LA FOLLIA DEL SOLE
(Gabriella Maggio)
In questo nostro tempo frettoloso e precipite, in cui l’apparire prevale ampiamente su ciò che appare, un libro di poesia come questo di Elisa Roccazzella con la sua fertile lentezza silenzia, nel tempo sospeso della lettura, l’incessante frastuono dell’attualità. “La follia del sole” edita da Thule nel 2018 segue a distanza non inoperosa I favi d’Hybla dello stesso editore. Dice infatti Elisa Roccazzella della sua poesia : Sei andata via…/sì…sei andata via!/ Ma non ti ho perduta,/so che presto tornerai/come sempre sei tornata/-tenera di lauri e mirti-/ sì…ritornerai/ per rendermi la scintilla/di quel fuoco/che divora il mio cuore/ di poeta..(in Vergine o vestale-alla mia musa). Il titolo “La follia del sole” rimanda al tema sotteso alla raccolta, il sole ora rappresentato come speranza, natura fiorente di primavera ora come follia che acceca di luce e fa deviare verso il male. Il tema è sviluppato in maniera diretta : sarò sole …folle e abbagliante…, o indiretta per mancanza : Piove nel nero delle lunazioni,/nello sgangherato delle imbarcazioni,/ nel tetro dell’onda che tradisce/ che ha solo il peccato di un sogno. Anima antica e profonda Elisa Roccazzella insegue nel tempo del suo ritmo poetico la mancanza di qualcosa che è ”chissà dove” o accaduta “chissà quando”. Il dato soggettivo colto con immediatezza è espresso da una scrittura d’impianto classico e in una discorsività priva d’intermediari ed orpelli, diretta a cogliere ogni proprio movimento interiore : inaugurando scale/ e solfeggi di memorie / folgorata da lampi d’emozioni/ dove precipito per presto risalire, /in un angolo del cuore/entrerò dentro le parole ( in Dentro le parole) e ancora le tue parole/- come raggi dorati-/pioveranno all’ombra della mia passione ( Bella più che mai –alla poesia). L’inquietudine della vita s’acquieta in una trama musicale che ricorda la lieve risacca del mare calmo su una spiaggia di piccoli ciottoli, frusciante e sapida di incanto e mistero, ansiosa di autentico. “La follia del sole “ dialoga con “I favi d’Hybla” per il senso vivo e panico della natura, osservata con occhio commosso o affiorante da tempi passati, per il mito che sostanzia la Sicilia, per la fede e gli affetti personali: “ in questa mia terra/-dove grande al sole predica l’ulivo-/ e primitivo azzurro/a grazia di mandorli e ginestre/ sfuma paradisi in leggerezza d’acquerello,/ io scommetto sogni/ e cesello…madrigali/ alla ruota dei giorni/ cigolanti di memorie/ come i carretti del passato” ( in In questa mia terra). Ma se ne distingue per uno sguardo più limpido e ampio che abbraccia tutta la vita come nel conclusivo poemetto Il seme della memoria.