MORTE DEL CONTE CAGLIOSTRO

(Santi Gnoffo)

Il 26 Agosto 1795, morì Giuseppe, Giovanni Battista, Vincenzo, Pietro, Antonio e Matteo Balsamo, meglio conosciuto con il nome di Conte Cagliostro. Il 23 Agosto 1789, fu trovato semiparalizzato sul tavolaccio della sua cella.
La sera del 26 Agosto, dopo 3 giorni di agonia, per ordine del comandante del forte fu trasportato a ponente della spianata della fortezza di San Leo e qui fu sepolto come un infedele. La decisione dell’arresto di Cagliostro era stata presa dopo una riunione tra il Papa Pio VI ed il suo Segretario.  Nella notte del 27 Dicembre 1789 Cagliostro era stato  incarcerato a Castel Sant’Angelo con  imputazioni  molto gravi: esercizio dell’attività massonica, magia, di bestemmie contro Dio ed altro ancora. Reo confesso ,dopo essere stato torturato, incorse nelle pene attribuite agli eretici formali, eresiarchi, maestri e seguaci della magia superstiziosa.  Per  grazia speciale, gli si commutò la pena di morte nel carcere a vita da scontare nella fortezza di San Leo, nello Stato Pontificio. Fu  trasferito in una piccola cella di dieci metri quadrati  chiamata il Pozzetto, perché priva di porta, tanto che vi  fu calato da una botola del soffitto. La cella aveva una  piccola finestra, con una triplice serie di sbarre da cui si poteva vedere soltanto la chiesa del paese. Cagliostro era nato a Palermo il 2 Giugno 1743 in uno dei vicoli più chiassosi e poveri del quartiere dell’Albergheria (nda.Via della Perciata), secondogenito di Felicia Bracconieri e Pietro Balsamo, mercante di stoffe morto  poco dopo. Il piccolo fu affidato ad una parente sposata con un farmacista e presto  iniziò a familiarizzare con polveri e unguenti e ad interessarsi di medicina. Passione che continuò a coltivare anche negli anni di scuola trascorsi al Seminario di San Rocco, dove, intrattenendosi con i frati speziali, apprese le prime nozioni di medicina e botanica. La sua natura irrequieta e ribelle, determinò l’espulsione dalla scuola. Allora la madre mise a  bottega presso  un pittore, dove Giuseppe  aguzzò la sua genialità apprendendo l’arte del copiare. L’ambiente della strada però lo affascinava di più , iniziò così a vivere di truffe e raggiri. Quello che gli costò l’esilio da Palermo, fu l’imbroglio a danno dell’orafo Vincenzo Marano. Convinto da  Balsamo che con la magia avrebbe potuto dissotterrare i tesori lasciati dagli arabi, si lasciò condurre in un antro buio dove lo attendevano, travestiti da demoni, alcuni delinquenti lo picchiarono e lo derubarono. Nel 1766, sbarcò a Malta e seguendo il Gran Maestro Manuel Pinto de Fonseca imparò molto sulla contemplazione filosofica e sull’alchimia, ottenendo dopo due anni di studio l’ammissione ufficiale all’Ordine dei Cavalieri di Malta.  Si stabilì a Roma in un quartiere povero, dove intraprese l’attività di scrivano e copista; qui  conobbe Lorenza Feliciani, figlia di un fonditore di bronzo, una ragazza di quindici anni, dai lineamenti delicati, con gli occhi azzurri ed i capelli biondi, bellissima e ignorante, infatti, non sapeva nè leggere nè scrivere, in compenso eccelleva nella scaltrezza e nella malizia. Se ne innamorò talmente che la sposò il 20 Aprile 1768 nella chiesa di San Salvatore in Campo. La  coppia girovagò per l’Europa  e si stabilì  a Londra e a Parigi,  mantenendo  un tono di vita alto grazie alle truffe, Lorenza  circuiva  persone ricche e potenti, Cagliostro  creava  delle Logge massoniche e truffava gli affiliati.  Guarì moltissime persone ritenute dalla medicina tradizionale senza speranza, somministrando loro le sue misteriose pozioni a base di erbe, rivolse  le sue cure anche  ai poveri ed ai diseredati.  Fu un grande indovino. Annunciò la morte dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, che avvenne otto giorni dopo e predisse gli avvenimenti politici che sconvolsero la Francia: la rivoluzione del 1789, la morte dei regnanti, la nascita della Repubblica.  Per la sua fama fu odiato da gente potente. Fu perciò imprigionato e poi rilasciato in Francia e in Inghilterra.  Si trasferì con la moglie in Italia, fu a Torino, Alessandria, Genova, Parma, Trento, cercando sempre l’approvazione della Chiesa al suo “rito egiziano”.  L’aiuto per  presentarsi in Vaticano gli fu dato dal vescovo di Trento, appassionato  di alchimia. Questi, infatti, gli inviò una lettera con cui lo  convinse di stabilirsi a Roma, dove  Cagliostro cercò  invano di farsi ricevere  in Vaticano  per far riconoscere ufficialmente dal Papa la sua Massoneria .  Il 26 Settembre 1789, la moglie Lorenza, consigliata dai parenti, lo accusò alle autorità ecclesiastiche di eresia e di appartenere alla massoneria. Il Sant’Uffizio fece pervenire al Papa Pio VI un rapporto particolareggiato sulle attività del Cagliostro. Il Papa, dopo avere consultato alcuni cardinali inquisitori, la sera del 27 Dicembre lo fece arrestare insieme alla moglie. Fu condotto nella fortezza di Castel Sant’Angelo. Qui rimase abbandonato da tutti per cinque lunghi mesi, fino al maggio del 1790, quando cominciarono gli estenuanti interrogatori che lo annientarono nel corpo e nello spirito, fino alla fine del processo che avvenne il 7 Aprile 1791. La Santa Inquisizione lo accusò, oltre che di eresia, anche di praticare la negromanzia, di aver formato sette e soprattutto lo condannò a morte per la sua attività massonica. Stanco per le torture ed i maltrattamenti subiti, da quel sistema cinico e spietato che era l’Inquisizione, il grande mago in ginocchio e col capo coperto, chiese perdono per i suoi misfatti e pronunciò l’abiura d’eretico. Il pontefice Pio VI con una  grazia speciale, gli commutò la pena in ergastolo, da scontare in un carcere di massima sicurezza. Questa concessione, però, gli costò l’umiliazione di chiedere  pubblicamente perdono, fu costretto a percorrere un tratto di strada a piedi nudi e con indosso un saio e in mano un cero, alla mercé di un popolo crudele che lo derideva e lo insultava, mentre il fuoco bruciava i suoi scritti e le insegne massoniche. Da Castel Sant’Angelo, Cagliostro fu trasferito nelle carceri di San Leo il 20 Aprile 1791. Qui trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita. La  durissima prigionia  lo portò prima alla follia e poi alla morte, che avvenne nella notte fra il 25 e il 26 Agosto 1795.

 

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