LE VASTASATE

(Francesco Paolo Rivera *)

La parola “vastasu” in dialetto siciliano (e anche in qualche altro dialetto del meridione) significa “ineducato”, e sicuramente non è una bella parola, però se usata in tono scherzoso non è offensiva. La parola deriva dal greco “bastazo”, che aveva il significato di “portare”, infatti i portatori, gli scaricatori che provenivano dal basso ceto sociale, avevano modi rudi, e forse è per questo che la parola venne assunta nel dialetto siciliano per indicare personaggi non molto gentili. Tuttavia, nel dialetto siciliano, si definisce (o si definiva) “insalata vastasa” quella nella quale vengono mescolate patate e fagiolini lessi, pomodori, cipolle, spezie, peperoncino … e quant’altro … rimasto in cucina. Si usava (non si sa se usa tutt’ora) anche in edilizia per indicare quella trave che sorregge il soffitto, la trave portante … la “trave vastasa”. Il “Nuovo Dizionario Siciliano di Vincenzo Mortillaro (3^ Edizione  1881 – ed. Arnoldo Forni) definisce la parola “vastasata (o vastasaria) come “rappresentazione teatrale che espone fatti popolari e ridicoli, in lingua nazionale, sovente aggiungendo nel momento ciò che credono i recitanti a proposito, senza stare rigorosamente ai detti del suggeritore.” Si usava, quindi, anche per indicare il teatro popolare, molto rinomato nel settecento a Palermo, che sostituì il Teatro delle Marionette (l’Opera di li Pupi), ove si rappresentavano le leggende cavalleresche del ciclo carolingio, quando questo, verso la fine del XVIII secolo, venne abbandonato e, in un certo senso, sepolto, con gli scenari e i paladini, in un magazzino entro il Palazzo Partanna in piazza Marina. Nell’ultimo trentennio del secolo, una brigata di popolani ingegnosi, di linguaggio facile e, soprattutto, colorito, propose un teatrino tutto siciliano: “Il Casotto delle Vastasate”. Il gruppo, trovò chi affrontò le prime spese e quindi si avventurò a rappresentazioni della vita e dei costumi siciliani. I primi attori il portiere della Corte del Giudice della Monarchia, don Giuseppe Marotta (1) (sicuramente il più piacevole e arguto attore, che tramandò le sue rappresentazioni e i suoi personaggi), Giovanni Pizzarone, Giuseppe D’Angelo, Giuseppe Sarcì (portiere del Lotto), Gaetano Catarinicchia ((basso curiale, cioè cortigiano aulico). Ignazio Richichi (orefice), Giovanni Richichi (argentiere, divenuto poi attore nella Compagnia dialettale del Teatro San Ferdinando), Mario Frontieri (sarto), Francesco Corpora (portiere al Conservatorio del Buon Pastore) … per indicare i più famosi …; nulla è rimasto, per iscritto infatti, questi attori erano tutti analfabeti  Nel 1785 la “brigata” era già famosa, il suo capo si “inventava” un soggetto, ne tracciava i dialoghi, li designava agli attori ai quali lasciava la facoltà e l’abilità di quello che dovessero dire e come lo dovessero dire, fintanto chè la Compagnia non ebbe il nuovo Capo: don Biagio Perez, fecondissimo intellettuale, il quale ideava e scriveva le farse e le commedie che faceva imparare a memoria agli attori, e per i soggetti … frequentava i cortili, i vicoli e la gente che li abitava, ed erano proprio i popolani che con i loro litigi, con le loro chiacchere, gli suggerivano gli argomenti e le forme del suo teatro. I personaggi …: Nofriu (facchino sciocco, beone) rappresentato dal Marotta, Japicu (padre stupido), rappresentato dal Richichi, Tofalu (altro facchino malizioso, degno riscontro di Nofriu, dal quale non si scostava mai) rappresentato da Mario Frontieri,  Caloriu (Calogero, servitore provinciale “torto e baggeo … ciancianisi (3)”) rappresentato da Porpora. e Carlo Montera (curiale) che rappresentava il notaio messinese don Litteriu Mario sempre assistito da Gaetano Gulotta nella parte del servo scaltro e raggiratore. Naturalmente il sesso femminile era escluso dalla Compagnia … la parte di Laura moglie di Nofriu (vecchia e astuta ciarliera) era rappresentata da Catarinicchia, Lisa (servetta scaltra e civettuola) veniva rappresentata da Sarcì (2); Sabbedda (altra serva imprudente) veniva rappresentata da Carmelo Ganguzza. Le recite avvenivano nel “casotto” (una specie di teatrino eretto nel piano della Marina) di inverno, all’aperto nelle calde serate estive, la gente – specie coloro i quali non potevano frequentare i due teatri della Città … accorreva numerosa, sia perché la spesa era minima ma soprattutto perché le facezie, gli equivoci, gli avvenimenti dei quali erano spettatori li divertivano … spesso i dialoghi (anche per la assoluta mancanza di testi scritti) venivano improvvisati dagli attori, … e tale era il successo che si decise di fare, ogni giorno, due spettacoli (uno all’imbrunire, alla fine del lavoro quotidiano e uno alla sera). I costumi … erano gli abiti propri giornalieri degli attori o comunque presi in prestito dai parenti, dai vicini. Non si recitava il venerdì, e nei mesi di ottobre, novembre e dicembre si prendeva il riposo assoluto. Durante la festa di Santa Rosalia era proibita ogni rappresentazione di argomento non sacro. Qualche volta, alcune rappresentazioni contenevano brani cantati a una o più voci, … l’abate Catinella era il poeta che scriveva le musiche.

