DOVE FINISCE IL GELO
Una favola di Andrea di Napoli
Tanto tempo fa, in un Paese lontano, lontano, era sempre Primavera. Nessuno sapeva esattamente dove fosse né come arrivarci e, pertanto, tutta la gente vissuta a quell’epoca non credeva per nulla all’esistenza di quel luogo incantevole. Solo qualche viaggiatore che aveva smarrito la strada maestra e qualche mercante che sperava di avere imboccato una scorciatoia, ogni tanto, raggiungeva per puro caso l’incredibile regione “fuori dal Tempo” nella quale veniva accolto e ospitato da una popolazione cortese e civile. I pochi visitatori che decidevano di tornare negli squallidi sobborghi da cui provenivano, difficilmente raccontavano la loro occasionale sosta, per timore di venire considerati dei visionari o, peggio, dei folli. Una notte, durante un violento temporale, un fulmine colpì la fabbrica di mobili della maggiore città del circondario. Lo stabilimento prese rapidamente fuoco e al mattino era ridotto solo ad un cumulo di ceneri fumanti. Ma il peggio fu che tutti i falegnami che lavoravano all’interno dell’edificio distrutto persero il lavoro e con esso la loro unica fonte di sostentamento. Dopo un primo momento di sconforto gli esperti falegnami si misero all’opera per ricostruire l’edificio e riprendere l’attività. Tutti tranne il più giovane, Giuliano, il quale, in preda alla disperazione, fu visto mentre si allontanava da solo dal grosso centro abitato in direzione della foresta.
Intanto stava cominciando a nevicare. Immerso nei suoi cupi pensieri Giuliano non si era reso conto della distanza percorsa e, incurante delle avverse condizioni atmosferiche, procedeva lungo il sentiero innevato andando incontro ad una bufera di neve che avanzava minacciosa. Lo sfortunato Giuliano si accorse troppo tardi che la sola speranza di salvezza che gli restava era tentare di trascinarsi fino all’abitazione più vicina, ma in grave stato di ipotermia e mezzo assiderato perse i sensi ai piedi di un albero di mele cotogne. Un soffice manto di neve lo aveva coperto quasi del tutto quando venne ritrovato provvidenzialmente dal cane di Simonetta. Il sagace animale diede l’allarme e i soccorritori lo condussero in paese dove venne medicato e ristorato. Grazie al tepore domestico ed alle cure ricevute in casa della premurosa infermiera, lo “scongelato” falegname si riprese in fretta. Giuliano non rimase insensibile alla gentilezza ed alle mille attenzioni di Simonetta e quando con ardore le dichiarò il suo amore ella ammise di ricambiare l’intensa passione. Attorno alla casa di Simonetta, nella quale, ormai completamente guarito, Giuliano era rimasto a vivere, i giardini erano sempre pieni di fiori e il sole che brillava in cielo scaldava, senza mai bruciare, il loro volto e quello degli irreprensibili vicini.
L’armoniosa convivenza civile e il clima mite non potevano essere semplicemente una fortunata coincidenza meteorologica, ma scaturivano dalla disponibilità verso gli altri e dal cosiddetto “calore umano”. Il giovane artigiano comprese allora che non si trovava in una qualsiasi località geografica, individuabile attraverso le indicazioni stradali, ma si trattava certamente del misterioso Villaggio della Concordia che esiste davvero, ma solo all’interno di un “miraggio collettivo” disciplinato da valori sinceri come l’Onestà, l’Altruismo e la Solidarietà che sono le virtù capaci di restituire anche ai disperati la voglia di vivere e la fiducia nel genere umano.