POPULISMO
(Francesco Paolo Rivera *)
Nell’editoriale di giugno del Vesprino si fa riferimento a una parola che tutti i giorni leggiamo sulle pagine dei giornali, che sentiamo pronunciare – in senso positivo o negativo – dagli uomini di partito, e anche – propriamente o impropriamente – dalla gente comune: “Populismo”. L’editoriale, il cui contenuto è da me condiviso, parola per parola, è firmato dall’Amica Gabriella Maggio, che stimo sia per la semplicità del linguaggio che per la capacità di sintesi, tuttavia da curioso lettore di avvenimenti storici, in conseguenza dell’uso, spesso improprio, che si fa di questa parola, mi intriga ricercare la provenienza, il significato, la evoluzione della parola “populismo” e soprattutto chi ne ha fatto uso nel tempo (in maniera corretta o scorretta) e condividere la ricerca con i lettori, rimanendo, nella esposizione, il più possibile imparziale. Il “populismo” viene definito dalla “Treccani” “un atteggiamento culturale e politico che esalta genericamente il popolo, sulla base di principi e programmi ispirati a una visione demagogica del socialismo”. Nasce, nella seconda metà del XIX secolo, dalla parola russa “narodnicestvo” (se, come si dice, “narod” significa “popolo”, “narodnic” significherebbe “populista”) caratterizzato dalle idee socialisteggianti legate alla tradizione rurale delle campagne russe, che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita delle classi contadine e dei servi della gleba (affrancati nel 1861 dallo zar Alessandro II°) mediante la realizzazione di una specie di socialismo rurale in antitesi alla società industriale. Era influenzato dalle idee del noto filosofo, politologo e rivoluzionario Petr Lavrovic Lavrov (1823-1900) il quale, fuggito dalla Russia, riparato a Parigi, prima e poi a Ginevra, diresse la rivista socialista in lingua russa Vpered (l’Avanti) e divenne poi condirettore del giornale populista Vestink Narodno Voli (il Giornale della Volontà del Popolo … pare che si traduca così). Sotto la influenza del pensiero dei filosofi tedeschi Ludwig Feuerbach ed Emanuele Kant. la sua filosofia venne denominata “antropologismo critico” (l’uomo quale centro e sorgente stessa della natura e delle storia, le quali non esistono in sè ma perché esiste l’uomo). Interessanti le teorie filosofiche di Lavrov (definite “socialismo umanitario”), che egli cercò di scientificizzare sotto l’influsso di Marx, ma che rimasero sempre prive delle categorie oggettivo-economiche del marxismo. Negli Stati Uniti d’America nacque il Partito del Popolo (Populist o People’s Party), sorto dalla unificazione dei Grangers (Grange sinonimo di massoneria), che era una associazione sindacale dei farmers (contadini) americani, costituita nel 1867 allo scopo di organizzare gli agricoltori in difesa della categoria. Fu presieduta da James B. Weaver (candidato alle elezioni alla Presidenza degli USA dell’anno 1893), che oltre a miglioramenti della vita delle classi contadine, le quali erano in conflitto con i grandi gruppi industriali e finanziari, chiedevano il voto popolare diretto per la elezione del Presidente e delle altre cariche politiche. Sempre per questo partito, venne candidato alle elezioni presidenziali del 1896 e a quelle del 1900 W.J. Brian, ma non si raggiunse mai il numero sufficiente di rappresentanti al Congresso. Il partito venne sciolto, dopo le elezioni del 1908, anche perchè erano stati raggiunti gli obbiettivi prefissati. Passando poi alla Francia e tenendo da parte il pensiero del filosofo J.J.Rousseau, a cui si vorrebbe attribuire la fondazione del populismo, nel 1929 fu fondata una scuola letteraria da Leon Lemonnier (il quale ne scrisse il Manifesto) e da Andrè Therive, tendente a riportare il romanzo, viziato da intellettualismo e psicologismo borghese, a temi e motivi popolari. Il termine è stato usato in Argentina, per il movimento politico promosso da Juan Domingo Peron (peronismo), trasformato successivamente dalla corrente di sinistra, in sintonia col socialismo internazionale, a opera di Nestor Carlos Kirchner e della di lui moglie Cristina Fernandez, nel movimento denominato Kirchnerismo e in Venezuela, ove prese il nome di Chavismo (da Hugo Chavez), e ciò perché, spesso, in questi Stati latino americani si ricorreva, per le decisioni politiche, alle consultazioni popolari, ai referendum e ai plebisciti. L’esempio più tipico di populismo, nel senso europeo della parola si ebbe in Germania. Dopo la crisi economica del 1930 la Germania era, economicamente, pressoché sul lastrico e nella ricerca di una nuova guida che ripristinasse la identità del paese. Il popolo tedesco votò, nel 1933, (in sostituzione del presidente della Repubblica di Weimar, il generale Paul von Hindenburg) a grandissima maggioranza, Adolf Hitler.“Il pericolo, in tempo di crisi, ci fa cercare un salvatore che ci restituisca la nostra identità e ci difenda …” opinò il giornalista spagnolo Antonio Cano (El Pais). Si trattò (contrariamente a quanto avvenne in Italia nel 1922 col fascismo) di voto plebiscitario, che, purtroppo, produsse le conseguenze che tutti ben conosciamo! “Sortez les sortant” fu lo slogan del sindacalista francese Pierre Poujade, definito uno dei padri del moderno populismo europeo. In nome dei “piccoli cittadini” egli denunciò con veemenza lo “Stato vampiro” e i suoi “mangioni” e fondò l’Unione della difesa dei commercianti e artigiani – UDCH – che conobbe un grande successo verso la fine della 4^ Repubblica e sotto il nome di Unione e Fraternità Francese conquistò fino a 52 deputati all’Assemblea nazionale del 1956. Ma con la 5^ Repubblica non riuscì ad essere eletto alle elezioni europee. In Italia, il termine “populismo”, arriva dopo la prima guerra mondiale, se ne trova esempio in un articolo del 3 dicembre 1921 pubblicato su Ordine Nuovo (rivista fondata da Antonio Gramsci), a firma di Giuseppe Baretti (pseudonimo di Piero Gobetti). Era considerato un atteggiamento politico e culturale che esaltava il popolo, fondato su principi e programmi ispirati al socialismo. E’ stato molto usato sotto diverse varianti: “populismo democratico, costituzionale, autoritario …”, come una ideologia del popolo compatibile con basi sociali, dottrine politiche e regimi assai differenti (secondo Nicola Tranfaglia). Lo si usa, negativamente, nei confronti del fascismo prima, del berlusconismo poi (definito – questo ultimo – da Guy Hermet un esempio di “neo populismo mediatico ovvero una forma di demagogia che fa dei mass media il suo veicolo di diffusione”) e di tutti gli altri movimenti politici destrorsi che volevano prendere le distanze dai partiti di massa, democratici. Tra i movimenti politici tendenti a distanziarsi dai partiti tradizionali, si sono evidenziati nel centro sinistra due movimenti: “l’Italia dei valori” di Antonio Di Pietro e il “Movimento 5 Stelle” attualmente al Governo, che per bocca dei suoi fondatori, ha rivendicato, in senso positivo, la “vicinanza al popolo e ai suoi valori”. I giornalisti e gli studiosi di scienze politiche usano spesso il termine “populismo” in maniera contraddittoria, alcuni per fare riferimento ai costanti appelli al popolo, tipici di un politico o di un movimento, altri per riferirsi a una dialettica per attirare il popolo anche a mezzo di atteggiamenti propagandistico, altri, ancora, per definire nuovi movimenti politici per i quali non trovano la classificazione. Negli anni, nell’intento di precisarne il significato, sono state proposte da vari studiosi, nuove definizioni. Ad esempio:
* una ideologia secondo la quale al popolo, virtuoso e omogeneo, si contrappongono alcuni gruppi elitari e una serie di nemici che attentano ai diritti, ai valori, ai beni, alla identità e alla possibilità di esprimersi del “popolo sovrano”;
