La forma fragile del silenzio: il duro cammino verso la disabilità nella coscienza consapevole di un sedicenne
(Daniela Scimeca)
Il breve romanzo d’esordio di Fabio Ivan Pigola è la storia di un sedicenne che scopre la sua iniziale ipoacusia che, per un difetto genetico, si traformerà in sordità e il silenzio sarà il solo compagno per tutto il resto della vita. In questo percorso verso l’abisso sensoriale lo accompagnano gli affetti, quelli veri, e la musica, l’unica, a volte, in grado di alleviare la paura del vuoto che verrà. Una musica che lui possiede nelle mani, nelle orecchie, nelle viscere e fin dentro l’anima e che se si sforza di condividere con gli amici e donare agli altri prima che tutto diventi irreversibile e anche lei sparisca dalle orecchie rimanendo dolce e indelebile ricordo ridondante in un’anima alla ricerca disperata di appigli al passato sonoro. La coscienza di un futuro orfano di acustica gli comincia a far apprezzare anche i rumori più banali, con la consapevolezza che anche quelli un giorno saranno rimpianti, ma soprattutto gli fa apprezzare covers accompagnate da strumenti come la chitarra, e reinterpretate dalla sua band che genera una strana e magica alchimia e che agisce come una droga benefica e crea un mondo in cui rifugiarsi, un’isola felice lontana da quel futuro cupo che si avvicina, seppur a piccoli passi.Questo percorso verso la disabilità ci viene narrato in un monologo di coscienza sempre lucido e presente, con riflessioni adulte e fin troppo sagge per l’età del protagonista, in uno sdoppiamento giovinezza fuori/maturità dentro quasi irreale. Ma è proprio questo a dare forza e sostanza al giovane che capisce i valori della vita, il bene e il male, ciò che è giusto e ciò che non lo è. La sua saggezza non riesce a dare tutte le risposte ai suoi perchè più urgenti e, nei momenti di sconforto, oltre la musica, è l’amicizia che gli da la forza e il coraggio necessari per andare avanti ed affrontare la dura prova che la vita gli pone innanzi. Altro valore aggiunto è la sensibilità del giovane, le sue curiosità intellettuali, la sua voglia di conoscere, fare e donare, il suo essere nel mondo e costruirsi giorno per giorno sull’esperienza della vita. E’ questo agire consapevole e responsabile che gli darà la bussola per orientarsi. Il tema della disabilità è affrontato con coraggio, senza fronzoli, nè pietismi, senza alcuna retorica, in un’ottica rivoluzionaria che con timidi cenni di ironia e con lucida constatazione della cruda realtà ci invita a riflettere su ciò che a volte diamo troppo per scontato e che invece è dono da apprezzare e preservare. La scrittura di Pigola è matura e con uno stile personalissimo che dà valore aggiunto al contenuto con continue ed originali metafore e un modo tutto suo di descrivere attraverso gli occhi di un sedicenne-filosofo che nel suo dialogare con se stesso sembra porsi continue domande e cercare continue risposte che trova dentro la vita stessa, nel quotidiano, in un sorriso, per strada tra la gente, al lavoro o in un brano di blues che sarà colonna sonora della coscienza stessa, anche quando il sipario del silenzio calerà per sempre sulla sua vita.