà mai!
Libera è nata, e libera morirà!)
La musica di Bizet enfatizza l’ esprit moqueur di Carmen, il suo vivere nell’attimo. Omer Meir Wellber compie un’attenta lettura della partitura, mettendone in risalto il romanticismo e la drammaticità, ma anche lo struggimento delle contraddizioni irrisolvibili; sfronda il testo dei parlati e dei recitativi, aggiunti dopo la morte dell’autore. Anche la regia di Calixto Bieito, ripresa oggi da Alexander Edtbauer, si concentra sul cuore di Carmen. L’interpretazione di Annalisa Stroppa è coinvolgente per il colore duttile della voce e la presenza scenica. Di buon livello il tenore Jean Francois Borras nel ruolo di Don José. L’Escamillo del rumeno Bogdan Baciu risulta accurato come la Micaela di Ruth Iniesta . Buona la prestazione del Coro, affiancato dalle voci bianche. La regia evoca un’atmosfera squallida fondata su una cruda fisicità, coerente con il senso profondo dell’opera e nulla concede al facile colore spagnolo, grazie anche alla modernizzazione dei costumi che risultano volutamente anonimi e alla presenza di automobili sulla scena. Le scene di Alfons Flores scarne e buie alludono al destino dei personaggi, si concentrano su alcuni simboli, che suggeriscono un’insistente atmosfera erotica che culmina nella danza alla luna di un torero completamente nudo nella scena vuota del terzo atto per recuperare un rapporto panico con la natura. Ma la scena è anche dissacratoria nel nonnismo in caserma, nella bandiera che nel corso della rappresentazione diventa telo da spiaggia, nel toro di Osborne decostruito sulla scena e nello striminzito albero di natale collocato vicino alla sedia di Lillas Pastia. In questo contesto hanno un ruolo semantico le luci di Alberto Rodriguez Vega. Sono trascorsi centocinquant’anni dalla prima di Carmen, opéra-comique che apre le porte al verismo con tranche di vita reale. Sono stati anni di grande successo dopo l’iniziale fredda e perplessa accoglienza. Come da tradizione il pubblico palermitano ha accolto con lunghi applausi lo spettacolo.