MISSIONE o CARRIERISMO?
(Pietro Manzella*)
Le dichiarazioni aggiornate della “missione” e della “visione”, fornendo gli indirizzi generali del lionismo, tradotti in chiave C.E.P., determinano un vero e proprio “piano d’azione” completo dell’essere lion, dell’orgoglio di tale appartenenza e della universalità dell’unico obiettivo da raggiungere cioè il “We serve”. Entrambe le “dichiarazioni”, seppure apparentemente esprimono concetti differenti, sono legate e connesse da un unico filo conduttore e cioè l’apertura dell’Associazione ai bisogni umanitari nel mondo, ponendola come “leader”, cioè conduttrice, indiscussa nel mondo intero, facendole ottenere un “respiro” mondiale. Tale posizione non viene imposta, però, dall’alto, ma è conquistata dalla base, cioè dal comportamento di ogni singolo Lion che, opportunamente inserito nel proprio Lions Club, riesce, con le eccellenze delle opere, a realizzare risultati prestigiosi. Quindi, la visione va letta, a mio avviso, anche come un invito, uno sprono per ciascun Lions Club ad “essere” e non ad “apparire” un “leader” indiscusso nel mondo, per la realizzazione di aiuti concreti ed efficaci verso l’umanità.
Per fare ciò, però, occorre possedere quell’orgoglio indiscusso di appartenere ad una tale Associazione! Quindi, il concetto di “leader” non deve mai significare superiorità, egocentrismo, potere indiscriminato del singolo o, peggio ancora, carrierismo di pochi, che spesso dimenticano, invece, non solo quell’orgoglio dell’appartenenza, ma la stessa appartenenza! Ed, ancora, se analizziamo “funditus” la struttura lessicale della “visione”, ci rendiamo conto che l’uso del singolare della parola “leader” non è rivolto al singolo “lion” ma all’intera associazione e se lo confrontiamo con il concetto espresso nella “Missione”, possiamo definitivamente comprendere che tutti gli scopi devono essere raggiunti “attraverso i lions club” a rafforzare, ove non fosse ancora sufficiente, che la cellula portante, il fulcro su cui ruota il Lions Club International, non è il singolo Lion, ma sono i “Lions Club”. Quindi, il “leader” deve essere un soggetto responsabile, una guida capace di amalgamare, sia all’interno del club che nei rapporti esterni, di costruire e fornire, altresì, servizi umanitari eccellenti alle comunità, che ne hanno bisogno, attraverso i vari Lions Club. A livello internazionale “leader” sono quei comitati che reggono e guidano l’intera organizzazione internazionale, lavorando per coordinarla in tutto il mondo (es. Consiglio Direttivo LCIF, Comitato Esecutivo LCIF ed altri). In questo contesto di operatività mondiale prospettata dalla visione, si innesta l’opportunità (“dare modo…”) per ogni singolo lion di servire, cioè di operare, di lavorare offrendo anche il proprio tempo e la propria capacità lavorativa, sempre, però, attraverso i “lions club”. L’attività di ogni lion, pertanto, non è mai singola, ma deve essere proiettata con una sinergia di lavoro sia nel club che con gli altri club nel rispetto del motto “We serve” cioè “io e tu serviamo”. Ma le opportunità che offre la Missione sono molteplici e cioè:
1) rivolgersi ai volontari che operano nel servizio della propria comunità, sottolineando con ciò che il LCI è un’associazione di volontari nel servizio e, come tali, non esistono né ricompense economiche, né carrierismo, né altre forme di soddisfazione se non l’unica che è quella morale di avere operato per il bene di chi soffre;
2) rispondere ai bisogni umanitari: per potere rispendere, però, occorre prima ascoltare e sapere ascoltare. Occorre, quindi, interrogare la comunità, pulsante attorno ai vari lions club ed ascoltare i loro bisogni per poi organizzarsi per soddisfarli;
3) promozione della pace e comprensione internazionale: tali concetti si possono interpretare e realizzare solo con l’esempio e con l’attuazione di alcuni principi etici che regolano il vivere civico, dettati, non soltanto da un “credo” religioso, ma che risiedono, invece, in ogni uomo in quanto tale. Ad esempio la tolleranza, l’amicizia, la gioia di costruire e donare agli altri senza secondi fini ipocriti, la condivisione nelle scelte di un service all’interno dei club e così via. Mentre l’aiuto alla comprensione (cioè all’intesa, alla presa di coscienza dell’esistenza di uomini, apparentemente diversi da noi per costumi o altro) può avvenire che con l’abolizione di ogni forma razziale, di emarginazione e di schiavitù;
4) “attraverso i lions club” significa che il singolo lion è solo lo strumento di lavoro di cui si serve ogni lions club, che, ripeto, rappresenta la cellula portante, il nucleo operativo dell’Associazione internazionale.
Se, quindi, dall’esame delle due dichiarazioni si è potuto comprendere l’importanza di appartenere alla nostra Associazione, si, può, comprendere benissimo, allora, che per potere realizzarne gli scopi, per i quali siamo stati cooptati e che abbiamo condiviso, promettendo impegno solenne al momento della nostra affiliazione al club, è necessario crescere nel numero non semplicemente esponenziale e quantistico, ma soprattutto qualitativo, cioè ponderato, cosciente e consapevole, per aiutare meglio coloro che hanno bisogno di noi. In definitiva, se vogliamo sapere dove ci condurrà il lionismo del 100° anniversario, bussiamo con la mente, più aperta possibile alle nuove sfide umanitarie, ai nostri cuori e chiediamoci se chi ci sta accanto ha bisogno anche di un nostro sorriso o di una carezza per lenire le sue sofferenze.