Molti gli accenni di storici e i commenti dei cronisti sia siciliani che stranieri:

  • Francesco Maria Emanuele Gaetani marchese di Villabianca (nel suo “Diario Inedito” dal 1785 al 1800) le qualificava “Commedie ordinarie, improntate burlesche dette bastasate, le quali però non ostante che ignobili, sono le più frequentate”; e, inoltre (nel 1790), “In piazza Marina, nel Casotto, commedie ordinarie cioè improntate, fatte da nostrali comici, bastasate in lingua siciliana, che sono opere buffe, nelle quali fa (agisce) il celebre Giuseppe Marotta,”,
  • Hager (viaggiatore inglese), che li vide alla Marina, notò che le attrici erano uomini travestiti da donna, che le parti burlesche erano eseguite sempre da un attore che raffigurava un facchino, che gli scherzi principali erano le percosse, le bastonate e il linguaggio tutti siciliano;
  • Galt (viaggiatore scozzese) trovò tra gli attori “il più popolare uno che rappresentava il carattere volgare siciliano più accentuatamente di quello che si facesse per i caratteri anglosassoni;
  • il parroco G. Alessi (nel 1795) “Oggi la voce “farsa” è andata in disuso, chiamasi “zanni” (4) e suol farsi sul piano della Marina e in quello dei Bologni.”;
  • Giovanni Meli guardava con disprezzo tale tipo di rappresentazioni … “Per comprendere in quanto dispregio sono al presente presso i cittadini gli abitanti dei villaggi delle campagne, basta portarci una o due volte ad ascoltar le commedie nazionali, dove si osserva costantemente che fra li ceti degli uomini, quelli nell’ultima derisione sono i facchini e i contadini.

e, questi i giudizi della pubblica amministrazione:

