BACCANTI DI EURIPIDE A SIRACUSA
Gabriella Maggio
Lucia Lavia –Dioniso
Dioniso è donna nelle Baccanti in scena a Siracusa nella 56a stagione del Teatro Greco. Come già Ingmar Bergman nel 1993 in Backanterna, film per la televisione, basato sulle Baccanti di Euripide, affidò il ruolo di Dioniso a Sylvia Lindestrand, così Carlos Padrissa affida all’eccellente Lucia Lavia il personaggio. Già enigmatico nel testo euripideo Dioniso è un dio che si finge uomo, insinuante e ammaliatore fino a sfiorare la seduzione femminile e nello stesso tempo potente e dominatore sino alla distruzione, in un contesto drammaturgico che rivela l’impossibilità di radicalizzare in un unico senso il significato dell’opera. Euripide porta sulla scena l’uomo con le sue pulsioni e gli intrecci di passione e potere, che si trova di fronte a un mondo divino muto di risposte, popolato da forze incomprensibili e indifferenti alla vita umana. Dioniso è vincitore, ma non si può riconoscere in lui una divinità benefica. Penteo, autoritario e violento, esprime la crisi della ragione che non lascia spazio al dubbio, fallendo così il suo compito. Tuttavia il fatto che un dio sia protagonista della tragedia indica nell’autore il proposito di annettere l’incomprensibile nell’umano, riconoscendone la superiorità, ma anche di ridimensionarlo con lo svelamento dei moventi che ne ispirano l’agire. ”Non si addice agli dei nutrire collere come i mortali”, dice infatti Cadmo alla fine della tragedia. Dioniso giunge a Tebe, la città della madre Semele, per vendicarsi delle sorelle di lei che negano che lui sia figlio di Zeus. Il dio istaura il suo culto tra le donne tebane, travolgendo le loro menti nel delirio dell’invasamento. Ora queste, guidate da Agave madre del re Penteo, celebrano le orge sul monte Citerone. Penteo è l’espressione della razionalità assoluta che vede nei riti orgiastici lo sfrenamento degli istinti della sensualità e dell’anarchia. La sua reggia è infatti immaginata da Padrissa come una testa.
In nome della razionalità Penteo vuole proteggere la città di Tebe e ordina di catturare Dioniso. Al contrario il vate Tiresia e il nonno Cadmo si avviano al Citerone per onorare il nuovo dio. Portato alla sua presenza Dioniso simula di essere uno straniero fedele al dio. Deriso da Penteo, viene imprigionato ma miracolosamente è liberato da un terremoto. Intanto si diffondono a Tebe le notizie sulle Baccanti , e Penteo improvvisamente desideroso di conoscere i loro riti, cedendo agli allettamenti di Dioniso che lo spinge alla follia si veste da donna. Le donne, guidate da Agave, fanno a pezzi Penteo scambiandolo per un leone. La stessa Agave in preda alla follia esibisce la testa del figlio. A stento Cadmo la richiama alla ragione. La follia è stato un duro castigo e nello stesso tempo una considerazione amara sulla sorte umana e sulla ὕβρις, di credersi autori del proprio destino e di volere conoscere l’inconoscibile. La messa in scena di Padrissa, uno dei fondatori della Fura dels Baus, vuole realizzare un teatro totale creando una forte impressione nel pubblico con le evoluzioni aeree degli interpreti e del coro sospeso. L’effetto è la simulazione dell’orgia dionisiaca con l’intreccio tra suoni e segni di natura selvaggia tra il pubblico. Accanto a Lucia Lavia i convincenti Stefano Santospago nel ruolo di Cadmo e Ivan Graziano in quello di Penteo. Di buon livello tutti gli altri numerosi attori. Ci si trova davanti ad uno spettacolo che trascende lo stile sublime della tragedia, in senso classico, per accedere ad un diverso concetto di sublime che non esita a immettere nella tragedia la modernità attraverso una “ mescolanza degli stili”. La diversità tra il sublime tragico classico e quello moderno sta nel fatto che quest’ultimo nasce da un diverso punto di vista e da un’altra problematica storica, che dipana e mette sotto analisi quanto nel mondo classico viene lasciato intendere.