SUBURRA
(Gabriella Maggio)
Il termine Suburra di cui non è certa l’etimologia, indicava una zona di Roma antica, compresa tra i colli Quirinale, Viminale, Celio e Oppio che nel periodo repubblicano è abitata da gente considerata di malaffare. Successivamente passa ad indicare le zone malfamate delle moderne città e per questo è un titolo ben scelto per lo spaccato di vita italiana che il film propone, ambientato tra Roma e Ostia. Il film, proiettato nelle sale quest’anno, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo è diretto da Stefano Sollima. Tra i protagonisti Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola, Elio Germano, Alessandro Borghi. L’occhio indagatore di Sollima affonda con efficacia lo sguardo asciutto ed oggettivo su un intrico, a cui lo spettatore italiano è abituato dalle cronache, fatto di sesso sfrenato, droga, affari illeciti, in un panorama in cui politica, delinquenza, affari facili s’intrecciano e non esiste nessuna cura del bene pubblico, ma soltanto il proprio tornaconto e l’arroganza del potere. Tutto sembra filare liscio, ma l’imprevisto è in agguato e genera la vicenda narrata. La storia comincia sette giorni prima delle dimissioni di Silvio Berlusconi da Presidente del Consiglio, che gettano nel panico il politico Filippo Malgradi, interpretato da Pierfrancesco Favino, che dà saggio di grande talento. La morte casuale per overdose di una escort lega Malgradi a doppio filo con la malavita di un clan di zingari che sfruttano l’incidente per ricattarlo ed entrare nel grande giro degli appalti, travolgendo i malavitosi di Ostia capeggiati da Numero 8. A nulla servono gli sforzi del Samurai, l’ottimo Claudio Amendola, per ristabilire un equilibrio, eliminando gli antagonisti. La società italiana sembra senza via di scampo oppressa da bande contrapposte, che impongono di schierarsi apertamente. In effetti nel film non c’è spazio per la gente qualsiasi, quella che non è un politico di professione, né un malavitoso. Forse il regista le assegna il ruolo di spettatore del film, implicitamente chiamandola a dare un giudizio, senza additare soluzioni o vie di scampo, senza scadere nell’ovvio o nel facile. Si vede un mondo allo sbando senza una figura paterna potente, in grado di esercitare il suo ruolo: le dimissioni del Presidente del Consiglio si rispecchiano in quelle di Papa Ratzinger. Sollima ritrae la suburra con lo stesso spirito con cui si riprende una scena di guerra senza nulla togliere alla crudeltà delle azioni. Si giova quindi dell’esperienza di cameramen e di corrispondente di guerra già maturata prima della regia del film.