LA PAROLA ALL’IMMUNOLOGIA
(Pino Morcesi)
Un modo per combattere il razzismo è impostare la discussione su base scientifica e sfruttare il diffondersi dell’interesse verso il Dna anche da parte dei non “addetti ai lavori”. Infatti i dati scientifici forniti dall’immunologia giungono alla conclusione dell’inesistenza biologica della razza. Se si devono trapiantare organi o si deve fare una trasfusione di sangue è necessaria soltanto la compatibilità con il sé immunologico, prescindendo dalle misure del cranio, dalla statura, dal tipo di capelli, dal colore della pelle; e questo dimostra che non è assolutamente possibile identificare alcuna distinzione genetica su base razziale. Pertanto si evince che il concetto di razza è una categoria culturale con ricadute politico-economiche e le discussioni sul tema hanno una valenza esclusivamente sociale. Prima dei progressi attuali della scienza, già alla fine dell’800 Rudolf Virchow, nell’ambito della Società antropologica tedesca che si proponeva di studiare le differenze antropometriche tra studenti ebrei e tedeschi, aveva concluso che non c’era alcuna differenza tra loro e quindi non era possibile affermare l’esistenza di alcuna razza. L’eguaglianza degli uomini è stata sancita già nella Dichiarazione d’Indipendenza americana del 4 luglio 1776, nei testi della Rivoluzione Francese del 1789 e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 dicembre 1948 per citare i principali testi ed eventi considerati pilastri della nostra civiltà, fondamento dello Stato e della Società moderni. Oggi si ritorna a parlare di razza in relazione al forte flusso di migranti che investe l’Europa ed evidentemente la questione è soltanto politica ed ideologica, destituita da ogni prova biologica.