IL ROCOCÒ
(Francesco Paolo Rivera *)
Giacomo Serpotta
Nella prima metà del XVIII° secolo, nasce in Francia, il Rococò, un nuovo stile, che viene adoperato nelle decorazioni, nella moda, nell’arredamento e nella produzione di oggetti, allo scopo di arricchirli con grande eleganza e sfarzosità. Il Rococò viene proprio definito uno “stile ornamentale” che si distingue per la grande eleganza e la sfarzosità delle forme. Qualcuno definì il rococò uno stile … tra madame di Pompadour e … l’Illuminismo …! Il termine “rococò” deriva dalla parola francese “rocaille”, un tipo di decorazione eseguita con pietre, conchiglie e rocce specialmente per l’abbellimento di padiglioni da giardino: … dopo la pesantezza, la vivacità dei colori audaci e i ricchi motivi tipici del barocco gli artisti tendevano a dare più spazio a elementi più leggeri, con più curve e motivi più naturali. Qualche autore ha voluto trovare un parallelismo con la storia dei costumi, e non solo con quella della dell’evoluzione della moda, ma anche con quella delle acconciature. Per esempio, recentemente, un critico e storico dell’arte (1) ha messo in evidenza tale parallelismo con la evoluzione della parrucca. Nel Settecento, sotto il regno di Luigi XIV°, la parrucca era imponente, copriva alla perfezione tutta l’area del cuoio capelluto (2), (vale la pena ammirare il ritratto di gentiluomo, presente alla Pinacoteca di Brera, dipinto da fra’ Galgario, col capo ricoperto da una imponente parrucca).
Ritratto di gentiluomo
Ma tale acconciatura andò fuori corso perché ritenuta troppo pesante. Infatti, dopo un regno durato oltre 72 anni, nel settembre 1715 morì il Re Sole, il di lui figlio “il gran Delfino” era già morto prima del padre così come, nel 1714 era pure deceduto il nipote Luigi di Borgogna, pertanto salì sul trono del bisnonno, il duca d’Angiò, dell’età di cinque anni col nome di Luigi XV°. Era già venuta in uso una versione più leggera della parrucca, con codino e due pieghe laterali, più facile a indossare e soprattutto facilissima da togliere secondo le esigenze della vita di tutti i giorni. E la parrucca continuò a diventare sempre più leggera fino ad essere abolita negli anni della Rivoluzione (3), fino a riprodurre il sentimento tipico della vita aristocratica libera da preoccupazioni, nello stile neoclassico. Dopo la opulenza del barocco, con Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), Francesco Borromini (1599-1667) e Pietro da Cortona (1596-1669), nasce, anche in Italia, lo stile Rococò quale esterna elaborazione di motivi già presenti nel barocco, specie nelle decorazioni d’interni, nell’arredamento e nei piccoli oggetti di ceramica. Verso la fine del regno i motivi tipicamente ricchi del barocco venivano sostituiti con elementi più leggeri, con motivi più naturali, con colori pastello, già durante la Reggenza, in Francia, di Filippo II di Borbone-Orleans. Durante il regno di Luigi XV° la vita di corte, che si allontanava dal Palazzo di Versailles, portò il cambiamento artistico nei palazzi reali e dell’alta società francese: la delicatezza e la gioia dei motivi del rococò furono considerati dai critici la naturale reazione agli eccessi presenti nel regime di Luigi XIV°; il rococò, anche se mantenne le sue forme originarie derivanti dal barocco si aprì verso diverse e originali caratteristiche come i temi orientali o le composizioni asimmetriche. Lo stile riproduceva il sentimento tipico della vita aristocratica del momento, libera da preoccupazioni. Così il rococò dalla Francia si diffuse in Boemia, in Austria e particolarmente in Germania specie nella costruzione di chiese, (ove si fece uso anche di addobbi di eteree nuvole di stucco). In Inghilterra gli architetti non furono molto influenzati dal “gusto francese per l’arte”, soltanto Thomas Chippendale (4), almeno durante la prima parte della sua attività di “cabinet maker” (ebanista) si ispirò al rococò. In Italia il così detto “stile impero” fu molto usato a Torino, Venezia, Napoli e in Sicilia, ma non in Toscana né a Roma, sicuramente perché nello Stato Pontificio il rococò veniva assimilato alla stregua della musica profana. La frivolezza, la esteriorità dell’oggettistica rococò distraevano dal raccoglimento, dalla preghiera…, ” la mollezza e la grazia non si addicono alla casa di Dio …|” (5). Nel caso di grandi oggetti la