OMERO O OMERA?

Carla Amirante

                             Ulisse e Nausica

  Dal IX-VIII sec.a.C. fino ad oggi quasi nulla sappiamo di Omero e se l’IIiade e l’Odissea, i poemi più importanti della tradizione letteraria greca, siano opera sua; non vi è neppure la certezza che egli sia esistito perché i Greci del suo tempo non  hanno tramandato alcuna notizia precisa sulla sua identità. Ancora oggi è viva e dibattuta la questione omerica, la quale verte su quattro punti fondamentali: Omero è realmente esistito? i due poemi sono opera di un solo autore? i testi sono nati insieme? o separati e poi uniti?

Omero

  A questi quesiti principali però ne andrebbero aggiunti altri altrettanto interessanti e tra questi voglio ricordare l’ipotesi formulata dallo studioso inglese dell‘800 Samuel Butler il quale, dopo un lungo e piacevolissimo soggiorno in Sicilia, sostenne  che Odisseo aveva circumnavigato l’isola e che Scheria, la terra dei Feaci, corrispondeva all’odierna Trapani. Egli, in The Authoress of the Odyssey, 1897, scrisse che l’autore dell’Odissea era una donna, anzi una principessa siciliana, giovane e bella di Trapani perché, a differenza dell’Iliade ambientata in un mondo militare e guerresco, nel testo venivano trattati argomenti di vita familiare e domestica, mostrando così una particolare empatia verso i personaggi femminili dell’opera. Per il Butler quindi l’autrice dell’Odissea andava individuata nel personaggio di Nausica, la giovane principessa figlia del re dei Feaci, in particolare nei versi che raccontavano dell’incontro della fanciulla con Ulisse naufrago e delle travagliate avventure dell’eroe. Inoltre, commentando ogni canto del poema, il critico inglese mise in evidenza tutti quegli elementi che rivelavano la presenza di una sensibilità femminile come leggerezza, umorismo e spirito. Affermò pure che solo una donna poteva costruire una trama sulla fedeltà coniugale e far dire ad Ulisse, mentre si congedava dai Feaci: “Possiate rendere felici le vostre spose”.  L’interessante ipotesi butleriana fu inizialmente criticata perché la condizione femminile nell’antica Grecia era ed è ancora poco conosciuta, infatti a quei tempi  la donna viveva relegata in casa. Ma Butler, sicuro delle sue idee e a sostegno della sua tesi, portò  l’esempio di Saffo, la famosa poetessa greca del VII-VI sec. a. C., la quale con i suoi bellissimi versi dimostrava come già allora vi fosse una tradizione poetica femminile. La tesi di Buttler fu ripresa in seguito dal suo amico Henry Festing Jones, poi da Robert Graves e da G. Pocock.   Andrew Dalby, storico linguista britannico, ultimamente nel libro Rediscovering Homer del 2007, ha ripreso la tesi del Butler affermando: «le figure femminili d’Iliade e Odissea non possono essere state decodificate da un uomo»; anche per lui il poeta dei libri, in realtà, è una donna che scriveva per le donne; egli  argomenta la sua tesi in modo più convincente, attraverso un’analisi comparata e antropologica di come maggiormente le donne conservino la memoria di canzoni, storie e leggende popolari. Lo studioso, rifacendosi ai classicisti americani degli anni Trenta, Milman Parry e Albert Long, nota che la cultura della tradizione orale dell’Iliade e dell’Odissea, è tuttora  presente nelle aree remote dei Balcani, della Finlandia, dell’Irlanda, della Russia, dell’Asia Centrale. Perciò egli conclude che l’autrice dei poemi era la moglie di un nobile greco, «vissuta nel VII secolo a. C., contemporanea di Archiloco», e porta come esempi le figure di Elena e Andromaca nell’Iliade e di Penelope nell’Odissea. Per lo studioso solo la sensibilità di una donna poteva descrivere e analizzare i personaggi femminili dei poemi di un’epoca in cui le donne erano solo, o quasi, un bene di consumo, inoltre egli è convinto che esse, pur mostrandosi sottomesse, avevano un loro potere. Dalby nota pure che l’Iliade e l’Odissea, per lunghezza e complessità, non hanno altri confronti nella letteratura dell’epoca, quindi dice: «Sei secoli prima di Cristo scrivere poemi del genere richiedeva uno sforzo colossale» «l’aedo prescelto e il suo scriba avrebbero dovuto passare sul progetto settimane su settimane». «L’Iliade deve essere stata composta in privato, con un lungo sforzo di voce e di concentrazione, senza il premio che gli applausi del pubblico garantivano all’artista». Per comporre simili opere, secondo lui, era necessario essere liberi, avere inclinazione e ricchezze e perciò, dietro l’Iliade e l’Odissea doveva nascondersi una persona (una donna) educata alla reticenza e alla privacy, abituata a comporre e inscenare dietro le mura della sua domus. Lo studioso crede alla teoria di “Omero-donna” perché, in molte altre tradizioni culturali, le donne sono state autrici di epiche orali, invece i ricercatori, essendo prevalentemente uomini, non si sono accorti delle poetesse, che nelle società patriarcali, si esibivano in privato per loro piacere o per i pochi membri della famiglia. Dalby conclude sostenendo che Omero era una donna, moglie di un nobile, senza problemi di fondi, con abbastanza schiavi per essere libera dal curare la casa, e inoltre consapevole che «una nuova potenziale audience mai immaginata dagli aedi maschi esisteva e poteva essere raggiunta – un pubblico di donne – con l’aiuto della scrittura».

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