PALERMO –TOPONOMASTICA AL FEMMINILE

Via  Concettina Ramondetta Fileti

Antonella Grandinelli

Concettina Ramondetta Fileti

Via Concettina Ramondetta Fileti a Palermo è situata tra via Bara all’Olivella e via Salvatore Spinuzza. Nello stradario e nella targa della via  compare  Ramondetti invece del corretto Ramondetta. Concettina Ramondetta , sposata Fileti,  è stata considerata ancora all’inizio del secolo scorso una delle più illustri poetesse d’Italia. Di famiglia aristocratica fu alunna di Gaetano Daita e incoraggiata nell’attività   poetica da Tommaso Grossi. Partecipò attivamente al clima risorgimentale  che vide a Palermo e in Sicilia un fiorire di poetesse dal forte spirito rivoluzionario come Giuseppina Turrisi Colonna, Rosina Muzio Salvo, Marianna Coffa Caruso, Lauretta Li Greci, e un gran numero di donne di tutti i ceti che partecipavano coraggiosamente ai movimenti antiborbonici.  Le poetesse, ancora fortemente subordinate a modelli maschili , per impadronirsi della lingua letteraria si misurarono con le traduzioni. Infatti, Turrisi-Colonna tradusse  col greco e latino; Muzio Salvo dal  francese edal l’inglese; Ramondetta Fileti tradusse in italiano alcuni racconti di Poe. Questo lavoro fu per loro un esercizio linguistico, oltre che una forma di apprendistato poetico, anche perché a metà Ottocento chi tentava la strada della letteratura nella maggior parte dei casi si esprimeva in un idioma molto diverso da quello materno, soprattutto in Sicilia, dove ancora si  proponeva in alcuni ambienti il siciliano come lingua ufficiale. Le artiste isolane entravano in possesso dell’italiano letterario dopo un intenso lavoro, guidato o autonomo. I biografi raccontano che nel marzo del ’49 Concettina  fuggì di casa per andare a scavare i fossati a Sant’ Erasmo che avrebbero dovuto ostacolare il rientro delle truppe borboniche. Sull’episodio ha scritto:«Lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di Paradiso: esso è il più memorabile della mia vita, anzi solo oggi posso contare d’esser vissuta. Esitai al pensiero di mia madre, ma mi feci coraggio all’idea che la patria vuol questo servizio da me; e la patria è pur madre: voliamo! Mentre andavo al campo, pensavo tra me stessa: ora non dico soltanto parole, ora anch’io servo la patria: finalmente l’affetto inesprimibile che ho per essa non starà più nascosto nel mio cuore come l’amore della donzella di Shakespeare… Il più difficile ostacolo, che era quello di fuggire di casa, l’ho già superato, e se tratto la zappa, servendomene per la patria mia, essa mi sembra più onorevole della penna con cui Dante scrisse il divino poema…» . E ancora racconta: «Un mio amico mi presentò al 5° battaglione della guardia nazionale, a cui recitai un brano del mio inno. Io mi credetti veramente Giovanna D’Arco. Ma non ero armata? e un cuore che palpita per la patria e per la libertà non vale assai più d’un cannone ?» Nel 1861 compose un inno per Giuseppe Garibaldi : «Ha bionda la chioma, purpurea la vesta, / brandisce la spada, l’Italia si desta.», musicato dal maestro Pietro Platania , incitandolo  pure alla conquista della Roma papale: «Di Roma e Venezia, fratelli gementi, / Ei giura salvarvi, cessate i lamenti», e così il braccio dell’invitto Nizzardo sostare «potrà quando Italia fia libera ed una». Lo stesso concetto aveva espresso in un inno a Vittorio Emanuele diffuso all’arrivo del re a Palermo il 1° dicembre 1860: «Dal Campidoglio e da Venezia bella / Italia griderem libera e forte». Programma che non piacque allo storico e sacerdote Isidoro Carini, che pregò invano la poetessa di sopprimere quei versi che suonavano «condanna immeritata al santo vecchio che regge da tanti anni la Chiesa». Lo spiccato spirito patriottico della Ramondetta-Fileti non le consentì di accettare l’invito dell’illustre storico, nonostante il suo sincero sentimento religioso che, tra l’altro, le ispirò una canzone “A Maria Vergine”, musicata dal maestro Bernardo Geraci. La sua  produzione  non fu  caratterizzata  solo  da rime patriottiche, ma dette voce anche ai sentimenti intimi  e familiari.   Nel 1877 morì  la maggiore delle sue figlie, Annetta, a soli 24 anni; il  lutto le impedì  per sempre di dedicarsi alla  poesia.

 

 

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