PAOLO VILLAGGIO TRA FANTOZZI E FRACCHIA
(Irina Tuzzolino)
Il 3 luglio è morto l’attore e scrittore Paolo Villaggio, che non ostante la sua vasta e varia produzione cinematografica e letteraria, resta legato ai due personaggi di Fantozzi e Fracchia, che hanno avuto un enorme successo di pubblico. Vere maschere contemporanee di piccoli impiegati compressi tra la società consumistica che impone di spendere, consumare e di essere sempre vincenti e le scarse risorse economiche che le relegano in una posizione subalterna e perdente, resa grottesca dal servilismo e dalla paura di scivolare sempre più indietro nella scala sociale. Molti hanno visto in Fracchia e Fantozzi ciò che non vorrebbero essere e ne hanno enfatizzato il lato comico, nel riso suscitato dalle continue frustrazioni, rappresentate in iperbole da Villaggio. Da qui il successo straordinario. Io non sono stata trascinata nella risata collettiva , ma sono rimasta perplessa di fronte alla disumanizzazione della maschera, che non veniva colta dai più o se anche intravista restava nascosta dalla risata e dalla grottesca deformazione delle storie. La risata a ben vedere più che liberatoria è stata di compiacimento per le angustie dei personaggi. Come si ride quando si vede cadere qualcuno, ma questo non evita le nostre cadute, le storie di Fracchia e Fantozzi non affrancano né dal servilismo, né dalla paura; insomma non spronano ad essere critici e a reagire. Questo accomuna i personaggi di Villaggio alla satira nostrana, che incoraggia a restare come siamo, piuttosto che metterci il tarlo del dubbio e della critica. Questo per me è il limite dell’operazione culturale, senza dubbio incisiva anche nel linguaggio, del pur bravo Paolo Villaggio.