BOCCERIA NOVA o BOCCERIA DELLA CARNE

(Francesco Paolo Rivera *)

Tale mercato oggi non più esistente, era ubicato – grosso modo – tra la via Candelai e la discesa dei Giovenchi, nei pressi della Chiesa di Santa Maria della Grazia alla discesa dei Giovenchi. Circa la fondazione di questo mercato non si sa molto; un mercato è un “prodotto naturale” che nasce, cresce e si sviluppa per consuetudine e non per un provvedimento della pubblica amministrazione. Si presume che già nel 1511 esistesse una “Bocceria Nova”, infatti nel Repertorio degli atti del Senato di quell’anno, una lettera viceregia proponeva l’allargamento della “Bucceria Vecchia”, ne va di conseguenza che se il Vicere faceva riferimento alla Bucceria Vecchia, in quella data già esisteva una “Bucceria Nova”. Esistono anche altri riferimenti a questo mercato sia negli scritti degli storici e dei cronisti che nei documenti ufficiali del Governo. Il prof. Luigi Genuardi (1) fa riferimento nella sua opera “La costruzione della Piazza Nuova in Palermo nel 1454 … dove è la Porta Oscura (2)” ubicata vicino l’Oratorio di S.Francesco da Paola in via Candelai e vicina alla Chiesa di S. Maria delle Grazie delli buccèri alla discesa dei Caldomai, secondo le indicazioni topografiche di Cascini e di Onofrio Manganante (3). Nel Repertorio degli atti del Senato dell’anno 1537 si trova annotata una supplica per “tre chianchi di boccieri (4) concessi alla “Bocceria Nova” con pagare il censo nella giornata di privilegio …” e una lettera viceregia alla Bocceria Nova a S. Rocco (5), e nello stesso Repertorio dell’anno 1538 si trova un atto di “fare due chianche ad Eleonora Imperatore heredi di Columba alla Bocceria Nova con pagare la rata di censo”. Nel diario del Palmerino completato dal Paruta, in data 18 ottobre 1577 si legge “… essendo Pretore l’Ill.mo don Ottavio Lo Bosco fu fatta la “Bocceria Nova per la carne” con le porta in forma di serraglio che prima erano senza impedimento.” All’inizio del XVII secolo Vincenzo Di Giovanni, descrive un suo percorso cittadino, … scende dalla Pannaria (piazza Monte di Pietà), prosegue per via Macheda e osserva che di fronte “alla casa con giardino di Giovanni Guercio vi è il Macello e ove si vende la carne, fatto in piazza, che si dice la “Bocceria Nova” con un “arco” sotto la strada Macheda per egualar l’altezza del terreno”. Il Marchese di Villabianca (6) nel suo “Palermo di oggigiorno”, nel 1788 scrive che la Bocceria Nova “è ubicata nel Quartiere del Capo e nel corso della strada Macheda al posto di sotto della croce della Madonna della Volta … credesi che prima era situata nella stessa piazza in cui oggi esiste la Bocceria della Foglia”. Infatti alcuni cronisti erano caduti in questo errore. Vale la pena soffermarsi su questi argomenti. Prima che si costruisse la “Strada Nova” (via Maqueda) il piano di campagna della Bocceria Nova era allo stesso livello di quello della Conceria, con la costruzione della nuova strada il piano di campagna si era innalzato a tal punto che, per consentire che i due siti, Bocceria Nova e Conceria, restassero tra di loro comunicanti, fu necessario costruire quel sottopassaggio definito “arco” dal Di Giovanni. La costruzione del nuovo asse viario (via Maqueda) che intersecava la strada del Cassaro, all’altezza dei Quattro Canti (creando così una grande croce denominata “la croce barocca”), fu progettata nel 1577 (essendo Vicerè Carlo di Aragona Tagliavia) e il completamento arrivò nel 1599 quando Vicerè era stato insediato don Bernardino Cardenas y Portugal duca di Maqueda (7). Malgrado la via nuova venisse intestata al Vicerè Maqueda (8) quest’ultimo si limitò a presiedere la cerimonia di inaugurazione dell’inizio dei lavori, avvenuta con la presenza di tutte le autorità il 21 luglio 1600. Sotto il predetto tunnel, secondo quanto riferisce il Mongitore, fu collocata una lastra di ardesia sulla quale il pittore Giacomo Caviglione aveva dipinto una immagine di Maria Vergine che allattava il suo celeste Bambino, con a fianco le immagini di San Rocco e San Vincenzo Ferreri. Tale dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie prese il nome di “Madonna della Volta” (proprio perché inserito sotto una volta), e divenne una immagine veneratissima dal popolo per gli innumerevole miracoli che dispensava. Moltissime le offerte sia sotto forma di ingenti somme di danaro, che di gioielli ed ex voto. Il 9 giugno 1604 Papa Clemente VIII elevò alla porpora Cardinalizia l’Arcivescovo di Palermo Giovanni Doria, detto Giannettino, rampollo della nobile famiglia dei Doria di Genova, uomo pio, sotto il cui governo sorsero le maggiori chiese della città, al quale si deve il riconoscimento delle ossa di Santa Rosalia (1624) e l’inserimento del nome della Santa nel “Martirologio Romano” (specie di annuario dei martiri cristiani revisionato proprio dal Papa Clemente VIII). Presumibilmente allo scopo di evitare che le offerte venissero destinate a scopi diversi di quelli dettati dai canoni della chiesa (o restassero “accidentalmente incollate nelle mani” dei Presuli della chiesa palermitana), il Cardinale fece predisporre ai deputati della Chiesa di San Rocco appositi elenchi ove venivano registrate tutte le elargizioni dei fedeli alla sacra immagine. Nella strada nova (o via Maqueda) sul punto in cui era venerata la miracolosa immagine venne installata una piramide in legno per impedire il passaggio dei carri sopra il luogo consacrato. Successivamente nel 1686 la piramide in legno, ormai deteriorata, venne sostituita con una piramide triangolare in marmo sulla quale, sul lato che guardava verso la piazza Vigliena (i Quattro Canti), era scolpito un bassorilievo raffigurante Nostra Signora delle Grazie, sugli altri due lati erano scolpite due iscrizioni dettate da Francesco Strada, e in cima una croce di pietra di Billiemi. Tale “piramide marmorea posta alla bocca del macello nella strada Nuova – così come informa il Villabianca –  e che copriva il Santuario sotterraneo della Chiesa della Madonna della Volta, per disposizione del Senato fu tolta di mezzo dalla strada a 2 dicembre 1776. Tale obelisco nel febbraio 1777 fu collocato dal manco lato della via stessa, giusto di faccia all’antico sito da cui fu rimosso.” In epoca compresa tra il 1858 e il 1860, secondo Gioacchino Di Marzo (9) la piramide venne trasferita nella piazzetta (già cimitero) annessa alla Chiesa Parrocchiale di Santa Croce in via Sant’Agostino. Una lapide che ricordava la miracolosa Madonna fu collocata nel 1673 sul prospetto di un fabbricato di via Maqueda ubicato all’altezza della piramide, sovrastata da una nicchia contenente una statuetta marmorea della Madonna della Volta, che, come asserì il Basile, “prese il volo, ma non fu assunta in cielo, ma emigrò per altri lidi come emigrarono e continuano a emigrare altre testimonianze della nostra arte, della nostra vita, della nostra storia.” La Bocceria Nova o della Carne rimase, in quel sito, fino alla prima metà del XIX secolo, quando il Comune progettò la costruzione del Nuovo Macello, che per motivi di igiene sorse, lontano dall’abitato, a ponte di mare e iniziò a funzionare il 2 gennaio 1837.

