CHE GENIO, POVERETTO!
(Carmelo Fucarino)
Premessa per una odierna definizione della politica che tutto strumentalizza a proprio uso e consumo.
Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.
(Dante, Purgatorio, VI 124-126)
E io, che riguardai, vidi una ‘nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;
e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.
(Dante, Inferno III, 52-60).
Oggi domenica, il giorno del Signore, quello che ama il prossimo suo come se stesso, anche se è un samaritano o un filisteo (cioè palestinese). Oggi giorno del Cristo crocifisso per noi e ancora giornalmente da noi, è in tutto il mondo considerato per legge giorno di riposo, il settimo della creazione, lo shabbat israeliano, per i cattolici cristiani a lui riservato per onorarlo, santificarlo e servirlo. Così almeno fanno tutti gli italiani, che venerano la sua croce mettendola al collo. Oggi leggo sul nostro quotidiano di un figlio che massacra la madre, vecchia e sorda, perché rimasto chiuso al balcone e di una moglie che tenta di uccidere il marito iniettandogli insulina in eccesso. Ma l’elenco delle diurne efferatezze è quotidiano in tutta Italia. Certo che è giusto in una società governata dagli slogan ossessivi e dalle fakes, gravi, perché create e divulgate da parte politica, per esaudire gli istinti bestiali del popolo elettore, in società in cui un vecchietta canuta ha bisogno della scorta solo per essere sopravvissuta ad Auschwitz, luogo-altare verso cui il sindaco di Predappio ha abolito le visite degli studenti, o altra ingenua semplice amabile settantenne che sui social può predicare l’uccisione del nemico politico, il Presidente eletto della Repubblica, non più avversario come ai tempi di De Gasperi e Togliatti, entrambi messi di canto dai loro discepoli e seguaci, tranne ad addossarne la responsabilità all’urlante predicatore politico, in una società in cui per legge una vita vale meno di dieci euro e lo Stato ha delegato la difesa legittima del cittadino allo stesso, confermando evidentemente di non poterlo e saperlo fare (a cosa serve il Ministero degli Interni e le decine e decine di polizie specializzate per servizi?), in tale condizione di sfacelo, oggi mi è stato inviato un filmato. E mi sono deliziato e inorgoglito alla visione di pagine dello straordinario Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana, accompagnato da una divina esecuzione musicale, l’Adagio di Albinoni che ci ricorda un celebre lagrimevole film, l’Anonimo veneziano con Florinda Bolkan e Tony Musante. Era il mio Genio che avevo onorato esponendo da modesto uomo di lettere le sue geniali profezie, esaltando oltre alla pittura la parola geniale dell’uomo eclettico che tutto seppe e tutto fece del suo tempo e del futuro (link https://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2019/11/01/il-genio-di-leonardo-si-vede-anche-nei-suoi-pensieri-scritti-vere-e-proprie-profezie/). E poi rimasi sbalordito. Il filmato presentava un alternarsi di ingialliti e illeggibili fogli ambrosiani con il fulgore di bombardieri, cacciatorpediniere, portaerei, carri armati, tutto lo splendore di armamenti e esercitazioni belliche, per concludersi sul mussoliniano altare della patria (1921) con la prova tricolore delle acrobazie dei nostri aerei militari. Le profezie, le idee bislacche di un umanista del Rinascimento (Anchiano, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519), di un amante donatore di Bellezza e di Amore, di Madonne che per se stesse ci fanno credere in Dio, oltre la fede e per amore degli uomini, tutti tutti tutti, quell’uomo che aveva rappresentato l’UOMO VITRUVIANO ora mischiato fra prove di scenari di guerra.
