IL GENIO DI LEONARDO SI VEDE ANCHE NEI SUOI PENSIERI SCRITTI, VERE E PROPRIE PROFEZIE

(Carmelo Fucarino *)

Leonardo da Vinci realizzato da macromega.it per il carnevale di Viareggio (da Wikipedia)

Ci fu un tempo in cui la conoscenza era integrale. L’uomo di genio comprendeva in sé la totalità di esperienze e di attività umane e le faceva sue. Era l’Uomo nella sua interezza e globalità. Certo, l’episteme era limitato rispetto ad oggi, ma non tanto. La vera cultura, arte e letteratura, era quella che la tradizione aveva scelto per gli uomini del futuro. Da Omero agli Evangeli, attraverso generi immortali, come la lirica, il melos, la commedia e la tragedia, e la miracolosa invenzione della storia, la ‘historía’, ‘ricerca’ per i secoli futuri, la catalogazione della natura, la physis nella sua interezza. E la filosofia, il Platone poeta dell’anima e dell’eros, e l’Aristotele, il ‘parcellizzatore’ della sophía. Leonardo visse nel pieno fulgore di un’epoca mai più ripetutasi nello sviluppo storico, lo splendido Rinascimento, termine che già allude ad un suo primo ‘nascimento’. Magicamente si era ripresa la strada brutalmente interrotta e l’uomo aveva riallacciato i fili della sua geniale creazione che oggi diciamo classica, che poco spiega di quel caleidoscopio di conoscenza e arte che si era arricchito per decine di secoli. Certo, oggi abbiamo rivalutato e negato la definizione di ‘secoli bui’ per il Medioevo. In essi maturarono i fecondi fermenti creativi e rigenerarono, come l’araba fenice, un Uomo nuovo. Leonardo fu protagonista ed artefice di questa rigenerazione, del ponte gettato con gli antichi, l’invenzione dell’uomo, greco e latino. Ed è ben esplosiva la celebrazione dell’anniversario dell’uomo globale. Sono volati 500 anni e sembra ieri, o forse domani, se si riflette sulla complessità e completezza dell’uomo di Anchiano, borgo di Vinci, morto quel 2 maggio 1519 ad Amboise in Loira. Non citiamo le attività culturali ed artistiche che lo coinvolsero ed impegnarono dalla letteratura alla scienza, dalla filosofia all’ingegneria, dalla trattatistica all’anatomia e botanica e tanto altro in soli 67 anni. Nei secoli noto specialmente come pittore scultore architetto e disegnatore. E il mistero della Gioconda e l’animata Ultima cena e quelle mani e le dita della Vergine delle Rocce e il furore della perduta Battaglia di Anghiari, il fascino coloristico e l’agitazione che ci coinvolge nell’Adorazione dei Magi. Quello stupore che ci coglie nelle sue abbaglianti e vivide composizioni, ove la vita soggettiva si espande in gesti universali. E lo stupore dell’Uomo vitruviano e l’allucinante e unica e sbalorditiva scrittura speculare dei suoi codici manoscritti, sparsi in tutta Europa, tra Londra e Madrid, in primis a tutti familiare, il Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Sarebbe ben facile discutere ed illustrare le sue geniali opere d’arte e ci troveremmo superati da tanti che ben magistralmente e con competenza hanno sviscerato i segreti della sua genialità artistica. Noi invece vogliamo dare testimonianza dell’uomo che sa anche giostrare con la parola, che osserva con occhio acutamente critico la sua società, che tocca aspetti dell’umanità che sono ancora oggi coinvolgenti, in quanto uomo eterno che attraverso infinite metamorfosi è capace di rimanere immutato nell’animo e nella gestione delle sue azioni. Nelle passioni anche che, pur nel mutare dei sistemi, nel progresso della scienza e della tecnica, si trasmettono identiche. Se mai si arricchiscono e progrediscono gli strumenti dell’assassinio, torture e guerre, dai tempi dell’uomo della clava e della freccia: a partire dal bizantino fuoco greco fino a Nobel, l’infame e scellerato uso dei gas e dell’atomica, fra effetti collaterali e droni a risparmio di vite privilegiate. Preferiamo perciò cogliere qualche fiore dai suoi sconosciuti e accantonati Scritti letterari, tra stupende profezie e fiabe del focolare.

