ALBERTO ARBASINO

(Gabriella Maggio)

Alberto Arbasino è scomparso il 22 marzo scorso  dopo una lunga malattia, aveva novant’anni. È stato un intellettuale sempre in movimento. Dopo la  laurea in giurisprudenza ha intrapreso  la carriera universitaria nella Facoltà di Scienze politiche , dapprima  alla Statale di Milano poi alla Sapienza Roma, svolgendo contemporaneamente l’attività di giornalista, saggista, narratore. Un evento significativo della sua carriera di scrittore è stata la partecipazione al Gruppo ’63 ,col romanzo Fratelli d’Italia ben accolto dagli intellettuali già affermati  come R. Barilli  che  così ne ha scritto in “La neoavanguardia “ ed. Il Mulino, 1995:  «siamo finalmente in presenza di un narratore che la nascente neoavanguardia può adottare, far proprio, indicarcome esempio». Fratelli d’Italia, di cui Arbasino  ha curato tre edizioni con alcune varianti  (Feltrinelli 1963, Einaudi 1976, Adelphi 1993) è un romanzo fiume che attraverso le vicende estive “on the road” di due giovani omosessuali, Antonio e l’Elefante, racconta l’Italia nel momento del suo passaggio dalla tradizione alla modernità, dall’agricoltura all’industria. Il modo bizzarro,  leggero e  ironico, talvolta  frivolo tenuto dall’autore  impedisce alla narrazione  di diventare saccente o pedante, non viene ostacolata neanche  dall’accumulo di  una grande quantità di riferimenti colti, che  spesso interrompe il  flusso narrativo, in metaforica  armonia  con l’euforia neoconsumistica degli anni ’60. Notevole è comunque  la capacità  di Arbasino di osservare l’antropologia del cambiamento, il suo estro nel disporre le scene di un’Italia dimessa ma ambiziosa, umile e sognatrice. Nel 1965 ha abbandonato  l’Università per dedicarsi interamente alla scrittura  delle altre sue numerose opere. Tra l’83 e l’87  è stato  deputato in Parlamento come indipendente per il Partito Repubblicano Italiano.  Nel panorama degli scrittori italiani Arbasino ha mostrato grande considerazione per Carlo Emilio Gadda “il nostro scrittore più straordinario” , a cui nel 2008 ha dedicato un saggio molto vivace L’ingegnere in blu , pubblicato da Adelphi.   Gadda  è un maestro a cui  è debitrice una generazione di scrittori che praticano la sperimentazione  linguistica in una letteratura liberata da “ogni soggezione e complesso verso alti ordini o sfere per restituirle la sua dignità  di operazione linguistica assoluta”. Si tratta, tuttavia, di una discendenza indiretta, anche perchè Gadda, un “elefante deciso a morire solitario”, mai si curò dei suoi eventuali epigoni  “ ingombranti, ostinatissimi a farlo segno di una devozione  a tratti addirittura persecutoria”.(da “I nipotini dell’ingegnere” in  L’ingegnere in blu, p. 173). Negli ultimi tempi Arbasino  ha dichiarato in un intervista di sentirsi in qualche modo un  sopravvissuto alla  sua epoca, a un certo linguaggio comune oggi non più condiviso, a un certo tipo di interessi, al dialogo e alla frequentazione  quotidiana  con altri  uomini di cultura  che oggi non ci sono più.

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