IL TEMPO DEL MITO E IL SIGNIFICATO DEI SIMBOLI

( Gianfranco Romagnoli)

C’è stato un tempo, che taluni amano chiamare infanzia dell’umanità come se da allora fossimo cresciuti chissà quanto (mentre, almeno sotto il profilo spirituale, il dubbio è lecito), nel quale cielo e terra, realtà visibili ed invisibili, erano un tutt’uno. Tutto era avvolto da un’aura di sacralità nella quale ogni elemento del creato era segno e manifestazione di una realtà superiore e in cui il legame tra il mondo tangibile e quello divino era sentito  con carattere di immediatezza dall’uomo in ogni sua percezione e azione.In un universo così fatto, il significato dei  simboli, quali espressione sintetica di concetti archetipici, risultava, anche per il concorrere dei racconti mitologici, di immediata e intuitiva comprensione da parte dell’uomo di allora: pensiamo ad esempio al nodo, simbolo del legame tra uomo e uomo e tra l’uomo e la divinità, che trovò il suo riferimento superno in Mitra, dio del patto e del contratto nell’universo sacro Ariya sia vedico che avestico.Anche scienza e tecnologia, con i relativi manufatti, erano ritenute di origine sacra, come dimostra il fatto che esse erano monopolio della casta sacerdotale: un esempio lo si può vedere nell’antica Roma, nel il nome stesso del collegio dei Pontifices, etimologicamente derivante dall’espressione pontem facere. Se poi volgiamo lo sguardo all’origine della scrittura, base di ogni sviluppo scientifico e tecnologico successivo, vediamo che essa era considerata presso vari popoli dono degli dei: così nell’antico Egitto, dove si riteneva fosse stata donata agli uomini dal dio Toth. Questa realtà superiore di cui gli uomini venivano fatti partecipi si esprimeva, appunto, attraverso i simboli: tale caratteristica, se risulta di immediata evidenza nella scrittura geroglifica la cui stessa etimologia (iéros glifos) ne rivela la sacertà e che è costruita mediante la rappresentazione simbolica di entità naturali ovvero di animali o oggetti, mantiene tale carattere anche nelle successive fasi evolutive, quando la scrittura si fa sillabica, composta cioè da sillabe scandite tratte da nomi di cose rappresentate sempre mediante simboli, per giungere fino alla scrittura fonetica, in cui le stesse lettere che rappresentano singoli suoni altro non sono, in definitiva, che simboli.La rottura dell’unità di questo universo sacrale, che porta con sé la immediata e ancor oggi perdurante difficoltà, per l’uomo moderno, di comprendere e decifrare i simboli, avviene presto: non occorre aspettare il “Secolo dei lumi” o il successivo razionalismo materialistico otto e novecentesco, ma si verifica  già con la filosofia greca che, pur legata ancora al mondo divino, con il suo indagare e distinguere cause ed effetti apre alla mente umana nuovi spazi, precludendone però altri in quanto pone le premesse per un autonomo sviluppo della scienza, che assumerà col tempo il carattere di contrapposizione alla fede, desacralizzando in radice il mondo.

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