TRA CITTÀ E CAMPAGNA IL CINEMA DEGLI ANNI TRENTA
Elsa Ippolito
La recente cronaca statunitense legata alle elezioni presidenziali ha messo in evidenza la frattura tra città e campagna negli U.S.A. Il problema non è recente, ma piuttosto antico e già affrontato dal cinema hollywoodiano degli anni trenta. La grande metropoli e le zone rurali prendono corpo sulla pellicola. A una campagna sana si oppone una metropoli tentacolare che travolge nel suo caos valori e principi secondo il regista Frank Capra, cantore del sogno americano e dell’uomo comune. Le trame dei suoi film degli anni trenta e quaranta ruotano intorno a questo conflitto e ne prospettano una soluzione che consiste nell’opporre alla caotica vita cittadina sani valori comprensibili e attuabili dall’uomo comune che apprezza il luogo in cui è nato e vissuto. La gratificazione esistenziale si fonda non nella smodata ambizione, che connota la città, ma nella valorizzazione di quello che si ha a disposizione nella provincia e che a ben pensarci è molto, soprattutto perché basta per una vita serena, socievole e onesta. Un esempio è La vita è meravigliosa . Al contrario di Capra, Ernst Lubitsch porta sullo schermo trame strutturate su un intrigo amoroso, il più delle volte ambientato in un contesto elegante e raffinato che doveva rappresentare per lo spettatore americano un mondo affascinante, come ne Il cielo può attendere. Nel contesto della commedia sofisticata l’America provinciale appare sciocca e volgare, incapace di apprezzare quelli che sono considerati i “ piaceri della vita”, concerti, champagne , profumi . Toccherà alla coppia di attori Katerine Hepburn e Spencer Tracy il compito di risolvere il dissidio. Lei intellettuale e sofisticata, lui uomo semplice, tutto d’un pezzo, all’antica raggiungevano nei numerosi film che hanno interpretato un compromesso fondato sul buon senso. Ma di fatto nella società americana il conflitto fuori dalle sale cinematografiche persisteva e ha continuato la sua strada fino ad oggi.