RIDIAMO PURE
(Pino Morcesi)
Non diciamo io rido, è meglio dire ridiamo perché il riso nasconde una complicità, reale o presunta, con altri. Chi ride si pone fuori dalla scena, “il comico esige dunque, per produrre tutto il suo effetto, qualcosa come un’anestesia momentanea del cuore” scrive H. Bergson in Il riso. La risata è un modo di correggere un comportamento sociale ritenuto diverso da quello accettato dal gruppo. Per tradizione sin dall’antichità commedia e satira hanno assolto a questo compito, come si rileva nelle parole del letterato francese del ‘600, J. De Santeuil castigat ridendo mores ( trad. corregge i costumi col ridere) scritte sotto il busto di Arlecchino collocato sul proscenio della Comédie Italienne a Parigi. Oggi la risata travalica i generi tradizionali e investe qualsiasi campo della comunicazione anche il linguaggio della politica, che già da qualche anno sfoggia battute, barzellette, monologhi e nomi deformati, espressioni dialettali ed altro che di solito caratterizzano il linguaggio dei comici. Rende così quotidiano omaggio alla celebre battuta di E. Flaiano :” la situazione politica in Italia è grave, ma non è seria” La risata facile non è un buon sintomo sociale perché rappresenta la dissoluzione del vincolo collettivo che ci unisce appunto in società. Già Platone nel terzo libro della Repubblica biasimava il riso degli uomini politici perché rivelava la mancanza di autocontrollo. Ma l’autocontrollo è ormai cosa del passato. E così di comicità in comicità la soglia del riso s’innalza sempre di più e bisogna dirle o farle sempre più iperbolicamente comiche per strapparci almeno una risata.