I CENTO ANNI DI LEONARDO SCIASCIA
Gabriella Maggio
Cento anni fa nasceva a Racalmuto Leonardo Sciascia, scrittore, saggista, giornalista insigne in Italia ed in Europa. Nelle sue opere ha raccontato cos’è la mafia, ma anche cosa sono o dovrebbero essere la giustizia e la libertà. Nelle ultime pagine de “Il giorno della civetta” (1961) il capitano Bellodi, ritornato a Parma, parlando agli amici definisce la Sicilia incredibile. Considerato che la linea della palma avanza di 500 metri l’anno, sostiene che forse tutta l’Italia va diventando Sicilia…..E poche righe dopo, a conclusione dell’opera :«Mi ci romperò la testa , disse a voce alta». Le parole del capitano esprimono l’intenzione di Leonardo Sciascia di continuare a scrivere su fatti di cronaca che assumono attraverso la sua narrazione un carattere metaforico e allusivo alla società e alla politica italiana del tempo. Perciò consapevolmente rinuncia all’invenzione romanzesca,”riscrivendo” fatti di cronaca. Questa sua poetica viene illustrata nel ’79 alla Padovani nell’intervista “La Sicilia come metafora” : « Dalla scrittura- inganno qual era per il contadino e qual è stata per me stesso, sono arrivato alla scrittura –verità, e mi sono convinto che, se la verità ha per forza di cose molte facce, l’unica forma possibile di verità è quella dell’arte. Lo scrittore svela la verità decifrando la realtà ». Sciascia dimostra di avere superato un’idea di letteratura come rispecchiamento della realtà e demistificazione ideologica (di riferimento marxista) e di considerarla quale unico e legittimo luogo di verità, che alla realtà in sé e per sé pare sempre sfuggire. I fatti relativi diventano grazie alla scrittura assoluti,assumono forma , per citare Pirandello, tra gli autori preferiti da Sciascia. Filtrati dalla scrittura i fatti sembrano diventare più complessi ed oscuri, più ambigui anche, ma in modo diverso perché filtrati da un ordine gnoseologico e morale, smarrito dalla realtà stessa. La scrittura si rivela dunque come la profezia e il destino della realtà. Lo scrittore è un uomo che vive e fa vivere la verità per sé e per gli altri, attingendo alla memoria universale che la letteratura contiene. Da qui il citazionismo di Sciascia e la vocazione alla metaletteratura . L’assunzione della struttura del romanzo giallo è funzionale a questa sua poetica di ricerca e indagine. Nella vasta produzione narrativa di Leonardo Sciascia mi pare che abbia un rilievo particolare Il contesto. Edito nel 1971 ,è definito nella Nota dell’autore una parodia, cioè una riproduzione inadeguata di ciò che si propone di imitare.
