I LONGOBARDI IN ITALIA
(Daniela Crispo)
Il re longobardo Rachis in una miniatura
Uscirono dalla Germania Goti, Vandali… e altre barbare stirpi e anche la gente dei Vinnili, cioè dei Longobardi che poi dominarono con fortuna sull’Italia, germanica pur essa di origine, proviene dalla Scandinavia, benchè poi sull’esodo da quella contrada si avanzino ipotesi diverse. Così scrive il dotto e nobile Paolo Diacono nel primo libro della sua Historia Langobardorum, dove traccia la storia del suo popolo dalle origini fino alla sconfitta alle Chiuse di Susa inflitta da Carlo nel 774, ancora re dei Franchi, solo dall’800 imperatore del Sacro Romano Impero con l’epiteto di Magno. Nel 568 i Longobardi, guidati da Alboino, abbandonano la Pannonia (odierna Ungheria) e calano in Italia dalla parte orientale attraverso passi assai agevoli, di comodo, facilissimo transito (idem, l. II, cap. 9). Conquistano l’Italia settentrionale, la Toscana, il territorio di Spoleto e di Benevento. Eppure questa conquista disomogenea è tale da lasciare traccia nella lingua italiana nei termini comuni come tregua, sperone, zolla o nomi di persona come Adelmo, Gisella, Guido e di luogo come Sondrio( sunder è la terra coltivata dal padrone), Fara Sabina ( fara è il gruppo familiare). Il regno longobardo riguarda solo l’Italia settentrionale con centro Pavia, mentre gli altri territori sono governati da duchi, capi militari, autonomi. Ma il regno non ha vita facile, lo stesso Alboino, guerriero glorioso, viene ucciso da una congiura ordita dalla moglie Rosmunda, che secondo il racconto di Paolo Diacono era stata offesa dal marito che durante un banchetto la aveva obbligata a bere da una coppa ricavata dal cranio del padre Cunimondo, da lui ucciso in guerra. Ma la stessa fine fa il successore Clefi a cui succede un periodo di anarchia ducale. Tra i re notevoli per le loro opere non soltanto legate alle armi sono Agilulfo che insieme alla moglie Teodolinda avvia la conversione del popolo dall’arianesimo al cattolicesimo; Rotari che nel 643 promulga l’editto, che da lui prende il nome, che codifica la tradizione orale del diritto germanico inserendovi alcune modifiche, per esempio la sostituzione della faida con il guidrigildo. L’editto è redatto in lingua latina. La civiltà latina sebbene appartenga ai vinti, esercita una forte attrazione sui Longobardi che ne assimilano presto numerosi aspetti, soprattutto culturali ed artistici. Sebbene la civiltà longobarda affermi col mundio, ancora ribadito nell’editto, la sottomissione della donna all’uomo, le donne di rango hanno spesso dimostrato una autonomia intraprendente e coraggio come Rosmunda e Teodolinda. Altro re di particolare rilievo è Liutprando che con la donazione di Sutri al papa Gregorio II dà inizio al Patrimonium Sancti Petri, primo nucleo di quello che oggi chiamiamo Stato Pontificio. Il regno longobardo si conclude col re Desiderio che viene sconfitto dai Franchi di re Carlo, chiamato in aiuto dal Papa, che mal sopportava il dominio longobardo, non ostante l’impegno cristiano dimostrato con l’edificazione di chiese, monasteri e con la donazione di Sutri. L’ultimo atto della potenza longobarda è rivissuto e interpretato dalla tragedia Adelchi di Alessandro Manzoni. Da uomo del Risorgimento Manzoni vuole affermare che il popolo latino non si fuse con il longobardo, oggi la storia dimostra il contrario. I Longobardi ora sono protagonisti di una interessante e ricca mostra articolata tra Pavia, Napoli e l’Ermitage.