PAROLA DI DANTE

Ogni parola presso di lui è un’immagine  (G. Leopardi, Zibaldone )

Gabriella Maggio

Mirra

Nel XXIV ° canto dell’Inferno Dante incontra i ladri. Per gli amanti della topografia   del grande poeta  i ladri si trovano esattamente nella settima bolgia del  cerchio ottavo dove sono posti i fraudolenti . I ladri corrono tra una moltitudine di serpenti d’ogni specie impauriti dall’incessante e inevitabile  scontro  gli animali, che talvolta  produce  una metamorfosi reciproca, talaltra un incenerimento ed un’improvvisa ricomposizione della figura umana così  come gli antichi poeti  narravano  dell’araba fenice :

[…] erba né biado in sua vita non pasce,

ma sol d’incenso lagrime e d’amomo,

e nardo e mirra son l’ultime fasce.

 

La mirra è  una resina  usata anticamente  nell’imbalsamazione  delle mummie e nella farmacopea  per le sue proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antisettiche, come hanno confermato moderni studi scientifici. I Magi la portarono in dono a Gesù. Dante usa il termine una sola volta nella commedia e la collega al mito della fenice. Da mirra  però deriva il verbo usato alla prima persona mirro col significato di onorare  nel canto VI del Paradiso, nei versi 46-48 in cui l’imperatore Giustiniano elenca  gli antichi romani  come esempi di virtù :

onde Torquato e Quinzio che dal cirro

negletto fu nomato, i Deci e’ Fabi

ebber la fama che volentieri mirro.

 

 

 

 

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