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* LC MI Galleria – Ib-4

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(1) 1882-1935 grande studioso siciliano pubblicò parecchi scritti su argomenti sia giuridici che storici dell’isola, fu docente universitario a Palermo e a Camerino;

(2) Mons. Vincenzo Di Giovanni 1550-1627, erudito e appassionato cultore dell’antica topografia di Palermo, scrisse che Habu Hasan sulla metà del X secolo aprì la porta dapprima chiamata Bab as Sala poi Porta Oscura, nella Consaria nella piazza detta “Piazza Nova”, e identificò i resti della millenaria Porta Oscura nella bottega (di un fruttivendolo, secondo alcuni, o di un pescivendolo, secondo altri) segnata con il n. 33 della discesa S.Rocco. Tale Porta fu aperta intorno al 954 sulle mura settentrionali della città, per facilitare il traffico dei cittadini verso la Guilla.

(3) ? -1705 – erudito, storico dell’architettura palermitana;

(4) negozio di macelleria

(5) era una chiesa ubicata all’imboccatura della attuale via Candelai, che venne demolita presumibilmente per la costruzione della via Macheda;

(6) 1720-1802 – Francesco Maria Emanuele Gaetani machese di Villabianca, conte di Belforte, Senatore, Commissario generale del Regno di Sicilia, Governatore della Nobile Compagnia della Carità e del Monte di Pietà, storico appassionato;

(7) nato a Torrigos il 20.01.1553, venne denominato anche il “vicerè pirata”. Infatti, secondo quanto è stato riferito dal Di Giovanni, il Vicerè Maqueda era solito armare delle navi con le quali esercitava, sulle rotte del Mediterraneo, la pirateria. Faceva assalire dalle sue navi i mercantili di passaggio, dai quali non si limitava a fare razziare le merci trasportate ma faceva catturare gli equipaggi, che ridotti in schiavitù, venivano venduti nei mercati degli schiavi, allora fiorenti sulle coste mediterranee.

Sequestrata una nave carica di mercanzie, l’equipaggio pirata, constatata la inspiegabile morte della maggior parte dell’equipaggio, sospettando una epidemia a bordo, si rifiutò di condurla nel porto di Palermo. Il Vicerè allo scopo di evitare che tali sospetti avessero portato all’abbandono del carico razziato, fece smentire dai compiacenti suoi quattro medici di corte tale ipotesi e volle che la mercanzia razziata fosse portata in sua presenza. Portate a palazzo le casse, che formavano il bottino, vennero aperte in presenza del Vicerè e dall’ultima, imbottita di pregiati velluti, oltre a un intenso fetore, venne fuori il cadavere di un turco agghindato con suntuosi abiti e preziosi gioielli, che dato il suo stato di avanzata decomposizione, contagiò sia i medici presenti, sia una cameriera che assistette alla scena, che decedettero in brevissimo tempo e lo stesso vicerè, rimasto anch’egli appestato, morì alcuni giorni dopo: era il 17 dicembre 1601;

(8) molti cronisti hanno trascritto il nome di tale via italianizzandolo in “Macheda”, forse per favorire la corretta pronuncia anche se, da sempre, il palermitano continua a denominarla così come è scritta “Maqueda”;

 (9) 1839-1816 – Gesuita, bibliografo e storico dell’arte, fu bibliotecario Comunale di Palermo, Protonotario apostolico (carica onorifica attribuita a determinati prelati di alto rango che preludeva alla berretta cardinalizia), Ciantro (cantore con il compito di presiedere e intonare il Canto Gregoriano) e cappellano maggiore della Cappella Palatina.

 

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