Cominciamo con i Pensieri:

«2. FACCIÀNO NOSTRA VITA COLL’ALTRUI MORTE. In nella cosa morta riman vita dissensata, la quale ricongiunta alli stomaci de’ vivi ripiglia vita sensitiva e ‘ntellettiva.

  1. Il moto è causa d’ogni vita.
  2. La natura è piena d’infinite ragioni che non furon mai in isperienzia.
  3. La scienzia è il capitano e la pratica sono i soldati.
  4. Sì come il mangiare sanza voglia fia dannosa alla salute, così lo studio sanza desiderio guasta la memoria e non ritien cosa ch’ella pigli.».

 

Altrettanto potrebbe dirsi del tempo:

«35. L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima di quella che viene. Così il tempo presente».

E così si sputtana fb:

«51. Nessuna cosa è da temere quanto la sozza fama. Questa sozza fama è nata da vizi.».

E poi quanti ce ne sono, come allora, in questa società di egotisti consumatori:

«111. Ecci alcuni che altro che transito di cibo e aumentatori di sterco – e riempitori di destri – chiamar si debbono, perché per loro – altro nel mondo appare – alcuna virtù in opera si mette; perché di loro altro che pieni e destri non resta.

  1. Non mi pare che li omini grossi e di tristi costumi e di poco discorso meritino sì bello strumento, né tante varietà di macchinamenti, quanto li omini speculativi e di gran discorsi, ma solo un sacco, dove si riceva il cibo e donde esso esca, ché invero altro che un transito di cibo non son da essere giudicati, perché niente mi pare che essi participino di spezie umana altro che la voce e la figura, e tutto el resto è assai manco che bestia. ».

E sulla fugacità del tempo trascorso a pestare tasti dei cellulari dimentichi dell’importanza della memoria:

«126. A torto si lamentan li omini della fuga del tempo, incolpando quello di troppa velocità, non s’accorgendo quello esser di bastevole transito; ma bona memoria di che la natura ci ha dotati, ci fa che ogni cosa lungamente passata ci pare essere presente»

Se fosse possibile esprimerlo in un modo più stupefacente, quando si alzano dalla pista i nostri giganti del cielo:

«IL PRIMO VOLO

Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero, empiendo l’universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture, e groria eterna al nido dove nacque».

 

O le favolette alla Esopo:

«6. FAVOLA. Trovando la scimia uno nidio di piccioli uccelli, tutta allegra appressatasi a quelli, e quali essendo già da volare, ne poté solo pigliare il minore. Essendo piena d’allegrezza, con esso in mano se n’andò al suo ricetto; e cominciato a considerare questo uccelletto, lo cominciò a baciare; e per lo isvecerato amore, tanto lo baciò e rivolse e strinse ch’ella gli tolse la vita. È detta per quelli che, per non gastigare i figlioli, capitano male.

  1. FAVOLA. I tordi si rallegrorono forte vedendo che l’omo prese la civetta e le tolse la libertà, quella legando con forti legami ai sua piedi. La qual civetta fu poi, mediante il vischio, causa non di far perdere la libertà ai tordi, ma la loro propria vita. Detta per quelle terre, che si rallegran di vedere perdere la libertà ai loro maggiori, mediante i quali poi perdano il soccorso e rimangono legati in potenzia del loro nemico, lasciando la libertà e spesse volte la vita».

 

E a tutti i venditori di fumo e ai falsi profeti di bene per il popolo, affabulatori di masse, la certezza:

«100. Siccome una giornata bene spesa dà lieto dormire così una vita bene usata dà lieto morire.

  1. La vita bene spesa lunga è.».

*Già pubblicato in La Voce di New York

 

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