Pietro Lanza P.pe di Trabia Capitano Giustiziere (5) nel 1793 le qualificava spettacoli di non troppo odorato buono, perché, per lo più, pieni di sentimenti plebei e spesso indecenti, e che sicuramente non corrispondono al fine per cui si permette la buona commedia, che sarebbe quello di onorare le virtù e porre in disprezzo il vizio,”, poi nel 1794, così modificava la precedente qualifica: “Analizzando questa improntata (atteggiamento) siciliana, comunque sia stata definita per spettacolo di sentimento alquanto indecente, non racchiude nelli medesimi che uno scherzo passeggero e niuna conseguenza. Il ricorso, per altro a queste improntate suole accadere di persone che si uniscono tali sentimenti. Non si sono mai fatti leciti gli altri in queste improntate di scherzare contro la religione. Le persone poi che dirigono tali improntate sono più che circospette.” … e concludeva — perciò … “Il governo le ha sempre permesse.” Tuttavia tali spettacoli della “compagnia Marotta-Perez” ebbero un grande successo, che faceva gola anche ad altri artisti e impresari da strapazzo, che tentarono di inserirsi in tali imprese. Molti tentarono di mettere in piedi compagnie dialettali, alcuni riuscirono ad ottenere le licenze necessarie per questo tipo di spettacoli, ma spesso queste nuove compagnie non riuscivano a mettere insieme i soldi (16 onze) dovuti alla Deputazione per le strade, quale tassa per occupazione del suolo pubblico. Tantissime le domande, tantissime le autorizzazioni accordate dal Capitano giustiziere, p.pe di Trabia – il quale non intendendo fare dei favoritismi – non rifiutava i permessi, ma  la “Compagnia Marotta-Perez”, malgrado fosse osteggiata da emuli e da avversari, primeggiava su tutti anche in periodo di ristrettezze economiche (nel 1794 a causa dell’aumento del prezzo dello zucchero, scarseggiavano anche i gelati). “La gente che frequenta i casotti, non frequenta il Santa Lucia. I casotti sono sforniti di tutti quei comodi che dappertutto vuol trovare la culta ed onesta gente, e in essi vengono dati degli spettacoli che quanto conciliansi l’immaginazione e soddisfano al gusto del popolo, altrettanto sono incapaci di trattenere le culte ed eleganti persone.” Questa la corretta osservazione del Capitano Giustiziere. Moltissimi i titoli delle rappresentazioni (Giuseppe Pitrè ne ha elencate una trentina), purtroppo, però, i testi non sono pervenuti fino a noi … gli autori, gli attori, gli sceneggiatori … erano tutti analfabeti!  Dai titoli delle rappresentazione sembrerebbe di capire che i soggetti delle commedie si riferivano alla vita quotidiana del popolo (intrighi, baruffe, baldoria), si rappresentava il lato comico, ma pare che anche qualche episodio di cronaca nera di quei tempi fu oggetto di rappresentazione (Anna Bonanno. la vecchia dell’aceto, strangolata il 30 luglio 1789 sulla forca, ai Quattro Canti, o la cattura e la condanna a morte del brigante Testalunga). Nel 1799 quando Ferdinando di Borbone fu costretto a fuggire da Napoli e a rifugiarsi a Palermo (a seguito della Rivoluzione francese), incuriosito volle visitare il Casotto delle Vastasate di piazza Marina e assistette all’unica rappresentazione della quale si ha conoscenza scritta: “Lu  curtigghiu di li Raunisi (6)”. L’ironia, l’allegria e la spensieratezza del popolo palermitano, espressi in questa commedia, piacquero molto al Re, anche se l’intreccio fosse piuttosto deficiente, il dialogo animatissimo, l’attitudine dei comici, il dialetto siciliano puro che pare abbia portato qualche difficoltà di comprensione agli spettatori, convinsero il Re che gli attori fossero più naturali di quelli del Teatro San Carlino (di Napoli). Secondo Giuseppe Pitrè: non è vero che la Sicilia non abbia avuto un teatro dialettale siciliano, … un teatro dialettale … vi fu e si credette così proprio e caratteristico della Sicilia, che da tutti venne appellato nazionale; e commedie nazionali furon dette le vastasate, sì perché la Sicilia era per i siciliani una nazione, e si perché pei dotti di essa, specialmente nel XVIII secolo il dialetto voleva levarsi a dignità di lingua. E, se è consentita, in questo contesto, una considerazione; il teatro dialettale popolare palermitano continuò. oltre il diciottesimo secolo …: forse alcuni lettori, (quelli meno … meno … meno giovani), ricorderanno che, nella seconda metà degli anni 40 del secolo scorso, subito dopo la guerra, in piazza Sant’Anna, capolinea di tutte le corriere che venivano in Città dai piccoli centri della provincia, transitavano coloro che “fornivano” il mercato nero cittadino di generi alimentari … (li chiamavano ‘ntrallazzisti” … dal latino “inter laqueus”);  transitavano anche abili manipolatori, che tramite il gioco delle tre carte o di altri giochi similari, fregavano gli ingenui provincialotti … e sparivano … tutte le volte che il grido “’a zaffa” annunciava l’arrivo della forza pubblica. In un angolo della piazza, su una coperta di tipo militare distesa per terra, per sostituire il palcoscenico, uno o più artisti di strada, intrattenevano, con molto successo, con le loro vastasate … il pubblico dei provinciali in attesa della partenza delle corriere che li riportassero a casa; … forse qualcuno di quei meno … meno … meno giovani ricorderà, che a calpestare la coperta che sostituiva il palcoscenico … ci furono Franco Franchi e … forse … anche Ciccio Ingrassia!

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Lions Club Milano Galleria – distretto 108 Ib-4 – matr. 434120.

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  • da non confondere con l’amm. del. dell’Inter, né con lo scrittore, commediografo e sceneggiatore napoletano;
  • con la sua voce femminile pare che abbia fatto innamorare un assiduo frequentatore del Casotto, il quale avendo sollecitato un incontro ravvicinato con la Lisa … restò … con un palmo di naso !;
  • Baggeo sta per “inetto”, era l’incrocio tra “baggiano e babbeo” e proveniente da Cianciana in provincia di Agrigento;
  • Zanni era un personaggio della commedia comica dell’antica Roma;
  • il Capitano giustiziere era il funzionario più alto in grado preposto all’amministrazione giurisdizionale del Regno di Sicilia;
  •  erano gli abitanti di Aragona in provincia di Agrigento

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