CHIMERE
(IrinaTuzzolino)
La Chimera di Arezzo, scultura etrusca in bronzo del V-IV sec. a.C.
È la mitologia greca che ci parla della Chimera mostro triforme, leone, capra, serpente, figlia di Tifone e Echidna. La uccide Bellerofonte che stando in sella a Pegaso la trafigge e riesce a sfuggire alle fiamme che le escono dalla bocca. Il primo autore a dare queste caratteristiche alla Chimera è Omero (Iliade, l.VI, vv.222-25-Trad.di V. Monti):
Era il mostro d’origine divina
Lïon la testa, il petto capra, e drago
La coda; e dalla bocca orrende vampe
Vomitava di foco.
Il termine italiano chimera viene dal greco χίμαιρα, «capra», attraverso il latino chimaera; nel tempo il nome ha perduto il significato mitologico, probabilmente per influenza delle religioni ebraica e cristiana, ostili alle zoolatrie, e ne ha assunto uno negativo di idea senza fondamento, sogno vano. In questa accezione, sebbene con sfumature diverse è entrata nel linguaggio dei poeti, per esempio, D’Annunzio e Campana. Per il primo la chimera è simbolo di un tormentato erotismo raffinato e crudele, come si legge nell’omonima raccolta di poesie pubblicata nel 1890. Dino Campana ne fa un simbolo ambiguo di donna e di poesia, entrambe intraviste e non possedute. Giacosa e Illica, autori del libretto della Bohème di G. Puccini, fanno dire al poeta Rodolfo:
Per sogni, per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria.
Nelle Elegie Materane di Dante Maffia le chimere sono mortificate e private del loro sangue, sono state sconfitte dagli angeli. Il termine in botanica e in zoologia indica individui costituiti da caratteri specifici diversi.