Il punto di partenza per scrivere il romanzo è stato, secondo l’autore, un fatto di cronaca: un tale è stato accusato di tentato uxoricidio, secondo una concatenazione di indizi che sembravano essere fabbricati dalla moglie. A questo si aggiunse la storia di un uomo che va ammazzando giudici e di un poliziotto che, a un certo punto, diventa il suo alter-ego. Un vero divertimento, ma la storia cominciò a muoversi diversamente in un paese immaginario ( Ales, Algo, Chiro, Rera etc.) , dove i principi venivano irrisi e contava soltanto il potere per il potere. Un apologo sul potere nel mondo, una favola con fini pedagogici. I lettori che pensano al procuratore Scaglione, ucciso dalla mafia il 5-5-‘71, sappiano che la prima parte della parodia è stata pubblicata nel febbraio 1971 sulla rivista siciliana Questioni di letteratura. Il romanzo ha come protagonista l’ispettore di polizia Americo Rogas, uomo di principi in un paese nel quale quasi nessuno ne aveva, un quasi letterato, che si concedeva letture impensabili per un investigatore. Rogas è incaricato di fare luce sulla morte violenta del giudice Varga a cui seguono altri omicidi di giudici. Mentre le indagini della polizia si arenano, Rogas formula l’ipotesi di una vendetta di un uomo ingiustamente condannato. Studiando i processi nei quali i giudici uccisi sono stati presenti nei diversi gradi di giudizio, giunge ad identificare l’assassino in un certo Cres, condannato ingiustamente a cinque anni di carcere per tentato uxoricidio. Le congetture di Rogas trovano riscontro anche nel fatto che durante la perquisizione della casa del sospettato trova sul suo comodino una copia de “ I fratelli Karamazov” di Dostoevskij. L’ispettore è colpito dalla scelta di questo romanzo che sviluppa la dialettica bene-male intorno a un delitto realmente accaduto e soprattutto per l’errore giudiziario. Intanto Rogas costata che Cres è sparito senza lasciare traccia di sé , neppure una fotografia . L’ipotesi dell’ispettore non piace al Capo della polizia che invece vuole indirizzare le indagini verso gruppuscoli eversivi della sinistra extraparlamentare e in particolare verso il giornalista Galano, direttore di “Rivoluzione permanente”. Così Rogas avvicina lo scrittore Vilfredo Nocio, l’imprenditore Narco, proprietario della catena di magazzini OC , onesto consumo. Da questi incontri, culminati in un colloquio col ministro dell’interno, Rogas matura la convinzione che adesso si trattava di difendere lo stato contro coloro che lo rappresentavano, che lo detenevano. E bisognava liberarlo. Inquietante appare la disquisizione sull’errore giudiziario del presidente della Corte suprema Riches, che Rogas ha avvicinato per metterlo in guardia dall’eventuale pericolo di essere ucciso, come poi accadrà. Allora Rogas , temendo per sé il peggio, pensa di raccontare tutto all’amico Cusan uno scrittore impegnato ed onesto al fine anche di ottenere un incontro con Amar, il segretario del Partito Rivoluzionario Internazionale. Pochi giorni dopo Cusan apprende la morte violenta di Amar e di Rogas in una sala della Galleria nazionale. Ingegnosa e ricca di allusioni alla realtà italiana è la descrizione del ritrovamento dei cadaveri nelle sale della Galleria. Il cadavere di Amar si trova sotto il ritratto di Lazaro Cardenas del Velasquez, in effetti mai dipinto per ovvie questioni cronologiche, facilmente verificabili. Lazaro Cardenas, dopo un’esperienza rivoluzionaria, è stato negli anni ’30 del ‘900 presidente del Brasile ed ha attuato una politica di riforme di carattere socialista. È evidente quindi il significato simbolico della scena. Amar ha tradito la rivoluzione, l’ha portata dalla storia alla metastoria. Il cadavere di Rogas si trova invece sotto il quadro della Madonna della catena di un anonimo del ‘400. La Madonna della catena aveva, secondo la leggenda,miracolosamente salvato dalla prigionia un uomo condannato ingiustamente. Proprio quello che voleva fare Rogas, salvare lo stato dall’attacco dei suoi servitori. Il romanzo è quindi attraverso la trama del giallo uno svelamento e una denuncia della corruzione degli apparati dello stato. La versione ufficiale fornita dalla stampa ricostruisce diversamente le morti di Amar e Rogas, dicendo che casualmente, perché amanti dell’arte, si erano trovati nelle sale della Galleria. Qualcuno che seguiva Amar gli spara, il rumore attira l’attenzione di Rogas che accorre con la pistola in mano, ma viene a sua volta freddato. Il vice segretario del partito rivoluzionario, fornendo a Cusan fotocopie della perizia balistica, gli dice che Rogas ha ucciso Amar, senza pensare che a sua volta sarebbe stato ucciso. Ma Cusan sa come sono andate le cose. Le rivelazioni che Rogas ha fatto ad Amar devono essere suggellate dalla morte di entrambi ad opera di un agente del Cis Centro informazioni speciali, che già pedinava l’ispettore.