UN VESCOVO GUERRIERO
(Tania Morsini)
Discendente da una famiglia longobarda proprietaria del territorio d’Intimiano in Brianza, figlio dei nobili Gariardo e Berlinda , Ariberto, nacque intorno al 980 e si formò probabilmente nella scuola capitolare di Milano. Nel 1018 fu consacrato arcivescovo di Milano dall’imperatore Enrico II “consultu maiorum civitatis ac dono imperatoriae potestatis”. Ma la sua vita di prelato non fu tranquilla perché dovette fronteggiare contrasti interni ed esterni. Ai motivi religiosi si intrecciarono quelli politici e quelli legati all’ambizione personale che lo spinse sempre ad affermare la superiorità della diocesi di Milano sull’intera Italia settentrionale. Il contesto storico del tempo ammetteva commistioni tra potere temporale e spirituale, soprattutto nelle alte cariche religiose inserite nell’ordinamento feudale per cui i prelati si trovavano nella condizione di essere vassalli dell’imperatore e a loro volta di avere valvassori. Alla morte di Enrico II, nel 1024, Ariberto si recò immediatamente a Costanza a rendere omaggio al suo successore, Corrado II il Salico, ottenendo in cambio l’abbazia di Nonantola e il diritto di nominare il vescovo di Lodi, che da questo momento diventò vassallo dell’arcivescovo di Milano e non più dell’imperatore. Come vassallo imperiale combattè in Borgogna per Corrado II contro Oddone di Champagne. Successivamente la ribellione dei valvassori indusse Ariberto a chiedere aiuto all’imperatore, ma quando questo intervenne il popolo di Milano insorse e Ariberto ne prese il comando perché il contrasto con l’imperatore diventò grave. Per condurre in battaglia la massa degli uomini senza preparazione militare Ariberto fece collocare un grande palo su un carro a quattro ruote , vi pose una croce in cima e diede l’ordine di seguirlo sempre e no perderlo di vista. Lo scontro non avvenne, ma il “carroccio” rimase come simbolo della città.