* per coloro per i quali il “populismo” deve essere incluso nella categorie delle democrazie, il movimento trae le sue origini dal “bonapartismo” e dalle ideologie della rivoluzione francese (J.J.Rousseu);
* per coloro che si riferiscono ai totalitarismi dei regimi di Mussolini, di Hitler, di Stalin, di Castro, di Mao e di King Il-Sung (Nord Corea) il “populismo” è definito come il rapporto diretto tra il politico e le masse. Secondo Javier Solana (già Segr.Gen. per la politica estera dell’U.E.) e di altri con lui, nel secondo decennio del XXI secolo, il populismo si è diffuso in tutti i partiti, anche in quelli che non sono populisti, nella variante “populismo democratico”. Secondo il politolo irlandese Peter Mair, l’ingresso del populismo nell’agone dimostra come la crisi dei partiti abbia distrutto l’equilibrio tra i due pilastri (quello popolare e quello costituzionale) delle democrazie occidentali europee. Contemporaneamente i movimenti populisti si scagliano contro le elite economiche e politiche, perché a loro dire non fanno gli interessi del popolo … a questo proposito, l’uomo della strada afferma che “le cose vanno male” ... Nelle democrazie dell’Europa occidentali le competizioni elettorali sono in declino, i partiti registrano un calo di partecipazioni, dopo un secolo di aspirazioni e di pratica democratica, l’impatto di questi cambiamenti hanno portato gli elettori a disertare la competizione politica. Secondo Domenico Fruncillo (del dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Salerno), i movimenti populisti adottano due strategie mediatiche: in primo luogo tendono a promettere politiche e provvedimenti per assicurare coloro che temono rischi futuri provocati dai cambiamenti proposti. E in proposito il politologo irlandese Peter Mair commenta “il loro ingresso nell’agone dimostra come la crisi dei partiti abbia fatto saltare l’equilibrio tra i due pilastri – quello popolare e quello costituzionale – delle democrazie europee occidentali”: in secondo luogo (è la risorsa più importante dei populisti, anche perché è la risorsa alla quale spesso ricorrono i politici di altri partiti) promettere … qualcosa che molto difficilmente potrà essere portata a termine …! Inoltre i movimenti populisti addebitano le responsabilità di tutte le difficoltà economiche e politiche del popolo agli altri partiti, … “se le cose vanno male è perché i rappresentanti non fanno gli interessi del popolo” e proprio su questo argomento fanno maggiore breccia sull’opinione pubblica. Secondo Marco Revelli (docente di scienze politiche all’Università del Piemonte orientale) il populismo si è manifestato in forme molto diverse nel corso della storia, e particolarmente presenta differenze interne diverse in Europa e negli USA, basta pensare alla vittoria di Donald Trump e all’ascesa di Marine Le Pen. Tuttavia un denominatore comune esiste: il populismo è sempre indicatore di un deficit di democrazia cioè di rappresentanza. E continua:
Tramonta la democrazia a pluralismo reale e a rappresentanza sociale che ha caratterizzato l’ultimo mezzo secolo: quella democrazia fondata sulla libera e aperta competizione tra sistemi contrapposti di opinioni, tra progetti alternativi di società, la democrazia che riconosceva, come propria, la reciproca diversità, in cui si tentava di rendere il conflitto non devastante, senza cancellarlo. Finisce questo modello di democrazia, ed emerge tra le ombre del futuro, la democrazia populistica e oligarchica di fine secolo, disponibile all’alternanza (tra elite omologhe simili tra loro) ma non all’alternatività tra politiche sociali opposte, tra antagonistiche idee di società. La democrazia dell’unanimismo dei fini e delle differenza (parziale) dei mezzi o dei ceti politici che li perseguono. La democrazia della gente atomizzata, dispersa e per questo socialmente impotente, e dei poteri forti concentrati, privi di vincoli, proteiformi e mobili nello spazio globale, e per questo inevitabilmente egemoni.