Sappiamo tutti che Alfred Nobel brevettò agli inizi del 1867 l’invenzione della dinamite, riuscendo a rendere inerte l’esplosiva nitroglicerina con farina fossile. Ma pochi sanno di come intese lavarsi la coscienza, ma soprattutto per il terrore di tramandare una fama orrenda. A Cannes era morto nel 1888 il fratello Ludvig e un giornale, scambiatolo per lui, stampò il necrologio-coccodrillo dal titolo Le marchand de la mort est mort, aggiungendo «Alfred Nobel, che divenne ricco trovando il modo di uccidere il maggior numero di persone nel modo più veloce possibile, è morto ieri» («Le Dr Alfred Nobel, qui fit fortune en trouvant le moyen de tuer plus de personnes plus rapidement que jamais auparavant, est mort hier»). Perciò Alfred nel testamento del 1895 istituì i Nobel, spesso assegnati oggi a persone sbagliate, soprattutto quelli nuovi della Pace. Eppure delle mine non si servirono e si servono solo gli artefici di morte (su internet elenco dei comuni esplosivi da tutti usati nelle guerre, di popolare notorietà il tritolo, da noi usato nella guerra libica, oggi resi più distruttivi da innesti batteriologici), ma vennero e vengono usate anche come aiuto alla fatica dell’uomo nei lavori minerari e civili. Non ebbero giustamente simili rimorsi i ragazzi di via Panisperna (famoso il film di Gianni Amelio del 1988), Enrico Fermi e i suoi alunni Franco Rasetti, Emilio Segré, Edoardo Amaldi, ebrei fuggiti negli Usa, e Bruno Pontecorvo, passato in URSS, e il nostro scomparso Ettore Majorana. Nei laboratori di quella via nel 1934 avviarono la realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale. Sugli studi di Fermi (Progetto Manhattan), Robert Oppenheimer non ebbe scrupoli nel creare nei laboratori USA di Los Alamos la bomba all’idrogeno, nota nella forma asettica e misteriosa di H, la nostra “mutina”, la non lettera. Lo sanno Hiroshima e Nagasaki. Eppure la ricerca scientifica e in primis Leonardo, non si sono posta la questione dell’utilizzo criminale delle scoperte. Così quelle di Louis Pasteur, del Nobel Maria Skłodowska-Curie, di Fleming per la penicillina o di Sabin e Salk per l’antipolio. Tranne ad alimentare la falsa credenza dei loro danni, mettendo a rischio la salute pubblica con il consenso dello Stato che dovrebbe proteggerla. Perché non esaltare l’uso leonardesco dei fratelli Wright assieme al tricolore dell’Alitalia, le pacifiche mongolfiere e i fratelli Montgolfier (Vincenzo Monti, Al signor Montgolfier, e il pariniano sonetto Per la macchina aerostatica, VII 1-4, E col fumo nel grembo e al piede il foco / Salgo per l’aria e mi confido al vento) e Charles Lindbergh o gli Zeppelin con il dirigibile, il paracadutismo e il parapendio e tanti altri sport di volo umano, dai tempi della speranza di salvezza di Dedalo e Icaro. E su tutti per gloria di un eroe italiano, Umberto Nobile, che con il dirigibile Norge, raggiunse il Polo Nord. E perché non strabiliarsi dell’uso di riscoprire con i palombari la nostra civiltà sepolta nei mari, e dei grandi castelli da crociera che fanno la olà davanti a piazza S. Marco? Genio fu Leonardo! Una volta le guerre si facevano su un bel campo di grano, due gruppi con divise diverse che avanzavano di fronte. I bombardamenti a tappeto li abbiamo inventati noi, uomini della civiltà e della tecnologia. Lo sanno le donne e i bambini della Siria, dello Yemen, di tante altre guerre innominate, ove le società democratiche e civili parlano di effetti collaterali e si preoccupano di non avere alcun loro soldato scalfito. Gloria ai nostri soldati che sono in missioni di pace in tutto il mondo a dividere due schiere opposte in guerra. Ieri in Iraq e oggi fresca fresca nella terra di nessuno dell’Afganistan. La nostra celebrazione del 4 novembre ricorda un episodio militare concluso con forse l’unica vittoria del Regno sabaudo a Vittorio Veneto (Vittorio in onore del primo re d’Italia), nella battaglia svoltasi tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918, nella controffensiva italiana sul Piave (“Il Piave mormorò” della “Leggenda (!) del Piave”). Fu la disgregazione dell’Impero austro-ungarico con le conseguenze che conosciamo. Essa in effetti ricordava la Vittoria e la firma a noi insegnata a scuola dell’armistizio di Villa Giusti il 3 novembre 1918. Ora apprendo che era la villa a Padova del conte Vettor Giusti del Giardino. E come Giornata della Vittoria l’abbiamo celebrato con vacanza scolastica anche nella nostra Repubblica, dopo il Regno di Savoia, e il Fascismo. In odio dell’Austria asburgica, un tempo nemica, oggi membro dell’Unione europea e della Nato. Perciò tolta l’antica denominazione e finalità si trasformò in Giornata delle Forze armate e per togliere la presenza di strumento di guerra, oggi si è ancora mutata in Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, per salvare capre e cavoli. Ma così va meglio, in un’epoca in cui da tempo si reclama la separazione nazionale con diverse leghe di medioevale ricordo e oggi si progetta e si pretende a forza di creare uno stato privilegiato a Nord e una colonia al Sud. Si ventilava un tempo la creazione di un campionato di Calcio a Nord tra le squadre ricche e una sottocategoria a Sud. E Leonardo? Che c’entra?