L’ELISIR D’AMORE SI TRASFERISCE AL CIRCO
(Salvatore Aiello)
Dalla biografia di Emilia Branca apprendiamo che suo marito, Felice Romani, compose il libretto de L’elisr d’amore in pochi giorni. Gaetano Donizetti si mostrò disponibile alla richiesta di Lanari impresario del milanese Teatro Cannobiana, il compositore così scriveva al poeta: “Mi sono obbligato a mettere in musica un poema entro quattordici giorni, a te concedo una settimana per apparecchiarmelo”. Quindi un appassionato impegno che consentì di passare alle prove ad opera ancora non ultimata.
Il libretto fu tratto da Le philtre di Scribe e sembrò senz’altro adeguato così il lavoro procedette anche se con qualche difficoltà. L’inserzione di Una furtiva lagrima fu proposta dal compositore che desiderava utilizzare una melodia scritta da tanto tempo; Romani si oppose “Credimi, una romanza in quel posto, raffredda la situazione”.ma il musicista l’ebbe vinta. Rispettoso dell’originale francese il libretto coglie ed amplifica gli atteggiamenti patetico-sentimentali; ci si trova infatti in una commedia con delle figure originali quali il buffo baritonale e il basso-cantabile. I personaggi sono definiti alternando toni comici con altri in qualche momento farseschi e vivono in un’atmosfera campestre. L’elisir d’amore dalla sera del 12 maggio 1832 in cui ottenne un successo strepitoso di pubblico e di critica non ha conosciuto mai eclissi.
(ph © rosellina garbo 2018)
A Palermo, a conclusione della prima parte della Stagione 2018, giungeva in una produzione, omaggio a Botero, curata dalla regia e dalle scene di Victor Garcia Serra, i vivaci costumi di Marco Guyon, le appropriate luci di Bruno Ciulli attenuate in vivacità dalla persistente presenza di nero come fondo; ambientata in un circo equestre con figure circensi quali: saltimbanchi, acrobati e pagliacci anche vaganti in sala. Gli interpreti vi si inserivano a completo agio dando il meglio sia sul piano vocale che su quello scenico guidati dall’esperta mano di Alessandro D’Agostini, concertatore ricco di invenzione con accese capacità espressive e momenti di soffusa liricità sempre vigile al palcoscenico dove agivano: Laura Giordano, un’Adina-fanciulla dalla voce squisitamente lirica di salda tecnica e curato fraseggio, Arturo Chacòn-Cruz, Nemorino non esaltante per il timbro ma professionale nella linea di canto e di buona scioltezza scenica, Giuseppe Altomare offriva una visione stentorea del suo credibile Belcore così pure Giovanni Romeo (Dulcamara) con altalenanti colori, Maria Francesca Mazzara era una Giannetta dal simpatico slancio scenico e vocale. Bene inserito l’apporto del Coro guidato da Piero Monti. Spettacolo siglato dal pieno successo di pubblico.