Secondo il politologo Marco Tarchi (docente di comunicazione politica e teoria politica all’Università di Firenze), i partiti tradizionali e i nuovi populismi non danno risposte convincenti all’elettorato che, pertanto, decide di affidarsi a portatori di ipotesi più radicali, e così l’estrema destra torna alla ribalta. Tuttavia si afferma che l’estrema destra ha ben poco da spartire col populismo. Si afferma, infatti, non interpreta nello stesso modo i concetti base a cui si richiama, non ha la stessa visione del mondo e della società, non ha la stessa considerazione degli strumenti che impiegano in politica. Se per i populisti la democrazia è il regime ideale che andrebbe realizzato integralmente tramite canali di espressione diretta, senza mediazioni istituzionali, per l’estrema destra invece è un regime criticabile perché rovescia il principio di autorità ed è soggetto alla volubilità delle masse. I partiti populisti pensano che le elezioni svolgano una funzione essenziale non solo per raggiungere il potere, ma anche per mantenerlo ed esercitarlo, mentre per la estrema destra le urne sono una scorciatoia per raggiungere lo scopo e quindi può farsene anche a meno. Secondo l’opinionista Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera), … la democrazia è nata per consegnare il potere politico nelle mani di coloro che non hanno il potere economico … che costituiscono la maggioranza dei votanti … che lo adopereranno per migliorare le proprie condizioni di vita. … l’attività di governo consisterà nello spendere a favore di chi non ha … il consenso elettorale dipende dalla promessa di farlo …! Prima di concludere questo compendio di opinioni, si ritiene opportuno fare accenno a un nuovo “…ismo”, che è stato, unitamente al “populismo”, oggetto di citazione del nostro attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, nel suo recente intervento all’assemblea generale del’ONU: il “sovranismo”. “Quando qualcuno ci accusa di sovranismo e populismo amo sempre ricordare che sovranità e popolo sono richiamati dall’art. 1 della Costituzione, ed è in quella previsione che interpreto il concetto di sovranità e il suo esercizio da parte del popolo.”
Naturale la domanda: cosa è il “sovranismo”?
E’ un neologismo che deriva dalla parola “sovrano” mutuato dal francese “sovranisme”, definito dalla Treccani “posizione politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovrannazionali di concertazione.”
In poche parole, il sovranismo si oppone al trasferimento di poteri dallo Stato nazionale a un organismo internazionale. Il termine si assume che sia nato in concomitanza con la nascita della Comunità europea, e utilizzato, per la prima volta, nel 1960 da coloro che rivendicavano l’indipendenza del Quebec (francofono) dallo Stato federale del Canada. Il primo esempio di sovranismo europeo si ha con la Brexit, mentre negli USA, molti politologi sostengono che il presidente Trump stia privilegiando proprio la politica sovranista. E, per concludere,
con l’opinionista Peter Wiles (Populism: Its meaning and national caracteristics): “A ognuno la sua definizione di populismo, a seconda del suo approccio e interessi di ricerca.”
con il politologo statunitense Francis Fukuyama: “Populismo è l’etichetta che le elite mettono alle politiche che a loro non piacciano ma che hanno il sostegno dei cittadini.”
Qui finisce questa indagine, … infatti, trattandosi di argomento “politico” esaminato (si spera, imparzialmente) da un Lions, su una rivista scritta e letta da Lions e da simpatizzanti Lions, quindi da Amici (o presunti tali) … è preferibile non parlare di “politica” tra Amici …, si rischierebbe di perdere l’amicizia!
* LC Milano Galleria distretto 108 Ib-4