scultura rococò denotava una somiglianza con il barocco, infatti gli elementi fantasiosi di questo stile non furono ritenuti adatti alla decorazione delle grandi pareti delle chiese. Tra i materiali usati nello stile rococò figurano il legno intagliato, il ferro e il bronzo usati nelle costruzioni di balaustre e di cancellate; le dorature, altro elemento distintivo, serviva a rendere meno freddi i materiali metallici e quindi più accettabili se inseriti in ambienti sacri. Contrariamente che con il barocco, lo stile rococò si preferì adottarlo all’oggettistica piuttosto che alla scultura e all’architettura, particolarmente in Francia si adottò nella produzione di “chinoiserie”: le cineserie di porcellane e vasellame per la tavola, le boiserie, i paraventi, di ornamenti in legno con motivi floreali, di maschere grottesche, i dipinti e gli intarsi di pietre dure. In Germania, lo stile è più ricco, si crearono padiglioni e pagode nei giardini (“Cinesische Haus” del Parco Sansousi a Potsdam). In Italia primeggiò l’ebanista torinese Pietro Piffetti (1701-1777) il quale – sotto Carlo Emanuele III° di Savoia – si dedicò particolarmente alla produzione, famosa per la ricchezza dell’intaglio, di oggetti in materiali preziosi (argento, avorio, tartaruga); molto particolare la biblioteca (realizzata in origine per la Villa della Regina a Torino) poi trasferita a Roma al Palazzo del Quirinale. In campo architettonico il rococò apparve particolarmente in Francia, in alcuni palazzi parigini (Hotel de Soubise), in Danimarca (Amalienburg) in Germania (Castello di Nynpheburg a Monaco di Baviera, Castelli di Wiurzburg e di Sans Souci a Potsdam, e Charlottenburg a Berlino) in Austria (Castello di Schonbrunn a Vienna) Le decorazioni d’interni venivano realizzate in legno scolpito o in stucco, si faceva spesso ricorso ad architravi, fregi e cornici realizzati in forme pittoresche, curiose, capricciose, le pareti, i mobili, i soffitti, gli oggetti di metallo e di porcellana si fondevano in un insieme omogeneo, le tinte erano di colore pastello. In Inghilterra, il pittore e incisore William Hogarth (1697-1764) dipingeva stampe con soggetti satirici, oppure con temi di attualità (illustrazioni per il Paradiso perduto di Milton), scene di conversazioni e composizioni di genere storico (il Buon Samaritano) o quadri d’interni teatrali. Intensa la produzione di vasi “cinesi” (in cui i Mandarini venivano effigiati in modo satirico o rappresentati come piccole mostruosità). I massimi interpreti nel campo dell’architettura italiani furono il siciliano Filippo Juvara (1678-1736) che lavorò molto a Torino quale architetto di Casa Savoia (palazzina di caccia di Stupinigi, Reggia di Venaria Reale, Basilica di Superga e Palazzo Madama) e Luigi Vanvitelli (1700-1773) che lavorò, particolarmente, per i Borboni di Napoli (Villa Reale di Caserta). In Italia il rococò venne usato soprattutto nelle Regioni del nord (Piemonte, Lombardia, Liguria, Venezia), ma non nelle regioni centrali per l’influenza della Chiesa, mentre in Sicilia si sviluppò una evoluzione del barocco di gusto spagnoleggiante simile al “plateresco” (a imitazione dei lavori di argenteria (plata) in stile fiorista spagnolo). Nel campo della pittura, i pittori usando colori delicati dipingevano specialmente scene pastorali, pranzi sull’erba, scene galanti, dame impegnate nella toilette. Di gran voga la pittura di vedute: il “vedutismo” (la fedele rappresentazione di luoghi e panorami realmente esistenti), e il così detto “capriccio” (paesaggi di pura invenzione, con rovine classiche tratte da siti realmente esistenti). Tra i più importanti pittori francesi è considerato Antoine Watteau (1684-1721) (lavorò su soggetti della Comedie italienne, soggetti militari e teatrali, realizzò “divertimenti campestri”) e, nel tardo periodo, Jean Honorè Fragonard (1732-1806) che si dedicò soprattutto in lavori di piccola mole (schizzi, acquarelli, sanguigni, incisioni). Tra gli italiani, i maggiori interpreti del rococò sono stati i veneziani Gian Battista Tiepolo (1696-1770), Antonio Canal detto Canaletto (1697-1768), Francesco Guardi (!712-1793), quelli napoletani Francesco De Mura (1696-1792) e Corrado Giaquinto (1703-1738): il primo, pittore di chiese e palazzi sia su commissione dei Borboni di Napoli e di Spagna che dei Savoia, il secondo, di importanza