SOFOCLE ED EURIPIDE A SIRACUSA
(Gabriella Maggio)
Una scena dell’Edipo a Colono (ph. G.L. Carnera)
Sofocle ed Euripide in scena per il 54° Festival del Teatro Greco di Siracusa. I valori perenni delle leggi, dell’ospitalità, degli dei difesi da Atene nell’Edipo a Colono di Sofocle alternati all’irrazionalità autodistruttiva dell’Eracle euripideo. Sono le due anime dell’uomo, affiancate nell’alternanza degli spettacoli per comunicare anche al grande ed eterogeneo pubblico che la parola detta dagli antichi greci su quella che i Romani definiranno humanitas è ancora insuperata. Opera della vecchiaia l’Edipo a Colono, scritta qualche decennio dopo l’Edipo Re, ripropone il destino dell’eroe sofocleo per antonomasia ormai invecchiato e prostrato da anni di vagabondaggio. Edipo però ancora si chiede, narrando la sua storia, quale sia stato il suo delitto visto che l’ha inconsapevolmente compiuto: “quel che ho fatto, io non l’ho fatto. L’hanno fatto a me. Se mai dovessi dirvi di mia madre, di mio padre…lo so vi fa paura. Ma questo fa di me un abietto nato ?Preso un colpo, io l’ho reso-e no, nemmeno se avessi agito con coscienza, io sarei un abietto. E non sapevo nulla…..Pensate che vedono gli dei l’uomo devoto. Vedono chi è blasfemo”( trad. di Federico Condello) Prossimo a morire, l’eroe giunge a Colono, sobborgo di Atene, ottenuta l’accoglienza della città si avvia verso un boschetto a cui nessun mortale potrà accedere. Ha superato il dilemma innocenza – colpa, riaffermando la fiducia negli dei. Ma non ha accenti di pace e rasserenata armonia, anzi impreca e maledice i figli, Eteocle e Polinice, in guerra tra loro a Tebe. Eco soffusa delle lotte tra fazioni che si svolgevano a Atene al tempo di Sofocle. Ospitando Edipo, Atene coniuga etica ed interesse e si pone come riferimento di civiltà. Il regista Yannis Kokkos ha visto Edipo come un migrante cacciato dalla sua patria ,Tebe , ed ha accentuato il tema della meditazione sulla vita, sulla vecchiaia e sulla morte. Buona l’interpretazione degli attori protagonisti e del coro.
Eracle (ph. G.L. Carnera)
L’Eracle di Euripide rappresenta il crollo di un eroe dai fastigi della gloria ottenuta con le celebri fatiche fino ad un’umiliante degradazione. Ma Eracle si risolleva ritrovando in Teseo l’amico che lo conduce a guardare in se stesso per trovare il senso e la responsabilità della propria esistenza, divenendo così pienamente uomo. Attraverso la vicenda dell’eroe Euripide esprime la crisi delle credenze negli dei tradizionali “ sono solo miserabili favole dei poeti” ( trad. G. Ieranò) e afferma l’autonomia e l’autodeterminazione dell’uomo. Eracle, appena ritornato dall’Ade dove ha compiuto l’ultima fatica, salva la sua famiglia dall’ira di Lico, uccidendolo, ma subito diviene preda di Lissa, il demone della follia, mandato contro di lui dall’eterna nemica Era. Perduto il controllo di sè Eracle in preda alla follia uccide la moglie e i figli e alla fine sgomento vorrebbe uccidersi, ma accetta l’aiuto dell’amico Teseo, riconosce i delitti commessi rendendosi conto che l’eroismo dell’uomo sta nell’accettazione della vita in tutti i suoi aspetti, anche quelli più oscuri, e che questi non sono causati da un irrazionale volere divino, ma sono frutto della vita stessa. Originale l’interpretazione del testo euripideo elaborata da Emma Dante, che assegna tutti i ruoli della tragedia a donne. Eracle interpretato da Mariagiulia Colace rivela tutta la fragilità che si cela dietro la forza fisica, le sue contraddizioni e i dubbi. La rappresentazione teatrale ordita sul corpo degli attori, sui muscoli come sulle ossa, realizza un teatro totale e coinvolgente.