LE CORPORAZIONI ARTIGIANE E LA RIVOLTA DI PALERMO DEL 1773

(Francesco Paolo Rivera *)

Il M.se Tanucci

Nel 1767 il Papa Clemente XIV emanò una bolla con la quale venne soppresso l’ordine della Compagnia di Gesù, in conseguenza della quale il marchese Bernardo Tanucci (1), emise subito il bando di espulsione dei Gesuiti dall’Isola. In conseguenza della espulsione dalla Sicilia dei Gesuiti, il m.se Tanucci mirava all’acquisizione, da parte dello Stato,  dei beni della disciolta Compagnia, beni di rilevante quantità e qualità (erano le terre più  coltivate e più redditizie della Sicilia), al fine di provvedere ai bisogni della popolazione. Infatti circa 34.000 ettari di terra vennero messe all’asta, circa tremila contadini poveri ebbero in assegnazione lotti di terreno agricolo espropriato. Tale assegnazione non dette, però, i risultati sperati, infatti il processo di riforma fondiario fu osteggiato dalla Amministrazione e lo Stato non diede ai contadini i necessari sostegni finanziari per condurre le coltivazioni. Occorre aggiungere che ai piccoli contadini erano stati attribuiti i terreni più aridi, quelli privi di alberi, mentre i fondi più ricchi erano stati acquisiti dai latifondisti (“baroni”). In conseguenza di tali acquisizioni e alla naturale contestazione dei contadini, si rese necessaria l’emanazione, dopo sei anni, di un nuovo provvedimento di riforma agraria (15 giugno 1773) che prevedeva la concessione ai contadini di ulteriori lotti di terra espropriati ai Gesuiti.Inoltre si approfittò di tali provvedimenti per procedere ad altre riforme circa la competenza di alcuni organi amministrativi: la Giunta di Commercio venne sostituita con un altro organo governativo, il Supremo Magistrato del Commercio che aveva pari autorità con le altre magistrature del Regno e, quindi, competenza assoluta sui traffici commerciali interni ed esterni, si istituì il “catasto onciario” (la “oncia” unità di misura) e si  introdusse una imposta reale sulle proprietà fondiarie, mantenendo, però, la esenzione per i beni ecclesiastici e dei feudatari (2). Tuttavia tale riforma fu di breve durata, perché contestata sia dai nobili che dalle corporazioni. Quando la moglie del Re Ferdinando, la Regina Maria Carolina, entrò a far parte del Consiglio di Stato (con poteri deliberanti), essendo ostile alla politica filo ispanica del  Tanucci, lo fece allontanare dal Governo. Anche se, in pratica la riforma venne bloccata, la politica del Tanucci aveva fatto maturare nei contadini una presa di coscienza, che suscitava la indignazione dei baroni, i quali visti diminuire i loro poteri sui primi, influenzarono alcuni avvenimenti successivi. Palermo, nel XVIII° secolo era, dopo Napoli, la città più grande d’Italia, con una popolazione sempre in continuo aumento (115mila abitanti nel 1714, alla fine del secolo 141mila circa), moltissimi i fastosi palazzi abitati dagli aristocratici, moltissime le baracche abitate dalla povera gente, pochi i borghesi (funzionari governativi e professionisti), pochissimi i piccoli e medi imprenditori e il porto (malgrado il nome della città derivasse dal greco “tutta porto”) poco frequentato.Le corporazioni artigiane ricoprivano un ruolo importantissimo (erano ben settantadue) che influenzava la politica. Esse instauravano monopoli ed erano molto gelose dei loro privilegi, in quanto attraverso questi avevano instaurato una sorta di “ceto di privilegiati” (portavano armi, andavano a caccia nei boschi intorno alla città, svolgevano mansioni di polizia ausiliaria, presidiavano le fortificazioni della città …). In conseguenza del decesso del p.pe del Cassaro, si allargò la voce che il Vicerè Fogliani stesse richiamando truppe per impedire i moti popolari, e le Maestranze, avvalendosi dell’antico diritto loro spettante di difesa della città, presidiarono le porte e impedirono alla truppe di entrare e ai nobili di fuggire, rivelandosi la forza più efficiente dell’Isola. (3) Il 14 ottobre 1773 il popolo insorse, assaltando le carceri della Vicaria e il palazzo reale. Tale rivolta però ebbe uno sviluppo, a dir poco, strano, infatti iniziò con caratteristiche particolari, la prima fase (quella organizzata dalle corporazioni artigiane) ordinata e ben concertata, costituita da processioni, concentramenti nelle chiese e nei monasteri, suppliche alla patrona Santa Rosalia, simili alle manifestazioni che si facevano per le calamità naturali che scoppiavano in città (peste, carestia), diviene subito dopo una manifestazione intesa a invocare la guarigione di illustri personaggi. Non esisteva nei rivoltosi il timore di una carestia (pare che non vi fosse una effettiva carenza di grano). Fu il decesso del p.pe del Cassaro la causa scatenante della furia popolare, che diede luogo alla liberazione dei detenuti della Vicaria, al saccheggio dei depositi delle armi (i rivoltosi si impossessarono persino di un cannone) …, si accusarono i pubblici amministratori di aver favorito monopoli, contrabbandi e altre speculazioni, e, particolarmente si accusò di loschi traffici il Vicerè Fogliani (perché colluso – così si diceva – con personaggi della società civile e con i gesuiti).   La rivolta apparve scatenata dalle corporazioni artigiane, ma per i risultati ottenuti fu sicuramente appoggiata dai baroni. Infatti era loro interesse dimostrare che per potere governare occorreva l’appoggio dei nobili. Le maestranze salvarono la situazione, ristabilendo l’ordine, e assumendo i ruoli della polizia e della magistratura, ripulirono la città dai rivoltosi e dai delinquenti, rifiutando l’aiuto dell’esercito. La nobiltà dal canto suo, gradatamente riconquistò il potere e tutto, in poco più di un anno, ritornò come prima.(4) Molto inchiostro è stato versato al fine di individuare le responsabilità sia della casta dei nobili che di quella delle corporazioni artigiane. Il confronto sul tema della libertà dei commerci e del riordino della legislazione annonaria erano il centro cruciale sul quale si giocava il futuro delle classi dirigenti siciliane e il progetto di riforma della monarchia (5). Le spinte speculative, (alle quali non erano estranei il vicerè, il governo centrale e i suoi rappresentanti) non riuscivano a sciogliere i sistemi annonari che seguirono la rivolta, anzi rischiavano di rafforzare il potere politico ed economico dei produttori di grano e della feudalità siciliana, che il governo intendeva ridimensionare. La monarchia cerco di imbrigliare la aristocrazia siciliana, e per scongiurare ulteriori rivolte o addirittura la guerra civile, si evitarono (anche su suggerimento del Tanucci) le maniere forti. Infatti si usò la clemenza e la suprema potestà dell’Isola fu gestita dall’arcivescovo Serafino Filangieri (6) e dal ministro Targiani.