europea, dipinse chiese e palazzi per i Papi e i Cardinali a Roma, per i Savoia a Torino, per i Braganza in Portogallo e per i reali di Spagna a Napoli e a Madrid. Nel campo della scultura, Etienne Maurice Falconet (1716-1791) fu considerato uno dei migliori rappresentanti, in Francia, del rococò, del quale si ricorda la statua in bronzo del cavaliere nella piazza del Senato di San Pietroburgo, e la statua in marmo di “Amore minacciante” al Louvre. Si dedicò particolarmente alla scultura di porcellane e divenne, anche per la protezione di madame Pompadour, “chef d’atelier” della famosa Manifattura di Sevres. Altro rappresentante del rococò francese fu Edmè Bouchardon (1698-1792), il quale soggiornò a lungo a Roma, autore di un Cupido fanciullo che intaglia i suoi dardi d’amore dalla clava di Ercole, conservato al Louvre. Tra gli scultori, si distinse il palermitano Giacomo Serpotta (1656-1732), definito il più grande stuccatore d’Europa, che realizzò a Palermo, gli Oratori di Santa Cita, di S. Lorenzo, e del Rosario a San Domenico e la Chiesa di San Francesco d’Assisi. Realizzò, tra le tante opere, decorazioni di stucco d’interni di edifici, nella Chiesa di San Marco a Vicari, nel Monastero di San Francesco di Paola e nella Chiesa di Santa Chiara ad Alcamo e in altre Chiese di molte altre città della Sicilia. I rilievi di Serpotta che si dilatano, come ramificazioni sinuose e sensuali, sulle parti degli edifici riflettono particolarmente i motivi della scultura barocca, ma interpetrano, in chiave personale, un gusto che prelude allo stile rococò. Anche nel campo della musica lo stile rococò, definito “stile galante”, considerato come una musica molto intimistica resa in forme estremamente raffinate, si sviluppò in Francia ove uno dei massimi esponenti, fu il compositore francese clavicembalista e organista Jean Philippe Bameau 1683-1764), e in Germania ove il massimo esponente fu il compositore tedesco clavicembalista e organista Carl Philippe Emanuel Bach (1714-1788) il secondo dei venti figli del grande Johann Sebastian Bach. Verso la fine del secolo, in coincidenza del periodo di radicale e violento sconvolgimento sociale, politico e culturale che determinò la Rivoluzione francese e in coincidenza anche con l’abolizione della moda della parrucca, il rococò smise di essere di moda in Francia e venne rimpiazzato dall’ordine e dalla serietà dello stile neoclassico.
*Lions Club Milano Galleria- Distretto 108 Ib-4
Note:
1) trattasi di Philippe Louis Francois Daverio, critico e storico dell’arte, italiano, nato nel 1949, a Muhlouse (cittadina francese sita nei pressi del confine orientale, famosa per il museo dell’auto e delle ferrovie) recentemente scomparso (in Milano il 2 settembre 2020), nell’ultimo suo libro “Il Racconto dell’Arte occidentale”;
2) anche quale prevenzione ai parassiti;
3)umoristicamente … “per lasciare il collo libero al boia avanti la ghigliottina;
4) Thomas Chippendale (“the Eider”, il “maggiore” per distinguerlo dal figlio “il giovane”) fu considerato uno dei “magnifici” creatori di mobilia inglese del settecento e forse il migliore che si ispirò al rococò britannico almeno nella prima parte della sua attività (perché nella seconda parte, intorno al 1762, si avvicinò allo stile neoclassico). Nel 1749, trasferitosi nello West Yorkshire pubblicò – primo ebanista nella storia – un libro su tale argomento, “The Gentleman and cabinet maker’s Director” ristampato in tre edizioni successive e quindi successivamente revisionato, aggiornato e ristampato nel 1762. Oltre all’attività di ebanisteria si occupò di disegni di interni e della realizzazione di interi arredamenti, destinati sia alla famiglia reale che alle maggiori famiglie e case di quell’epoca: mobili in “stile Chippendale” furono prodotti in tutta Europa e realizzati per tutte le case regnanti di quell’epoca;
5) Alcuni critici ritennero però che lo stile rococò, nella sua raffinata espressione, avvicinava alla grazia e alla bellezza del paradiso. I maestri francesi usarono uno stile in forma moderata, contrariamente agli artisti tedeschi che davano più imponenza alle forme. Nel caso di realizzazione di grandi oggetti gli elementi fantasiosi di questo stile non si confanno con le grandi pareti delle chiese. In ogni caso tutto deve essere uniformato alle situazioni locali e alle circostanze.