DANTE ALIGHIERI PADRE DELLA LINGUA ITALIANA

Gabriella Maggio

Dante forgia un linguaggio che gli consente l’obiettivazione genuina e fedele della sua ricchezza di vita : il pensiero, gli affetti e la fantasia. Intende la lingua  come fatto di cultura, di ricerca e di scelta oltre che come fatto poetico, per questo è  notevole la sua attività  onomaturgica. Uno dei campi più interessanti è quello delle formazioni  verbali parasintetiche, forme  linguistiche  che derivano da un termine a cui simultaneamente  si aggiunge  un prefisso e un suffisso. Alcuni esempi.

Inverare

 […] e quello avea la fiamma più sincera

cui men distava la favilla pura,

credo, però che più di lei s’invera. (Paradiso XXVIII, 39 )

Inverare  indica l’immedesimarsi con il Sommo Vero, il divenire partecipi della verità.  È  ancora adoperato  nel linguaggio filosofico con il significato di ‘rendere vero’.

Inmillarsi

L’incendio suo seguiva ogne scintilla;

ed eran tante, che ‘l numero loro

più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla. (Paradiso XXVIII, 93 )

Inmillarsi è formato sul numerale mille, riferito alla moltiplicazione vertiginosa del numero degli angeli, che la mente umana non è in grado di contenere. Il verbo è ripreso da Boccaccio e, in epoca moderna, da Pascoli, D’Annunzio, Gozzano, Saba e Montale.

Inforsarsi

 […] ma dimmi se tu l’hai ne la tua borsa”.

Ond’io: “Sì ho, sì lucida e sì tonda,

che nel suo conio nulla mi s’inforsa”  (Paradiso XXIV, 87 )

Inforsarsi    è formato sull’avverbio forse, significa ‘essere in dubbio’. Il verbo, usato anche come intransitivo non pronominale, è stato  ripreso, tra gli altri, da Petrarca, Boccaccio, Tasso, Alfieri.

 

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