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* Lions Club Milano Galleria – distretto 108 Ib-4 – matr. 434120

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  • Uomo politico italiano (1698-1783). Nel 1734 Carlo di Borbone, duca di Parma, conquistò il Regno di Napoli e nominò il Tanucci, Consigliere di Stato, poi nel 1748 Ministro delle Poste, nel 1751 Ministro delle Giustizia, nel 1753 Ministro degli Esteri e il successivo anno Consigliere di Stato; nel 1749 quando Carlo di Borbone assunse la corona di Spagna e la corona del Regno di Napoli passò al figlio Ferdinando IV° di Napoli o Ferdinando III° di Sicilia (a quell’epoca i Regni di Napoli e di Sicilia erano separati, sotto l’egida dello stesso sovrano, solo nel 1816 divennero Regno delle Due Sicilie), che aveva solo 9 anni. Il Tanucci venne nominato (assieme al P.pe Domenico Cattaneo di Casciano) nel Consiglio di Reggenza, che divenne Consiglio di Stato, con funzioni consultive, nel 1797 con il compimento della maggiore età del Re, il quale preferì lasciargli il governo.
  • Allo scopo di alleviare il carico fiscale dei ceti meno abbienti, il Tanucci, tra gli altri provvedimenti, propose una particolare iniziativa economica, richiamare (decreto del 13 febbraio 1740), la comunità ebraica, (alla quale sarebbero stati elargiti privilegi e immunità proprie), che nel 1540 era stata esiliata dall’imperatore Carlo V° di Asburgo. Questa iniziativa venne contestata dalla popolazione, fomentata dal Clero, che giunse addirittura a lanciare l’anatema, contro il re e la regina, di non avere un erede maschio se non si fossero scacciati gli ebrei: ovviamente il decreto di richiamo degli ebrei venne tempestivamente revocato.
  • Il mattino del 14 settembre 1773, le corporazioni degli schioppettieri, dei cortellieri, dei ferrari, e dei chiavettieri, riunitisi all’Oratorio di Santa Maria delle Grazie – detto della “Congregazione del Sabato” in via Calderai (nei pressi dell’antico quartiere ebraico della Guzzetta e della Meschita), si avviarono – con capestri al collo e corone di spine in testa – in processione recitando le litanie alla Vergine. A questi nel pomeriggio si unirono i maestri conciapelli, i quali andarono in processione a piedi nudi e corone di spine in testa, e battendosi con funi e catene di ferro, andarono sul “Monte Erta” (Monte Pellegrino) al fine di chiedere alla patrona di Palermo, Santa Rosalia, la grazie per la salute del p.pe Cesare Caetani del Cassaro, Pretore della Città, molto ben voluto dal popolo. Il p.pe del Cassaro qualche giorno dopo, cessò di vivere … sotto i ferri del chirurgo. La voce popolare attribuì il decesso all’opera … del chirurgo, medico di fiducia del Vicerè Giovanni Fogliani Sforza d’Aragona … e alla “volontà” di quest’ultimo, il quale – onde evitare la furia del popolo -, fuggì da Palermo verso Messina,
  • il sistema vigente a Palermo, circa l’approvvigionamento della popolazione, così si riassume. Palermo, fin dal 1651 possedeva il suo “caricatore” (pubblico granaio) ove i baroni e i latifondisti depositavano il loro grano in attesa della commercializzazione o all’esportazione (la c.d. “tratta” che veniva autorizzata se c’era grano sufficiente per i consumi interni); “caricatore” che costituiva un enorme vantaggio per chi lo amministrava (potere di comprare, di esportare, di concedere il diritto all’esportazione, di corrompere, di credito ….)
  • era difficile individuare una netta demarcazione tra gli interessi delle parti, infatti i pubblici amministratori, che avrebbero dovuto garantire il funzionamento e la regolarizzazione dell’annona, in quanto anche produttori di grano erano interessati a una più ampia commercializzazione. E’ quindi difficile individuare una demarcazione tra politiche volte a garantire gli interessi dei produttori (la campagna) piuttosto che quelli dei consumatori (la città) da quelle che subiscono il ricatto politico della masse urbane a scapito della produzione e del libero commercio.
  • nominato governatore interino dal settembre 1773 all’ottobre 1774, e Presidente del Regno di Sicilia, dal giugno all’ottobre 1775.

 

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