VERSO ORIENTE
(Irina Tuzzolino)
Nell’immaginario medievale l’Oriente è pensato come mistero e sogno. Anche quando nel Basso Medioevo con le sue inclinazioni borghesi e laiche le esigenze dei mercanti portano gli europei ad acquisire nuove conoscenze e a compiere vere e proprie esplorazioni, le terre orientali restano sempre connotate da un alone di meraviglioso. Il bisogno di conoscere l’Oriente non è dovuto solo a ragioni economiche, ma anche a motivi religiosi, dopo che le Crociate hanno messo in contatto la Cristianità con religioni diverse che occorre convertire. Il Concilio di Vienne ( 1311-21), convocato dal Papa Clemente V, decreta di istituire a carico del Papa nelle università di Bologna, Parigi, Oxford e Salamanca scuole di arabo, ebraico e caldeo per evangelizzare i popoli orientali. In questo clima il francescano Odorico Mattiussi, detto di Pordenone, nel 1318 parte da Venezia per l’Oriente animato da forte spirito missionario per diffondere la religione cristiana. Attraversa la Turchia, la Siria, l’Iraq, giunge in India e visita Ceylon, attuale Sri Lanka. Dimora tre anni a Pechino alla corte dell’imperatore Yesun Temur Khan, pronipote del Kublai, conosciuto da Marco Polo. Ritornato in Occidente attraverso il Tibet, racconta i suoi viaggi a frate Guglielmo di Solagna, che li trascrive in latino col titolo Relatio de mirabilibus orientalium Tatarorum ( i mongoli allora venivano indicati come Tatari o Tartari). Il racconto in prima persona si dichiara veritiero perché riporta notizie di cui l’autore è stato osservatore diretto o riporta i racconti di persone degne di fede. Come nel Milione di Polo resoconti veritieri si alternano con notizie fantastiche di enormi ricchezze, di palazzi d’oro e d’argento e di popolazioni con la testa di cane.