PROIBIZIONISMO E VOTO ALLE DONNE
(Daniela Crispo)
Nel 1869 a Chicago viene fondato il Prohibition Party, contro la dipendenza dall’alcol, considerata una vera e propria forma di schiavitù. E per la prima volta una forza politica ammette la presenza delle donne . Queste sono molto interessate alla questione perché l’alcolismo ha un pesante risvolto familiare in termini di violenza e sottrazione di risorse. Fra le tante donne che hanno lottato tenacemente si distingue Carrie Nation che il 27 dicembre 1900 distrugge con un’accetta il bar dove il marito andava ad ubriacarsi. Già dal 1873 alcune donne hanno fondato la Woman’s Christian Temperance Union e nel 1893 l’Anti-Saloon League col compito di dare unità alla lotta contro l’alcolismo soprattutto contro i saloon che hanno assunto anche un ruolo politico, perché vi si svolge un facile mercato di voti. I proibizionisti comunque falliscono la loro missione e anzi favoriscono la criminalità organizzata che fa affari d’oro col traffico illegale degli alcolici. Se nei primi anni il consumo di alcol diminuisce, successivamente prospera grazie ai locali clandestini. I proibizionisti in fondo non si oppongono solo all’alcol, ma al rapido cambiamento della società americana che nella seconda metà dell’800 è in pieno sviluppo industriale e orientata verso l’affermazione di una cultura urbana. Sono in prevalenza operai e per di più immigrati gli irriducibili alcolisti e per questo si alza lo scudo della difesa identitaria, fondata sul mito di un Paese incontaminato e virtuoso. Fondamentalismo e affari marciano insieme come sempre. Nel contesto si avvantaggiano le donne che grazie al loro attivismo ottengono il diritto di voto, ma anche paradossalmente l’ingresso negli speakeasy, i locali clandestini dove si consuma alcol. La cultura urbana si afferma parallelamente alla voglia di bere o di continuare a bere . Solo la crisi del ’29 dà il colpo finale al proibizionismo.