MA È MEGLIO GODERSI LA BELLEZZA
(Carmelo Fucarino)
G.Boldini
Lo slogan: principio assoluto della democrazia è la libertà di stampa. Fino al Settecento il diritto fu monitorato e concesso dietro controllo dello Stato. Qualcuno fissa il 4 agosto 1735, come data di definizione di questa libertà con l’assoluzione dell’editore John Peter Zenger nell’aula della New York’s City Hall con la formula che «la legge non proibisse le giuste critiche di uomini che stanno soffrendo sotto una cattiva amministrazione» e che là non era applicabile il reato di “diffamazione”. Noi ci abbiamo creduto, dopo tante proibizioni monarchiche e dittatoriali, l’art. 21 della nostra Costituzione proclama: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Lo stesso principio è ripreso nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. II, 11, “libertà di espressione e d’informazione”). Ben lodò, ma forse anche ammonì Edmund Burke: «Tre Stati nel Parlamento; ma laggiù nella galleria dei giornalisti, risiede un Quarto Stato molto più importante rispetto a tutti gli altri». Forse meglio lo esplorò e definì Orson Wells nel suo film del 1941, Citizen Kane, da noi tradotto “Quarto Potere” e così ormai studiato in sociologia. Riflettendo sull’oggi, qualcosa ha stravolto questo meccanismo che si basava sul diritto di espressione. La stampa, oggi i terribili mezzi dei social, in una sana democrazia devono essere garantiti da diritti, non dico sacrosanti, per non essere blasfemo, altro è il sacro e il santo per essere nei limiti, miseri, dell’umano Tuttavia in una democrazia che ha come cardine sociale l’etica, deve essere ugualmente norma il dovere. E questo potere, pericoloso, perché teso a formare le coscienze attraverso il libero pensiero, deve avere come principio assoluto la Verità che i Greci definivano nell’Aletheia (la “non celata”). Oggi è evidente l’invadenza delle fakes, le bugie di interesse, attraverso gli strumenti subdoli e abbietti della disinformazione. L’etica, distinta da Aristotele, il primo ‘parcellizzatore’ della sophía, come vera teoria e tecnica, oggi è intesa come una semplice branca di ricerca dei perditempo dei filosofi. Perciò non esiste più la categoria dell’etica professionale e il cerbero di turno di un piccolo quotidiano di mille copie, sovvenzionato da tutti i contribuenti indistintamente può fottersene della verità e irriderla con il suo sorrisetto sardonico. Guai a ricorrere alla denuncia, altrettanto legittima: è sempre un attentato al diritto di stampa. Non mi risulta che creatori di empietà siano andati in carcere. Eppure un antico testo biblico accolto da noi soli cattolici di radici ebraiche recita: «la spada uccide tante persone, ma ne uccide più la parola che la spada» (Siracide, 28, 18. Consiglio la lettura dell’intero capitolo). Ma quelli erano i tempi biblici della spada. Nei quotidiani italiani si spaccia per verità l’opinione anche di incompetenti ed inesperti che però hanno un nome e una carica pubblica, ma anche del cittadino incontrato per strada, richiesto con una domanda a risposta obbligata, le leggere ed innocue interviste a campione (cioè l’opinione del cronachista o del suo padrone che si vuol sacralizzare come verità). Ogni tanto si manda in onda la statistica di Agenzie specializzate. Per formare l’opinione pubblica. Perché le domande spesso sono a senso unico e i campioni scelti con criteri interessati. Eppure nella prassi del giornalismo inglese la cronaca era sempre scissa dall’opinione che comunque non interessata è sempre personale. Perciò l’epoca orrenda in cui la verità della stampa non esiste più. Senza voler fare dietrologia. A che pro?Mi terrorizza che il mio giornale dei tempi giovanili, di copie milionarie, possa dedicare al virus 18 pagine su 48, con 15 corrispondenti il venerdì, e 19 pagine sempre con 15 corrispondenti il sabato. Il giornale locale non è da meno, 7 pagine su 39. Certo è la realtà, ma cosa possono aggiungere di importare le minuziose opinioni di esperti e spesso non, comuni passanti o contagiati? E mi fa orrore che interi telegiornali da me pagati con la bolletta della luce (cose da sbellicarsi dalle risate), possa dedicargli la mezz’ora, con qualche “finestra” (giuro, è detta così) alla strage infinita di Idlib e alla fucilazione di fuggiaschi ad arte lasciati andare ad invadere la Grecia. Che si possa pagare un miracolato di Sanremo per dirci come lavare le mani. Ma, scusatemi, scienziati e politici, pensavate che i Lombardi non sapessero lavarsi bene le mani? E di più, non sapessero che quando si starnutisce o tossisce si deve mettere la mano davanti al viso? La prima regola di educazione insegnata a noi bambini era questa. Quella fascista, appesa sopra una sputacchiera di vivida memoria era: “L’uomo civile non sputa in terra e non bestemmia”. Il bello della storia sono quei posti di blocco, mentre in Sicilia si divertono, ancora, infettati della bergamasca, turisti o parenti fuggiaschi. Ma allora perché quei bendati soldati e quelle transenne? E quelle interviste sulla linea gialla per interrogare la signora che sta recuperando la sporta con la verdura? A che serve l’opinione dell’appestato per riempire ore di trasmissioni e consigli di approfondimento con sigle attraenti di media (faccine e uccellini ed altro). Questa non è più cronaca, ma abietto e miserabile pettegolezzo, non degno neppure di una sala da barbiere e da parrucchiere, men che meno del bar dello sport. Italiani, vi prego, se non potete per ora visitare Musei, gratis la domenica, vi prego, chiudete cellulari e internet pestilenziali, andate sempre sui siti internet e godete, ve lo consiglio, godete della Bellezza. L’uomo ha imitata pure questa, oltre quella che ci offre gratis la Natura. E dato che il protagonista dell’anno è il genio di Raffaello vi consiglio di porvi davanti ai suoi capolavori, indistintamente tutti, e di sciogliervi la mente e l’animo e godere godere godere. Goduria estetica, salutare ed igienica. Ricavo da Vasari che morì a 37, ma sentite: «E così continuando fuor di modo i piaceri amorosi, avvenne ch’una volta fra l’altre disordinò più del solito, perché a casa se ne tornò con una grandissima febbre e fu creduto da’ medici che fosse riscaldato». Vi propongo le Tre Grazie.