CHIESA DEL CROCIFISSO DI LUCCA
(Giacomo Cangialosi)
I Lucchesi trasferitisi a Palermo e che si occupavano soprattutto del commercio dei tessuti decisero anteriormente al 1369 di fondare la propria chiesa nazionale nei pressi del porto dove più fiorente era il loro commercio e la dedicarono alla loro concittadina Santa Zita (erroneamente tradotta Cita). In verità il fondatore era stato un notabile lucchese tal Michele Trentino mercante che vi fondò pure un ospedale per i suoi concittadini. Nel 1428, però, alcuni padri domenicani del vicino convento, volendo vivere una vita più austera, chiesero e ottennero dagli eredi la chiesa suddetta. E’ verosimile che i mercanti lucchesi si scegliessero una nuova sede e, dopo varie peregrinazioni, si unissero con gli altri artefici della seta fondando poco prima del 1589 la chiesa dedicata al Crocifisso di Lucca (non si spiegherebbe altrimenti il titolo e il fatto che facessero addirittura arrivare nel 1602 da Lucca un’immagine del Crocifisso simile a quello venerato nella Cattedrale di quella città) che venne completata nel 1602.
La chiesa era sotto il patronato di quattro consoli e ognuno di essi aveva la proprietà di un altare. La facciata, rivolta a settentrione, mostra ancora i caratteri del tardo rinascimento nei tre portali e nelle quattro finestre con anticipazioni barocche visibili soprattutto nell’oculo centrale con cartocci e volute. L’interno era a unica navata con tre altari per lato e presbiterio. Gli stucchi, conservatisi solo in parte, non sono visibili per la creazione di una solettatura. L’altare maggiore, il più prestigioso, era dei mercanti della seta (verosimilmente lucchesi) con il Crocifisso di Lucca; nel lato sinistro la prima cappella era dei tintori della seta con immagine di S. Antonio Abate opera di Giovanni Vallelunga; la successiva era dedicata a S. Rosalia con una tela novellesca (Gaspare Palermo la attribuisce al giovane Pietro Novelli ); l’ultima a S. Michele ed era patronato della famiglia Barracca, con quadro del Vallelunga. Nel lato destro la prima cappella era dei cardatori della lana con l’immagine di S. Biagio raffigurato nella tela di Giacomo Lo Verde; la successiva dedicata alla Sacra Famiglia con quadro del Vallelunga; la terza alla Madonna del Rosario. Nella chiesa vi era pure l’altare dei filatori dedicato a S. Erasmo con quadro di Giacomo Lo Verde.
Nel pavimento vi era la sepoltura con la seguente iscrizione: “1621 Post tenebras spero lucem. Cunctorum qui fila manu bombicina tractant. Ossa sub hoc gelido marmore nuda jacent”. In un vicino vicoletto si vedono ancora i resti del campanile. Nella chiesa, scrive il Mongitore, erano custodite alcune reliquie di S. Rosalia: “due mole e uno scaglione attaccati ad un osso della mascella”. A metà del XIX secolo in questa chiesa venne istituita una scuola per i ragazzi del quartiere. Dopo il 1866 la chiesa passò a privati con utilizzo improprio del tempio e danni incalcolabili che ancora si possono osservare: divenne magazzino di vendita di stoffe (ironia della sorte) e oggi è stata ceduta ai musulmani per utilizzo a moschea. Foto per gentile concessione di Davide Orsi.