RIVEDERE ANONIMO VENEZIANO

(Gabriella Maggio)

Nel 1970 Anonimo Veneziano  ebbe un grande successo. Prima regia di un affermato e amato attore, Enrico M. Salerno, belle musiche di Stelvio Cipriani, attori protagonisti affascinanti, Florinda Bolkan e  Tony Musante, in un contesto veneziano novembrino ventoso e freddo  in cui si ambienta l’ultima parte di una romantica storia di amore e morte. È l’ ultimo incontro di una coppia, dopo un matrimonio all’inizio  felice, spezzato poi  dalle incomprensioni e dai tradimenti. È lui, Enrico, che chiede a Valeria un incontro nell’imminenza della morte per una gravissima ed incurabile malattia. Dopo le prime aspre schermaglie  all’arrivo di Valeria alla stazione, i due s’incamminano  senza apparente meta nelle calli veneziane più  solitarie mentre vanno  dipanando faticosamente i ricordi che li legano e danno corpo e senso alla storia. Vera protagonista del film  è Venezia, nascosta e triste in un facile simbolismo con la storia di Valeria e Enrico, enfatizzata dalla fotografia di Marcello Gatti, dalle  musiche di Stelvio Cipriani e dall’adagio del concerto per oboe ed archi di Alessandro Marcello o forse del fratello Benedetto, e per quest’incertezza definito Anonimo, che Enrico, primo oboe della Fenice, sta per incidere con un’orchestra di giovani e  che conclude la colonna sonora ed il film. Unica traccia dell’opulenza di Venezia, la visita all’antica fabbrica di broccati Bellavia, dove Valeria si drappeggia nei preziosi tessuti per scegliere l’ultimo regalo di Enrico, che così si consacra inimitabile compagno, colto e raffinato, contrapposto al  limitato, benchè rassicurante,  compagno di Valeria. La sceneggiatura del film, curata da Giuseppe Berto, sarà successivamente pubblicata come testo teatrale. La qualità del film ed il fatto che è stato un film di culto negli anni ’70 hanno  spinto il presidente del L.C. Palermo dei Vespri, Aldo Barone, ad inserirlo nel programma di cineforum dell’anno sociale. Rivedendolo non è difficile comprendere i motivi che ne hanno fatto allora  un film di culto: il tema della fine di un matrimonio senza l’opportunità del divorzio, il referendum si terrà infatti nel ’74, l’esibita  fisicità di un amore travolgente, il fascino androgino di Florinda Bolkan. Negli anni settanta la società italiana si è già avviata  ad un processo di laicizzazione che investe i comportamenti quotidiani, liberandoli dai freni tradizionali. E anche il cinema, più aperto della società civile, vi contribuisce. Quasi cinquant’anni dopo questi elementi hanno perso la freschezza della novità ed il film, anche a chi  l’ha visto con commozione  a suo tempo, appare oggi  sottotono.

 

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