STATO, CHIESA, IMMIGRAZIONE
(Giulio Tarro)
È almeno dai tempi di Guelfi e Ghibellini che si discute nel nostro paese sul ruolo della Chiesa che, a detta dei laici, non dovrebbe rivestire una valenza politica, nel senso di condizionamento dell’operato delle istituzioni pubbliche ma, al più, una funzione di orientamento nelle coscienze dei propri fedeli. Questione certamente controversa che, negli ultimi decenni, con il progressivo affievolimento del dominio della Chiesa – testimoniato dalla crisi delle vocazioni e dal diradamento dei fedeli alle funzioni religiose (ad eccezione di quelle che si configurano come meri eventi mediatici) – si credeva in via di risoluzione. Così non è, come testimoniato dalla ennesima “scesa in campo” di alti prelati di fronte al dramma dell’immigrazione. Sulle responsabilità dell’Occidente di questo esodo si sono spesi fiumi di parole. Permettetemi qui di aggiungervi (brevemente, per carità) anche le mie. Intanto, le guerre che hanno determinato la fuga di milioni di persone dai Balcani, dalla Libia, dalla Siria… Poi, una politica di rapina delle risorse di quello che un tempo veniva definito Terzo Mondo. E basti qui citare l’estendersi del “land grabbing” (l’acquisto di immensi appezzamenti di terreni per coltivazioni destinate all’esportazione), o la messa al potere di dittatori a cui vendere i nostri armamenti. Poi una crisi economica che da decenni attanaglia tutto il nostro pianeta e che spinge milioni di persone a cercare un futuro in Europa. Ma se sull’analisi delle cause (e la necessità di rimuoverle) possiamo anche essere qui tutti d’accordo, resta il dilemma di cosa fare subito di fronte a questo esodo. Per anni, quando il problema dell’immigrazione clandestina era circoscritto, ci si è baloccati con l’illusione che l’immigrazione potesse favorire la nascita di una “società multietnica” o “multiculturale”. E pervicacemente, si insiste su questo registro anche oggi pretendendo di bollare come “razzista” chiunque mette in dubbio questo dogma o fa notare come una indiscriminata politica dell’”accoglienza” finisce per incrementare il flusso di persone sulle nostre coste. Con tutte le tragedie che questo comporta. Si sono registrati certamente degli eccessi su questo “fronte”, come l’ormai famoso cartello apposto sulla porta della Chiesa – da un parroco in provincia di Spoleto – o l’astiosa omelia di qualche alto prelato. Mi conforta, comunque, l’operato di Papa Francesco – che già due anni fa riuscì a scongiurare i bombardamenti sulla Siria – e che recentemente ha chiesto non già ad una generica “avida società” ma ai suoi fedeli di farsi carico della emergenza profughi, ad esempio mettendo a disposizione gli innumerevoli conventi oggi deserti e destinati, secondo le intenzioni di qualcuno, a trasformarsi in alberghi o residence di lusso. Una dichiarazione che testimonia non già la pretesa di dettare una “linea politica” ma la speranza di risvegliare una autentica coscienza cristiana. Una risorsa spirituale che non potrà non essere di aiuto nel mettere in campo una soluzione ai problemi che attanagliano l’umanità.
Sul rapporto Stato-Chiesa-Immigrazione potrebbe interessarvi il mio saggio “Popoli in movimento. Per una politica dell’accoglienza alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa” , editore Cantagalli, novembre 2015.
Dopo essere stato presentato a Roma, il prossimo giovedì 31 marzo verrà presentato in La Spezia presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare.
Come Socio Fondatore e Charter President del Lions Club Roverano resto a Vs. disposizione.
Con viva cordialità.
M.Luisa Galbiati